Presentazione del rapporto annuale sul 2019 "L'economia del Veneto"

Martedì 30 giugno alle 16,00 viene presentato in videoconferenza il rapporto annuale "L'economia del Veneto".

La presentazione del rapporto è trasmessa in diretta video sul canale YouTube della Banca d'Italia.

Dai primi mesi del 2020 il mondo affronta la più grave pandemia dell'ultimo secolo. L'Italia è stato il primo paese europeo in cui, dal 20 febbraio scorso, è stata accertata un'ampia diffusione del virus. Dall'epicentro in Lombardia, il contagio si è inizialmente diffuso alle regioni limitrofe per poi estendersi con diversa intensità a tutti i territori. In Veneto la diffusione del virus ha dapprima colpito le province di Padova, Venezia e Treviso, per poi espandersi rapidamente al resto della regione.

Le misure di distanziamento sociale e la chiusura parziale delle attività nei mesi di marzo e aprile hanno avuto pesanti ripercussioni sull'attività economica della regione. La crisi pandemica ha colpito l'economia del Veneto in una fase di pronunciato rallentamento ciclico: Ven-ICE, l'indicatore elaborato dalla Banca d'Italia per misurare la crescita di fondo dell'economia veneta, indica che già nella seconda parte dello scorso anno la fase espansiva si era fortemente indebolita. Nel primo trimestre del 2020 l'indicatore ha bruscamente assunto valori negativi, per la prima volta dall'estate 2013. Le informazioni finora disponibili suggeriscono che nella media di quest'anno la contrazione del PIL in regione possa essere più intensa di quella nazionale che, secondo uno scenario base, potrebbe registrare una flessione del 9,2 per cento.

Le imprese

Con la sospensione di gran parte delle attività commerciali al dettaglio e di quelle dell'industria e dei servizi ritenute non essenziali, le ripercussioni sull'attività economica sono state repentine e consistenti. Nostre stime indicano che gli effetti del lockdown sono stati relativamente più intensi in regione rispetto al resto del Paese. In Veneto, il blocco delle attività ha infatti riguardato l'equivalente del 34 per cento del valore aggiunto, una percentuale superiore a quella media nazionale (28 per cento). Considerando il ricorso al lavoro agile e gli effetti di filiera, il dato scende al 31 per cento (27 in Italia).

Le misure di contenimento della pandemia hanno avuto rilevanti ripercussioni sia dal lato della domanda sia da quello dell'offerta. La domanda interna è prevista in forte calo, almeno per il primo semestre dell'anno. Anche le vendite all'estero nel primo trimestre hanno registrato un calo; secondo nostre stime, nell'anno in corso la domanda dei principali partner commerciali del Veneto si ridurrebbe di oltre il 10 per cento, con un calo più marcato nell'area dell'euro. Nell'industria la produzione si è contratta del 7,6 per cento nel primo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. La caduta produttiva sarebbe stata determinata pressoché interamente dalle imprese che hanno sospeso la produzione, in particolare nel settore dei mezzi di trasporto, nell'oreficeria, nell'occhialeria, nei mobili e legno e nel sistema della moda.

A differenza di altri shock all'economia globale, quello attuale sta colpendo in misura particolarmente intensa il terziario, soprattutto i servizi di ristorazione, intrattenimento e accoglienza. Rispetto al consumo di beni - che potrebbe essere stato solo temporaneamente procrastinato - la riduzione della domanda di questi servizi sarà probabilmente più persistente. Uno dei settori più duramente colpiti dalla crisi è quello del turismo, che contribuisce direttamente al PIL regionale per circa 8 punti percentuali (6,1 per cento per l'Italia), e che ha risentito in particolare del calo dei flussi turistici internazionali, che resteranno verosimilmente modesti per un periodo prolungato.

Gli effetti della pandemia hanno determinato un drastico calo dei ricavi delle imprese. Secondo l'indagine straordinaria svolta dalla Banca d'Italia sugli effetti della crisi Covid-19, nel primo semestre del 2020 le imprese venete si aspettano un calo del fatturato di circa un quarto rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Nel complesso, il sistema produttivo mostra una struttura finanziaria più equilibrata rispetto al passato: la quota di imprese classificate come rischiose da Cerved Group si era dimezzata tra il 2011 e il 2018. Alla fine del primo trimestre del 2020 la liquidità delle aziende risultava ancora sui livelli storicamente elevati del biennio precedente. Tuttavia la crisi sta sottoponendo a uno stress finanziario severo le imprese, soprattutto quelle più fragili e quelle operanti nei settori più esposti alla crisi.

