Chiarimenti sulla Banca Popolare di Vicenza

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Le vicende della Banca Popolare di Vicenza (BPV) sono venute all’attenzione dell’opinione pubblica nelle scorse settimane, quando è stata data notizia delle indagini avviate dalla Procura di Vicenza. Nel dibattito pubblico che è seguito la Banca d’Italia è stata più volte chiamata in causa, sulla base di presupposti sbagliati o di malintesi. L’Istituto non ha replicato per rispetto nei confronti della magistratura inquirente, con la quale da mesi attivamente collabora. Pur non entrando nel merito delle questioni oggetto di indagine, riteniamo opportuno, avendone informato la stessa magistratura, chiarire ora alcuni fatti, con l’obiettivo di evitare interpretazioni errate ed eliminare equivoci.

Un primo chiarimento riguarda il prezzo delle azioni di una banca popolare non quotata, come la BPV. Il codice civile (art. 2528) attribuisce la responsabilità di fissare quel prezzo all’assemblea dei soci, su proposta degli amministratori. Nessun potere diretto sulla determinazione del prezzo è conferito alla Banca d’Italia in questa materia.

La Banca d’Italia ha ciò nonostante più volte richiamato BPV a dotarsi di idonee procedure e criteri obiettivi per attribuire un prezzo alle sue azioni. Il richiamo non poteva che essere di metodo, non di merito, restando ferma la responsabilità degli organi aziendali, in particolare l’assemblea, di determinare quel prezzo.

Richiami in questa direzione sono stati formulati più volte, a iniziare dal 2001, allorché una ispezione di vigilanza rilevò, tra l’altro, l’assenza di criteri obiettivi per la determinazione del prezzo. All’ispezione seguirono sanzioni amministrative a carico degli amministratori di BPV; il rapporto ispettivo fu già in quell’occasione trasmesso alla magistratura.

Un’ispezione tornò sul punto nel 2007-2008, rilevando come le modalità di determinazione del prezzo delle azioni, pur coerenti con lo statuto, fossero basate su prassi non codificate e valutazioni non rigorose e fossero prive del parere di esperti indipendenti. Anche a seguito di questa ispezione la Banca d’Italia inflisse nuove sanzioni amministrative alla BPV, coerentemente con le norme del tempo (dal 12 maggio di quest’anno il decreto di recepimento della direttiva europea CRDIV attribuisce alla Vigilanza poteri più estesi di intervento, che potranno essere attivati dopo l’entrata in vigore delle norme attuative).

Una successiva ispezione nel 2009 rilevò come, nonostante i ripetuti richiami della Vigilanza, la BPV non avesse adeguato il prezzo delle sue azioni a una redditività che si era nel frattempo ridotta. Sollecitata sul punto, la BPV si impegnò a ricorrere a un consulente esterno.

Solo nel 2011 la BPV stabilì linee guida per la determinazione del prezzo da parte dell’assemblea e si affidò al parere di un esperto esterno; il prezzo delle azioni - fino a quel momento aumentato - rimase da allora fermo a 62,5 euro per quattro anni di seguito, per poi scendere, nel 2015, a 48 euro.

Come detto sopra la Vigilanza non ha un potere diretto di determinazione del prezzo. Vi è però un aspetto che dal 2014, a seguito dell’entrata in vigore di un regolamento europeo (n. 575 del 26 giugno 2013), interessa l’Autorità di vigilanza nel merito: il riacquisto di proprie azioni da parte della banca stessa. Fino a tutto il 2013 la legge chiamava la Vigilanza ad autorizzare tali riacquisti solo se essi eccedevano il 5 per cento del capitale. Dal gennaio del 2014, l’autorizzazione è invece richiesta in ogni caso. Il criterio per decidere se autorizzare o no è puramente di natura prudenziale: nel momento in cui la banca riacquista le proprie azioni dai suoi soci riduce il patrimonio e ciò deve essere attentamente valutato dalla Vigilanza.

