VIII - La politica monetaria tra le due guerre 1919-1935a cura di Franco Cotula e Luigi Spaventa

Gli anni che vanno dal 1919 al 1935 costituiscono un periodo di storia economica dell'Italia variegato e complesso. Nei primi anni seguenti l'armistizio gravò sulla politica monetaria la pesante eredità della guerra: il dissesto della finanza pubblica, la faticosa riconversione delle industrie, le crisi bancarie ad essa connesse. Le difficoltà furono accresciute dal venir meno del sostegno finanziario dei paesi Alleati; ne seguirono le fortissime fluttuazioni delle variabili monetarie e reali, il deprezzamento del cambio, l'inflazione.

Superati gli squilibri dell'economia reale, la stabilizzazione avviata nel 1926 consentì di determinare la nuova parità aurea della lira alla fine del 1927. Le funzioni della Banca d'Italia vennero ampliate e la sua autonomia rafforzata con le riforme del 1926 e del 1928. Mentre l'economia cominciava ad adattarsi, pur con qualche fatica, al nuovo regime, sopravvenne la crisi mondiale. L'ostinato mantenimento della parità aurea, anche quando la sterlina prima e il dollaro poi l'abbandonavano, obbligò a praticare una politica troppo a lungo deflazionista. Alla Banca d'Italia venne domandato di conciliare l'ingente creazione di liquidità connessa ai salvataggi delle banche «miste» con l'obiettivo governativo di proseguire nella deflazione, che fu interrotta solo quando lo richiesero le esigenze di nuove avventure belliche.

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