N. 10 - I cinquant'anni della legge bancaria

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di Francesco Carbonettisettembre 1986

Il numero 50 è fra quelli che legittimano e quasi impongono la celebrazione dell'anniversario. La diffusione del costume non elimina di certo la convenzionalità del riferimento; tanto più per le leggi, le quali debbono essere oggetto non tanto di celebrazione, quanto di analisi, sia in sé sia con riguardo agli effetti che hanno prodotto e a quelli che saranno, o non saranno, idonee a produrre. Se il personaggio, l'opera, l'evento illustre sono ormai immodificabili e consegnati alla storia, la norma esige continuamente una valutazione attuale di adeguatezza, proprio perché il legislatore è sempre in grado di rimettervi mano.

Una riflessione sulla legge bancaria - a cinquant'anni dalla sua emanazione o, meglio, dall'inizio della sua formazione - trova peraltro giustificazioni ben più sostanziali. Le strutture e le tecniche della finanza si vanno evolvendo con ritmi rapidissimi, inusitati per il nostro Paese e non solo per esso. L'innovazione e l'internazionalizzazione dell'attività finanziaria - come di recente ha ricordato il Governatore della Banca d'Italia - rappresentano sfide con le quali il sistema bancario deve misurarsi, oggi e ancor più nel prossimo futuro.

A queste sfide alcuni Paesi hanno risposto rinnovando in anni recenti le loro leggi; in altri è in corso un dibattito, spesso in termini di concreta propositività. Nel nostro si annuncia prossima un'iniziativa parlamentare per un'indagine conoscitiva "sull'evoluzione del sistema e dell'ordinamento bancario e finanziario"; il medesimo tema è oggetto di studio da parte di una commissione istituita dal Ministro del tesoro.

Ai fini di un giudizio di adeguatezza su una legge che, come quella bancaria, intende governare un momento essenziale del processo economico, la competenza del giurista è modesta. Ad una legge bancaria si chiede, sempre, di saper perseguire l'equilibrio delicatissimo fra stabilità ed efficienza; spesso, anche di far si che gli impulsi di politica monetaria trovino nel sistema bancario un canale in grado di trasmetterli prontamente all'economia. Il giudizio dovrebbe articolarsi in un bilancio ed in un'analisi prospettica; sia l'uno sia l'altra rientrano nella competenza primaria degli economisti. Per quanto riguarda il passato, sembra esservi tra essi concordia nel ritenere che la nostra legge abbia saputo adempiere ai suoi compiti; per quanto riguarda il futuro, il dibattito è aperto.

Chi si occupa di diritto, nel tirare il proprio bilancio, si limiterà a notare che la legge bancaria è stata in grado di fornire strumenti giuridici per soddisfare le mutevoli esigenze, tecniche e politiche, che cinquant'anni di profonde trasformazioni economiche hanno fatto via via sorgere; che essa si è altresi dimostrata idonea a gestire soddisfacentemente crisi anche gravi di singoli intermediari e di impedirne la propagazione; che il contenzioso derivante da incertezze interpretative è stato piuttosto limitato, malgrado le non lievi improprietà nell'uso del linguaggio giuridico e nella costruzione della frase normativa.

Osserverà ancora che la legge bancaria ha dimostrato capacità espansiva: alcuni suoi istituti hanno rappresentato il modello per generalizzazioni normative (cosi, ad es., la società di interesse nazionale, di cui all'art. 2461 c.c., rispetto alla banca di interesse nazionale; la liquidazione coatta amministrativa di cui agli artt. 194 ss. 1. fall., rispetto al procedimento regolato dagli artt. 67 ss. l.b.) ovvero per altre discipline di settore (vistoso è il caso della legge 23 marzo 1983, n. 77, che regola la vigilanza sui fondi comuni di investimento mobiliare aperti essenzialmente mediante rinvìi a norme della legge bancaria) o comunque hanno fornito la base per l'elaborazione di concetti giuridici fondamentali, come quello di ente pubblico economico.

Ricorderà infine che la questione della adeguatezza della legge bancaria è stata già due volte oggetto di dibattito. Il primo, svoltosi essenzialmente nell'ambito dell'Assemblea Costituente, si concluse con un giudizio positivo sulla idoneità della legge bancaria ad inserirsi nel nuovo ordinamento democratico; l'art. 47 della Costituzione ne fu il frutto. Il secondo, cui partecipò la dottrina degli ultimi anni '60 e di quelli '70, riguardò la capacità della legge bancaria di rendersi veicolo della programmazione economica; forni l'occasione per un'importante puntualizzazione; terminò, a dirla in gergo processuale, per cessazione della materia del contendere.

Quanto all'analisi prospettica, l'unico metodo di cui il giurista può correttamente avvalersi è, a mio avviso, quello del confronto tra entità omogenee: la validità della legge bancaria deve essere verificata alla stregua delle linee evolutive dell'ordinamento, quali si desumono dalle leggi emanate in questi ultimi anni ed eventualmente dalle proposte di legge in discussione. Si tratta insomma di identificare la direzione verso cui si muove la legislazione e di valutare se essa sia coerente, o almeno compatibile, con i principi fondamentali della legge bancaria.

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