Nel 2014 emerse da varie evidenze che la BPV acquistava azioni proprie senza aver prima richiesto l’autorizzazione alla Vigilanza. In quella fase eravamo impegnati nell’esercizio di comprehensive assessment e ci preparavamo al passaggio al Meccanismo di vigilanza unico (MVU) europeo, che ha avuto avvio a novembre 2014. D’intesa con le nuove strutture europee di vigilanza, inserimmo tra gli obiettivi di una ispezione programmata per l’inizio del 2015 la verifica delle modalità di negoziazione delle azioni proprie.

L’ispezione in loco, condotta da personale della Banca d’Italia sotto l’egida del Meccanismo di vigilanza unico ma in totale continuità con l’azione di vigilanza svolta fino a quel momento dalla Banca d’Italia, oltre a far emergere i riacquisti di azioni proprie effettuati dalla BPV senza la necessaria autorizzazione, mise in luce un diverso problema.

L’ispezione infatti rivelò come la BPV non avesse dedotto per un ammontare cospicuo dal patrimonio di vigilanza il capitale raccolto a fronte di finanziamenti erogati dalla stessa BPV ai sottoscrittori delle sue azioni senza comunicarli alla Vigilanza.

Va considerato che qualora una banca non effettui le segnalazioni prescritte dalla legge, il legame fra l’acquisto di un’azione e un finanziamento ricevuto a fronte di esso non è rilevabile su base cartolare (ossia con verifiche “a distanza”); solo un’ispezione in loco, e solo se mirata, può rivelarlo.

Peraltro, ispezioni della Banca d’Italia sul rischio di credito della BPV non avevano fatto emergere finanziamenti irregolari per l’acquisto di azioni. Ciò è da attribuire al fatto che, in linea con le prassi di vigilanza, nelle ispezioni sul rischio di credito delle banche ci si concentra su un campione di clienti in peggiori condizioni, mentre finanziamenti quali quelli concessi da BPV per l’acquisto di azioni proprie e non segnalati alla Banca d’Italia si riferiscono, di norma, a clienti con positivo merito creditizio.

Qui interviene la necessità di un secondo chiarimento. I finanziamenti che possono essere accordati da una banca a un cliente in coincidenza con l’acquisto da parte sua di azioni della banca stessa sono legittimi se autorizzati dall’assemblea straordinaria (nel rispetto delle condizioni poste dall’art. 2358 cod.civ.).

Il punto è un altro: le azioni acquistate grazie a un finanziamento della stessa banca emittente non possono essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Così stabiliscono specifiche regole prudenziali. La ragione è evidente: il patrimonio è considerato da quelle regole come il primo cuscinetto di sicurezza per assorbire eventuali perdite; esso deve essere quindi costituito da risorse vere, non a elevato rischio di essere vanificate da un finanziamento non restituito.

Il risultato dell’ispezione di quest’anno presso BPV e le conseguenti decisioni del Consiglio di Vigilanza del MVU hanno imposto alla banca di ricostituire i margini patrimoniali regolamentari. L’alta dirigenza di BPV è stata rinnovata. La banca ha recentemente deliberato la trasformazione in S.p.A., un aumento di capitale e la quotazione delle azioni; ciò assicurerà trasparenza alla formazione del prezzo e liquidità all’investimento in azioni.

In conclusione:

Negli anni, BPV è stata sottoposta dalla Banca d’Italia a un’intensa attività di vigilanza, anche mediante numerose ispezioni (sette nell’ultimo decennio) che hanno riguardato vari aspetti, tra cui l’area finanza, l’area credito, la trasparenza e l’antiriciclaggio.

Diversi problemi sono stati risolti, senza che la Vigilanza potesse darne pubblica evidenza, in ossequio alle norme vigenti sul segreto d’ufficio. Per un periodo la Banca d’Italia ha anche adottato nei confronti della BPV misure restrittive relative alla dotazione patrimoniale e alla struttura del gruppo. Negli ultimi anni, la banca ha posto all’attenzione della Vigilanza numerose ipotesi di acquisizione di altre banche, ma nessuna di esse ha avuto corso.

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