N. 37 - L'evoluzione della disciplina dell'attività di emissione di valori mobiliari

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di Vincenzo Pontolillogiugno 1995

La regolamentazione dell'attività di emissione di valori mobiliari operata dall'art. 129 del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia risponde al principio informatore generale della riforma bancaria di razionalizzare la normativa in linea con gli orientamenti che si sono delineati nel corso del tempo in materia di raccolta di risparmio tra il pubblico.

In particolare, anche nel comparto della provvista di fondi sul mercato finanziario si tende ad introdurre maggiore concorrenza e flessibilità, al fine di accrescere l'efficienza nella allocazione dei flussi finanziari con potenziali benefici per gli intermediari e gli investitori.

Il nuovo quadro normativo mira pertanto a stabilire un più idoneo rapporto tra regole, operatori e mercato finanziario, definendo principii e linee-guida coerenti con il libero esplicarsi delle forze di mercato e lasciando all'attività amministrativa - per definizione più flessibile e più tempestiva rispetto a quella legislativa nell'adozione di interventi correttivi o di sintonizzazione - il compito di stabilire il contenuto tecnico delle regole volte ad accompagnare un'ordinata evoluzione degli strumenti e dell'attività finanziaria in generale.

La struttura della "legge bancaria" del 1936, incentrata, più che su specifiche prescrizioni, sull'attribuzione alle autorità creditizie di una serie di poteri, ha consentito nel corso del tempo numerosi interventi delle autorità amministrative. I rilevanti mutamenti intervenuti nel sistema finanziario hanno portato all'adozione di provvedimenti modificativi e/o integrativi della legge bancaria, accentuando l'opportunità di disporre di una raccolta coordinata ed unitaria delle regole da seguire; ciò prendendo atto, peraltro, del mutamento in corso nel contesto di base: un sistema accentrato essenzialmente sull'intermediazione doveva aprire spazi per un rapporto più concorrenziale tra intermediari e mercato.

L'articolo 129 del T.U., ricollegandosi alla raccolta del risparmio mediante strumenti negoziabili sul mercato, affronta una problematica che ha importanti risvolti dal momento che, in qualche misura, influenza le stesse preferenze degli operatori per i vari strumenti finanziari. È evidente la particolare tempestività che deve caratterizzare, in relazione alla mutevolezza degli equilibri finanziari, le decisioni delle autorità preposte al controllo. La complessità delle problematiche collegate al grado di apertura all'innovazione, tipica del mercato mobiliare, esige una continua attenzione a che le regole siano "adeguate" al momento storico.

La necessità della regolamentazione dell'accesso al mercato dei valori mobiliari deriva, nella sostanza, dall'importanza che tale funzione riveste per il corretto operare di un'economia di mercato: esiste certamente un interesse pubblico alla piena funzionalità del mercato che legittima eventuali limitazioni all'esercizio della libertà d'impresa. Peraltro detta funzionalità non può essere perseguita ove si verifichino ostacoli nel "meccanismo" che mette in contatto le esigenze di allocazione di fondi da parte dei settori con avanzi finanziari con quelle di reperimento delle risorse da parte dei soggetti impegnati nella produzione di beni e servizi.

In effetti, il trasferimento di mezzi finanziari che si attua mediante remissione di valori mobiliari risulta importante per entrambi i settori dell'economia:

  • per il settore finanziario, considerato che per questa via alcune categorie di intermediari ottengono i mezzi da utilizzare per l'erogazione del credito o stabilizzano le condizioni di una parte della raccolta;
  • per il settore reale, sotto un duplice profilo: perché le imprese accedono direttamente al mercato mobiliare mediante la richiesta di capitale, di rischio e di prestito, al fine di rafforzare la propria struttura finanziaria e perché la stessa raccolta del sistema creditizio riaffluisce alle imprese sotto forma di finanziamenti.

Lo spessore delle negoziazioni, il grado di mobilizzazione dei titoli, la trasparenza nella formazione dei prezzi e, in generale, la complessiva funzionalità del mercato dei valori mobiliari determinano la convenienza degli operatori - imprese o investitori di fondi - a farvi ricorso ovvero a preferire l'intermediazione del sistema creditizio.

Negli anni ottanta la varietà degli operatori presenti sul mercato dei capitali si è notevolmente accresciuta attraverso l'ingresso di nuovi intermediari non bancari, attuato mediante specifiche regolamentazioni di settore, senza peraltro pervenire ad una sistematica regolamentazione dell'accesso al mercato dei valori mobiliari. Ciò probabilmente è stato dovuto alla profondità, alla rapidità ed alla frequenza dei mutamenti che, interessando la struttura del mercato finanziario, il ruolo degli intermediari e le tecniche operative utilizzate, hanno portato ad una progressiva attenuazione nel tempo della centralità delle banche all'interno del sistema finanziario.

A fronte di queste trasformazioni, è divenuta via via meno efficace la regolamentazione offerta dalla legge bancaria del 1936, che individuava nell'attività degli intermediari creditizi e nell'emissione di valori mobiliari, effettuata tramite gli stessi intermediari, i punti cardine rilevanti per il pubblico interesse.

Si delineava così una maggiore attenzione per il mercato dei capitali e per la crescita dimensionale e qualitativa dei diversi segmenti che lo compongono; essa trovava concreta esplicitazione in numerosi provvedimenti normativi, aventi finalità diverse, che hanno peraltro determinato, a causa della stratificazione di norme, un quadro ordinamentale complesso e di difficile interpretazione. In particolare, in materia di accesso al mercato dei valori mobiliari, la distribuzione dei poteri tra le diverse autorità di controllo (CICR, Mintesoro, Minindustria, Banca d'Italia) creava sovrapposizioni non coerenti con la richiesta flessibilità d'intervento; le stesse finalità dei controlli non apparivano di chiara ed univoca evidenza.

Con il Testo Unico, preso atto della opportunità di intervenire anche nella materia dei valori mobiliari, il legislatore non ha inteso realizzare una regolamentazione primaria che avesse la pretesa di risultare "onnicomprensiva" e, allo stesso tempo, "stringente". La finalità è stata invece quella di razionalizzare ed aggiornare il quadro normativo secondo linee guida che prevedessero:

  • la chiara enunciazione nella legge degli obiettivi che la normativa si prefigge di conseguire;
  • il rinvio alle autorità amministrative della definizione delle regole di attuazione.

Alla chiarezza degli obiettivi, che accresce il grado di condivisione delle regole da parte degli operatori, si unisce così la capacità di interventi flessibili, tempestivi ed in linea con l'evolvere della situazione del mercato finanziario ora, più che nel passato, strettamente integrato nel contesto intemazionale.

Prima di analizzare la "ratio" dell'art. 129 del T.U. all'interno della nuova cornice ordinamentale, è opportuno esaminare la "rete normativa" previgente per far emergere le motivazioni che, succedendosi o prevalendo nel tempo, hanno spinto il legislatore ad intervenire nella materia.

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