Bollettino Economico n. 49 - 2007

Nel primo trimestre di questo anno l’attività economica nei paesi industriali ha subito un rallentamento – meno accentuato nell’area dell’euro che in Giappone e negli Stati Uniti – probabilmente seguito da un recupero nei mesi primaverili. Nelle valutazioni degli analisti e degli operatori, tuttavia, nella media dell’anno si verificherebbe una decelerazione del prodotto di entità significativa solo per gli Stati Uniti, dal 3,3 al 2,1 per cento. Favoriti anche dal permanere di condizioni distese sui mercati finanziari e dall’elevato prezzo delle materie prime, i paesi emergenti continuerebbero a dare un forte impulso alla crescita mondiale, con tassi di sviluppo in Cina e in India attorno al 10 per cento. Si prevede che il commercio mondiale aumenti ancora a tassi sostenuti, anche se inferiori a quelli dello scorso anno; le aspettative di inflazione si mantengono ovunque moderate.
Su questo quadro complessivamente benigno pesano alcune incognite di natura reale e finanziaria, relative soprattutto alle prospettive dell’economia statunitense, fra cui la crisi di due hedge fund specializzati in segmenti ad alto rischio del mercato dei mutui immobiliari. Inoltre, il permanere di un ampio disavanzo del conto corrente della bilancia dei pagamenti americana continua a tenere vivi i timori di una brusca caduta del valore del dollaro che – soprattutto se accompagnata da scarti improvvisi nelle percezioni di rischio oggi ovunque contenute – potrebbe generare turbolenze sui mercati finanziari mondiali, con effetti negativi sulla crescita, in particolare nei paesi emergenti.
Nell’area dell’euro, dopo il rallentamento del primo trimestre connesso con quello registrato dalle altre economie industriali, sulla base degli indicatori disponibili si valuta che l’attività produttiva si stia sviluppando a tassi in linea con quelli stimati per il potenziale, compresi tra il 2 e il 2,5 per cento. Per l’anno in corso l’aumento previsto dagli analisti privati è pari al 2,7 per cento, un valore simile alle proiezioni formulate dagli esperti dell’Eurosistema.
In un contesto di crescita sostenuta, il graduale ritorno verso un’impostazione meno accomodante della politica monetaria ha concorso ad ancorare al 2 per cento le aspettative di inflazione al consumo dell’area. In maggio l’aumento sui dodici mesi dell’indice armonizzato è rimasto fermo all’1,9 per cento; secondo le stime preliminari risulterebbe invariato anche in giugno.
All’eccezionale accelerazione dell’economia italiana nell’ultima parte del 2006 ha fatto seguito un forte rallentamento nel primo trimestre (dal 4,4 all’1,2 per cento in ragione d’anno). Vi ha contribuito in primo luogo la flessione delle esportazioni, che ha risentito della riduzione dalla crescita in Germania in concomitanza con l’introduzione delle nuove aliquote dell’IVA. L’atteggiamento di cautela delle imprese, che hanno preferito soddisfare la domanda facendo ampio ricorso alle scorte, ha indotto un netto calo della produzione industriale. Il rallentamento del PIL si è accompagnato con una flessione del numero di persone occupate.
Secondo gli indicatori disponibili, in primavera i ritmi di crescita del prodotto si sarebbero collocati su valori superiori all’1,5 per cento, soprattutto grazie alla ripresa delle vendite all’estero.
Il raffreddamento della congiuntura nel primo trimestre non ha arrestato, secondo i conti nazionali, la crescita della produttività nell’intera economia. È proseguito l’aumento della quota dei profitti delle imprese non finanziarie in atto da tre trimestri; è salito l’autofinanziamento rispetto ai minimi registrati nel 2006. La crescita degli investimenti si è indebolita, ma il fabbisogno finanziario delle imprese è rimasto su livelli elevati. L’indebitamento bancario è aumentato del 10 per cento; le emissioni obbligazionarie sono risultate invece leggermente negative. Nel secondo trimestre, in presenza di un aumento contenuto del costo del debito bancario, la ripresa dell’attività segnalata dagli indicatori congiunturali avrebbe ridato slancio alla domanda di beni di investimento.
Nei primi tre mesi del 2007 la spesa delle famiglie ha inaspettatamente accelerato, al 2,8 per cento in ragione d’anno, sospinta dagli acquisti di beni durevoli e di servizi. Vi ha concorso il recupero del reddito disponibile, con un aumento in termini reali rispetto alla fine del 2006 che si stima attorno al mezzo punto percentuale. Al di là dell’effetto di fattori specifici, quali gli incentivi alla rottamazione degli autoveicoli, gli indicatori qualitativi e quantitativi per il secondo trimestre segnalano però il persistere di una certa cautela nelle decisioni di spesa. L’indebitamento bancario delle famiglie ha leggermente rallentato.
L’inflazione al consumo è scesa nel secondo trimestre all’1,6 per cento sui dodici mesi, riflettendo la stabilità delle aspettative, la sostanziale moderazione dei costi di origine interna e l’allentamento delle pressioni di fonte estera.
Nell’ipotesi di un proseguimento nel prossimo biennio della fase espansiva del ciclo mondiale e di un’evoluzione dei conti pubblici in linea con le stime indicate nel recente Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), prevediamo che il PIL aumenti del 2 per cento nell’anno in corso e leggermente meno in quello successivo (1,7 per cento, un tasso coerente con la crescita stimata per il potenziale). Allo stimolo fornito dalle esportazioni si affiancherebbe quest’anno l’impulso dei consumi, grazie alla ripresa del reddito disponibile, compresso lo scorso anno dalla forte crescita del prelievo tributario. L’accumulazione continua a giovarsi del ciclo ascendente, ma nel 2008 l’aumento dei tassi reali di interesse e le condizioni meno favorevoli del mercato immobiliare ne dovrebbero frenare la dinamica. Nell’insieme, la domanda finale nazionale si svilupperebbe nel biennio a tassi superiori all’1,5 per cento.
Le esportazioni beneficerebbero del ritmo robusto del commercio mondiale, aumentando a tassi compresi fra il 3 e il 4 per cento. Gravano sui risultati di quest’anno gli effetti ritardati delle perdite di competitività scaturite dalla elevata dinamica dei nostri prezzi all’esportazione oltre che dall’apprezzamento dell’euro. In prospettiva, è ipotizzabile che l’ulteriore sviluppo del processo di ristrutturazione avviato dalle imprese italiane arresti il deterioramento della nostra competitività e riduca gradualmente il divario di crescita fra le nostre vendite all’estero e la domanda mondiale.
Nei primi cinque mesi dell’anno, in base a dati ancora provvisori e in parte stimati, il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni è stato pari a 48,5 miliardi, inferiore di circa 10 miliardi a quello registrato nel corrispondente periodo del 2006. Il DPEF indica nel 2,5 per cento del PIL il nuovo obiettivo per il disavanzo di bilancio del 2007. Esso tiene conto di un valore tendenziale del 2,1 per cento, inferiore di 0,2 punti rispetto alla stima indicata lo scorso marzo, e delle maggiori spese stabilite dal Governo contestualmente al DPEF con un decreto legge e con l’intervento di assestamento del bilancio. Viene programmata una modesta riduzione del disavanzo nel 2008, al 2,2 per cento del PIL, e una più forte azione di riequilibrio negli anni successivi, volta a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2011. La situazione e le prospettive della finanza pubblica sono esaminate nella Testimonianza sul Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011 resa al Parlamento il 16 luglio 2007 dal Governatore della Banca d’Italia.

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