Nel 2023 l'economia mondiale rallenterebbe, ma meno di quanto previsto lo scorso autunno
Nei primi mesi dell'anno è proseguita la debolezza dell'economia mondiale e del commercio internazionale, connessa con la perdurante incertezza geopolitica e con la persistenza dell'inflazione su livelli elevati nelle principali economie avanzate. Le istituzioni internazionali confermano la prospettiva di un rallentamento del PIL globale per l'anno in corso, seppure meno pronunciato di quanto stimato nell'autunno del 2022.
Prosegue la restrizione monetaria nelle principali economie avanzate e sono emerse tensioni sui mercati internazionali
Nei primi mesi dell'anno la Federal Reserve e la Bank of England hanno deliberato ulteriori incrementi dei tassi di interesse di riferimento. Dalla metà di gennaio le condizioni sui mercati finanziari internazionali erano peggiorate, risentendo delle attese di rialzi dei tassi di policy più consistenti e prolungati; dalla fine della prima decade di marzo il dissesto di alcuni intermediari bancari negli Stati Uniti e in Svizzera ha portato a un repentino aumento dell'avversione al rischio e della volatilità.
Nell'area dell'euro l'attività cresce debolmente e l'inflazione diminuisce, ma sale la componente di fondo
L'attività economica dell'area dell'euro sarebbe tornata a crescere lievemente all'inizio dell'anno. L'inflazione al consumo è diminuita ulteriormente a causa del forte calo della componente energetica; quella alimentare e quella di fondo sono però ancora aumentate. Il Consiglio direttivo della BCE ha aumentato i tassi ufficiali di 50 punti base sia nella riunione di febbraio sia in quella di marzo, portando al 3,0 per cento il tasso di riferimento. Ha inoltre comunicato che l'elevato livello di incertezza accresce l'importanza di adottare le decisioni di volta in volta e sulla base dei dati che si renderanno disponibili.
Nel primo trimestre del 2023 il PIL dell'Italia sarebbe cresciuto lievemente
Secondo i nostri modelli, in Italia l'attività economica sarebbe leggermente aumentata nel primo trimestre del 2023, sostenuta dal settore manifatturiero, il quale beneficia della discesa dei corsi energetici e dell'allentamento delle strozzature lungo le catene di approvvigionamento. La spesa delle famiglie sarebbe rimasta debole, a fronte di un'inflazione ancora alta. Proseguirebbe invece l'accumulazione di capitale. Nei primi mesi dell'anno, la dinamica delle esportazioni italiane si è mantenuta positiva, il saldo di conto corrente è tornato in attivo e l'occupazione ha continuato a salire.
Il calo dell'inflazione è trainato dalla componente energetica, mentre quella di fondo rimane elevata
Nella media del primo trimestre l'inflazione è diminuita (all'8,2 per cento in marzo), ma la componente di fondo è cresciuta, risentendo ancora della trasmissione ai prezzi finali dei maggiori costi connessi con gli shock energetici. La dinamica salariale si conferma moderata; i margini di profitto delle imprese sono lievemente aumentati.
I prestiti bancari diminuiscono marcatamente; le condizioni finanziarie risentono delle tensioni sui mercati internazionali
Il rialzo dei tassi ufficiali continua a trasferirsi al costo del credito. I prestiti bancari si sono contratti tra novembre e febbraio, in particolare quelli verso le imprese, per effetto della debolezza della domanda e di criteri di offerta più stringenti. Dalla metà di gennaio le condizioni dei mercati finanziari sono peggiorate anche in Italia. In marzo, le difficoltà di alcuni intermediari negli Stati Uniti e in Svizzera hanno determinato pressioni al ribasso sui corsi azionari, soprattutto nel comparto finanziario. Le banche dell'area dell'euro, comprese quelle italiane, si trovano in una condizione nettamente migliore di quella osservata in occasione di passati episodi di crisi, grazie all'alta patrimonializzazione, all'abbondante liquidità e a una redditività in forte recupero.
Nel 2022 sono migliorati i conti pubblici
Lo scorso anno l'indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al PIL è diminuito di un punto percentuale, all'8,0 per cento. Il peso del debito sul prodotto si è significativamente ridotto, anche grazie alla dinamica favorevole del differenziale fra onere medio del debito e crescita nominale del PIL.