N. 34 - Struttura ed obiettivi della legge sui fondi immobiliari chiusi

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di Giuseppe Carrieronovembre 1994

Al pari di altre recenti leggi di settore, anche il provvedimento istitutivo dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, adottato alla fine della precedente legislatura, è caratterizzato da quella tecnica legislativa di non facile comprensione che ha preso piede negli ultimi anni, verosimile causa prossima di banali errori presenti nel testo definitivo. Valga, ad esempio, il richiamo di una disposizione (l'art. 91. n.281/1985) espressamente abrogata dal Testo unico in materia bancaria e creditizia (d. lgs. n. 385/1993), emanato anche al precipuo fine di consentire, con il suo lungo elenco di norme abrogate, una semplificazione del quadro normativo, e perciò destinato a fungere da indispensabile "vademecum" nel censimento delle disposizioni vigenti nella materia in rassegna.

All'immediato entusiasmo per la promulgazione di questa disciplina, da tempo attesa a fini di ammodernamento e sviluppo del mercato dell'investimento immobiliare, di canalizzazione del risparmio, di tutela dell'investitore devono dunque accompagnarsi più generali riflessioni critiche sullo stato di reale conoscibilità della legge da parte dei non addetti ai lavori (quando non addirittura da parte degli stessi iniziati), estranee tuttavia ai contenuti del presente scritto.

Nel descrivere gli snodi fondamentali in cui la 1. n. 86 del 25 gennaio 1994 si articola, nelle pagine che seguono si proverà piuttosto, con l'arbitrio che fatalmente accompagna operazioni della specie, ad appuntare sinteticamente l'attenzione su talune questioni sottese alla non chiara formulazione di alcune norme della legge in oggetto.

Detto questo, l'istituzione dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi completa, a dieci anni dall'entrata in vigore della legge sui fondi comuni di investimento mobiliare (n. 77 del 1983), l'ammodemamento del mercato finanziario italiano, le cui più significative tappe sono, in materia, costituite dal d.lgs. n. 83 del 1992 sugli Organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (d'ora innanzi: OICVM), dal d. lgs. n. 84 del 1992 sulle società di investimento a capitale variabile (d'ora innanzi: Sicav), dal d. lgs. n. 124 del 1993 sui c.d. fondi pensione ed, infine, dal d. lgs. n. 344 del 1993 sui fondi comuni mobiliari chiusi. Mentre, sul piano della disciplina del mercato e della tutela del risparmio, la 1. n. 86/1994 appare mutuataria delle scelte di fondo a suo tempo sperimentate con i richiamati provvedimenti che la hanno preceduta, su quello storico e fenomenologico non può omettersi di considerare come la necessità di colmare il vuoto legislativo in materia sia, in Italia, stata evidenziata in tutta la sua importanza, a fine anni '70, proprio dalla diffusione incontrollata dei cosiddetti titoli atipici, rappresentativi, nella gran parte dei casi, di aliquote partecipative di investimenti immobiliari per lo più strutturati attraverso lo schermo dell'associazione in partecipazione.

Sicché, in una ideale linea di continuità, la 1. n. 86/1994, che trova il suo più remoto precedente nel d.d.1. n. 318 Senato del 18 novembre 1983, finisce per completare l'opera di regolamentazione del settore finanziario in rassegna, disciplinando proprio le fattispecie che per prime avevano evidenziato la sussistenza di interessi privi di tutela.

Ma, com’è di tutta evidenza, non solo di questo si tratta. In realtà, venute meno le barriere valutarie, l'assenza di una disciplina dei fondi di investimento immobiliare italiani ha avuto, quale risultato economico, quello di una consistente domanda di impiego del risparmio per l'acquisto di prodotti finanziari della specie priva di una corrispondente offerta interna. Da ciò l'indirizzarsi della domanda ad offerenti esteri, la preclusione del formarsi di mercati nazionali, la conseguente discriminazione "di ritorno" a carico di potenziali operatori italiani e, non da ultimo, fattispecie di dissesto che hanno coinvolto vaste fasce di risparmiatori. La non felice vicenda del fondo comune immobiliare di diritto svizzero Europrogramme offre di ciò perspicua testimonianza.

È peraltro noto come, nell'ambito di mercati integrati a livello europeo e mondiale, la competitività dell'impresa si giochi anche e soprattutto a livello di concorrenza tra gli ordinamenti giuridici, con conseguenti maggiori possibilità a favore degli operatori aventi sede in paesi in questo senso più evoluti.

Sotto tutti i versanti considerati, la legge in rassegna colma allora una pericolosa lacuna.

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