N. 14 - Profilo istituzionale della disciplina pubblicistica del credito

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di Giorgio Sangiorgiomaggio 1987

Con l'espressione "attività bancaria" si indica l'attività tipica ed esclusiva delle aziende ed istituti di credito che consiste nella raccolta tra il pubblico del risparmio al fine di erogare il credito. Gli enti creditizi si pongono cioè in una posizione intermedia tra, da una parte, una massa indiscriminata di persone che si rivolgono alle banche per mettere a frutto le loro disponibilità eccedentarie senza avere le preoccupazioni e senza correre i rischi di un investimento diretto di tal che il risparmio cosi incanalato viene usualmente denominato "inconsapevole", e, dall'altra, persone fisiche e giuridiche, normalmente imprese, impegnate nel ciclo produttivo che hanno bisogno di finanziamenti.

Il punto essenziale, qualificante ed imprescindibile, di questo fenomeno è che le banche, siano esse aziende o istituti, siano esse pubbliche o private, amministrano denaro del pubblico, ciò che comporta e giustifica resistenza di un complesso normativo specifico e ha indotto il legislatore a definire l'attività bancaria "funzione di interesse pubblico" (art. 1 l.b.).

Detta espressione è stata recentemente sottoposta ad una attenta ma controversa indagine interpretativa. Cosi le Sezioni Unite penali della Corte di Cassazione, dopo aver rilevato l'uso "improprio" del termine "funzione" usato dal legislatore in luogo di quello, ad avviso della Corte giuridicamente più appropriato, di "servizio", hanno ritenuto che ogni attività bancaria, indipendentemente dalla natura pubblica o privata dell'ente che la esercita, è contrassegnata da un interesse pubblico immanente in virtù del quale essa è inserita in un'organizzazione unitaria del relativo settore economico, costituita, regolata, diretta e controllata da pubblici poteri anche per la realizzazione di pubbliche finalità e, come tale, acquista la qualità di pubblico servizio in senso oggettivo.

A tale orientamento si contrappone gran parte della dottrina la quale, facendo proprio leva sull'espressione legislativa "funzione di interesse pubblico" (e non "servizio pubblico"), ha rilevato: che nell'attività bancaria sono assenti due elementi essenziali di ogni pubblico servizio quali l'obbligatorietà della prestazione ed il prezzo pubblico imposto; che l'attività bancaria è disciplinata dalla medesima normativa indipendentemente dalla natura giuridica dell'ente che destina ad attività produttive disponibilità finanziarie raccolte tra i privati ; che nei contratti bancari, tutti e sempre di diritto privato sia di deposito sia di erogazione del credito, le posizioni del cliente e della banca si collocano su un piano di assoluta parità; che la norma costituzionale che contempla l'attività creditizia (art. 47 Cost.) è ricompresa nel titolo concernente i Rapporti Economici e non nella Sezione dedicata alla Pubblica Amministrazione; che, in conclusione, l'attività bancaria ha natura ed essenza di attività imprenditoriale, sicuramente di pubblico interesse, ma non costituente un pubblico servizio.

Su questa linea sembra essersi attestata anche la giurisprudenza delle Sezioni Unite civili della Cassazione le quali, nel dirimere una questione di giurisdizione concernente un istituto di credito a medio e lungo termine, hanno confermato per le banche la natura di enti pubblici economici, enti cioè che perseguono finalità di carattere pubblico attraverso l'esercizio di una attività di produzione per il mercato e d'intermediazione negli scambi al pari degli imprenditori privati.

Dal canto suo la Corte Costituzionale, investita della questione di legittimità costituzionale degli articoli del codice penale sulla nozione di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio nella loro applicazione agli esponenti bancari, ha ritenuto che, dinanzi al divario fra chi opera nelle banche pubbliche e chi opera in quelle private, la parificazione del trattamento sanzionatone, a livello privatistico, chiesta nelle ordinanze di rimessione dovesse competere non ad essa Corte, bensì al legislatore ordinario, il quale dovrà stabilire in quali termini il diritto penale dell'impresa bancaria debba inquadrarsi o risolversi in un più ampio diritto penale dell'impresa e determinare quale complesso sanzionatorio sia più idoneo per la prevenzione e punizione di comportamenti fraudolenti nel settore bancario.

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