Il credito alle imprese, diminuito nel 2019, è tornato a crescere nella primavera di quest'anno, riflettendo l'aumento dei finanziamenti alle aziende di maggiore dimensione, che avrebbero fatto ricorso al credito bancario in misura più intensa per costituire riserve di liquidità a scopo precauzionale. La dinamica positiva dei prestiti sarebbe stata inoltre sostenuta dalle misure di moratoria previste dal Governo. I prestiti alle piccole imprese, ancora in flessione ad aprile del 2020, potrebbero beneficiare da maggio dell'accelerazione del processo di erogazione dei finanziamenti concessi con garanzia pubblica e dell'estensione degli effetti delle moratorie.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Le ricadute sul mercato del lavoro sono state immediate e diffuse per la particolare specializzazione regionale nei settori più colpiti dalle sospensioni governative e nel turismo. I dati sulle Comunicazioni obbligatorie evidenziano una drastica riduzione del numero degli occupati dipendenti dall'insorgere dell'emergenza fino alla metà di maggio. La riduzione è in larga parte imputabile al terziario, in particolare ai pubblici esercizi e ai settori legati al turismo dove sono più frequenti i rapporti di lavoro a tempo determinato e stagionali. Il calo occupazionale sembra essersi arrestato con la fine del lockdown; il recupero dei posti di lavoro perduti dipenderà dall'effettivo consolidarsi della ripresa delle attività produttive.

Con l'emergenza Covid-19 le tradizionali misure di integrazione al reddito sono state temporaneamente potenziate ed eccezionalmente estese così da ricomprendere una platea più ampia di lavoratori sia con riferimento al lavoro dipendente sia a quello autonomo. Il ricorso agli ammortizzatori sociali è stato ampio: nei primi cinque mesi le ore autorizzate a valere sulla CIG e sul Fondo di integrazione salariale, pari complessivamente a 224 milioni, equivalgono a quasi 133.000 lavoratori a tempo pieno per un anno. Nonostante la sospensione dei licenziamenti e l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali, le richieste di accesso a sussidi di disoccupazione nel periodo tra marzo e i primi di maggio sono state molto superiori a quelle registrate nello stesso periodo dell'anno precedente.

L'insieme di queste misure attenuerà l'impatto sull'occupazione e sui redditi delle famiglie le cui condizioni finanziarie si presentavano nel complesso solide alla vigilia della crisi. Il peso del debito sul reddito disponibile si colloca, nel confronto nazionale, su livelli contenuti e la quota di famiglie indebitate e vulnerabili è bassa. Vi sono tuttavia aree di fragilità che l'attuale crisi potrebbe ampliare come le famiglie che dipendono esclusivamente da redditi da lavoro a tempo determinato e le famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà assoluta.

Nel 2019 è continuata la crescita dei prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici in corso dal 2015. Dalla seconda decade di marzo la crisi si è riflessa sulla domanda di credito delle famiglie attraverso il peggioramento delle prospettive occupazionali e reddituali; a ciò si sono aggiunti gli effetti negativi del blocco del mercato immobiliare per la chiusura forzata delle agenzie e i vincoli alla mobilità delle persone. I dati sui prestiti alle famiglie relativi al primo trimestre 2020, in linea con l'anno precedente, rendono conto in misura limitata della crisi, mentre potrebbero risentirne in misura più estesa nel secondo trimestre dell'anno.

Il mercato del credito

I prestiti bancari al settore privato non finanziario, che hanno ristagnato nel 2019, nel primo trimestre di quest'anno registrano una moderata crescita per effetto della maggiore domanda di prestiti per esigenze di liquidità da parte delle imprese. Alla vigilia della crisi la qualità del credito era elevata grazie ai modesti tassi di deterioramento e all'attività di riduzione dello stock dei prestiti deteriorati attuata negli ultimi anni. Le misure governative introdotte nei mesi più recenti avranno l'effetto nel breve periodo di contenere le insolvenze, anche in modo significativo, mentre nel più lungo periodo lo shock della pandemia potrebbe generare un peggioramento della qualità del credito. Lo sviluppo dei canali alternativi di contatto con la clientela, già in essere da diversi anni, potrebbe ricevere un ulteriore impulso da questa crisi.

La finanza pubblica decentrata

Per un lungo periodo, iniziato con la crisi finanziaria del 2008, l'azione di bilancio degli enti territoriali del Veneto ha risentito dell'intonazione restrittiva della politica di bilancio nazionale e degli stringenti vincoli di finanza pubblica. Ne aveva sofferto in particolare la spesa in conto capitale. Nel 2019 i margini di manovra sono tornati ad ampliarsi, grazie a una politica di bilancio nazionale meno restrittiva e all'abolizione della regola del pareggio di bilancio. Lo scorso anno, infatti, la spesa per investimenti ha mostrato evidenti segnali di recupero.

In prospettiva, la capacità di azione degli enti territoriali della regione potrebbe nuovamente essere penalizzata dalla crisi sanitaria legata al Covid-19, i cui effetti sui bilanci del 2020 saranno significativi. Le conseguenze riguarderanno soprattutto la drastica diminuzione delle entrate, dovuta alla contrazione dell'attività economica sul territorio. I Comuni, le cui entrate proprie potrebbero subire un calo relativamente più intenso rispetto a quello medio nazionale, possono tuttavia contare su significativi avanzi di bilancio accumulati in passato e sugli interventi governativi a compensazione delle perdite di gettito. Gli effetti saranno meno intensi sul lato della spesa poiché gran parte degli esborsi straordinari per fronteggiare la crisi, che hanno riguardato in larga misura il comparto sanitario, sono stati finora finanziati con trasferimenti statali. Gli enti territoriali della regione affrontano la crisi in una situazione finanziaria nel complesso più solida di quella prevalente nel resto del Paese.

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