N. 3 - L'Istituto di emissione
A differenza dell'attività bancaria - che nasce come attività privata, svolta da privati e che, solo successivamente, per gli interessi che coinvolge, viene assoggettata a disciplina per quanto riguarda il suo assetto e la sua organizzazione - l'emissione è, all'origine, prerogativa del sovrano il quale, alla stregua di una «zecca», assolve alla primaria funzione di garantire con la propria autorità l'effettivo valore (peso, misura, contenuto intrinseco) della moneta coniata.
Pur con qualche incertezza - secondo Erodoto l'uso della moneta risalirebbe ai Lidii - la prima moneta coniata, nella forma circolare tuttora invalsa, viene attribuita a Fedone re d'Argo (vissuto tra il IX e l'VIII secolo a.C.), in continui rapporti commerciali con i Fenici; l'affermarsi della circolazione monetaria, prius logico per l'avvio di una vera attività bancaria, è però successiva di alcuni secoli (VI secolo a.C.).
L'istituto di emissione è oggi espressione di una realtà ben diversa - che ha assorbito, tra l'altro, l'esperienza dei banchi fiorentini, veneziani e genovesi - e la cui origine viene collocata all'inizio del 1600: Banco dei Cambi di Amsterdam (1609), seguito dalle Banche d'Amburgo, di Venezia e di Genova. Già questi istituti, infatti, operavano emettendo documenti che incorporavano e rappresentavano un valore determinato, con espressa previsione del diritto, da parte del portatore, di pretendere la loro conversione in un quantitativo di metallo pregiato, prevalentemente oro, di corrispondente valore.
Anche se viene riconosciuto alla Svezia il primato dell'istituzione di una banca nazionale con funzioni di istituto di emissione (nella specie i titoli emessi apparivano assimilabili, più che a biglietti di banca, a certificati di deposito trasferibili), è la Bank of England (costituita come istituzione bancaria privata nel 1694) che viene considerata l'archetipo dei moderni istituti di emissione.
In Italia il primato temporale nell'assolvimento delle funzioni di istituto di emissione spetta al Banco di Napoli che, al momento dell'unificazione nazionale, si trovò a condividere tale privilegio con la Banca Nazionale negli Stati Sardi, detta comunemente Banca Nazionale (denominazione modificata con il R.D. 24 maggio 1866, n. 2873, in Banca Nazionale nel Regno d'Italia) - nella quale erano già confluite la Banca di Parma e la Banca delle Quattro Legazioni di Bologna - con la Banca Nazionale Toscana, la Banca Toscana di credito per le industrie ed il commercio e il Banco di Sicilia, nonché (1870) con la Banca Romana.
È del 1874 - e quindi già successiva all'introduzione del corso forzoso art. 2 citato R.D. n. 2873 del 1866 - la prima legge (n. 1920 del 30 aprile) di organica disciplina dell'emissione, che risulta ispirata a principi di concorrenza limitata, come d'altronde imponeva il numero predeterminato degli istituti cui veniva consentito il potere "di emettere biglietti di Banco (sic) od altri titoli equivalenti pagabili al portatore ed a vista".
Secondo tale legge i sei istituti sopra menzionati, riuniti in consorzio a questo scopo, erano tenuti a "fabbricare" e rinnovare a loro spese ed a somministrare al Tesoro dello Stato - verso il pagamento, da parte dello Stato, di "un'annualità di lire 0,50 per cento nei primi quattro anni, e di lire 0,40 per gli anni successivi, salva la ritenuta per la tassa di ricchezza mobile, categoria A" - "biglietti consorziali a corso forzoso" per l'ammontare di "mille milioni". Essi inoltre erano abilitati ad emettere "biglietti proprii" che, anche nella forma di "titoli equivalenti", non potevano in linea di massima superare il "triplo del patrimonio posseduto o capitale versato, escluso il fondo di riserva o massa di rispetto, né (il) triplo del numerario esistente in cassa in metallo o in biglietti consorziali".
La (limitata) pluralità degli istituti autorizzati non rappresentò per il legislatore del tempo un ostacolo ad una visione unitaria dell'emissione, che venne globalmente garantita nei confronti dello Stato e del pubblico sia mediante il cambio obbligatorio dei biglietti "proprii" in biglietti del "consorzio" o in moneta metallica, sia mediante il reciproco obbligo al cambio dei rispettivi biglietti ("riscontrata"). Il sistema normativo allora predisposto ed i suoi successivi aggiustamenti (abolizione del corso forzoso e scioglimento del "consorzio": I. 7 aprile 1881, n. 133; proroga dell'emissione e riordinamento della circolazione: I. 30 giugno 1891, n. 314) non evitarono, però, la crisi del 1892 che prese il nome dalla Banca Romana e che portò, nel contesto di una generale riorganizzazione dell'emissione e di una sua più articolata e moderna disciplina, alla costituzione della Banca d'Italia.
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01 febbraio 1986N. 3 - L'Istituto di emissionePDF 2 MB