N. 43 - L'economia delle regioni italianeDinamiche recenti e aspetti strutturali

Gli andamenti territoriali nel 2015

Nel 2015 la ripresa ciclica avrebbe coinvolto anche il Mezzogiorno. L’andamento positivo, più significativo nel Centro Nord, avrebbe riflesso principalmente la dinamica della domanda interna e in particolare dei consumi. Gli indicatori qualitativi forniscono inoltre segnali positivi sul fronte dell’accumulazione di capitale, estesi anche alle regioni del Mezzogiorno, per quanto con intensità differenti a seconda delle caratteristiche delle imprese investitrici. L’occupazione è cresciuta in tutte le aree territoriali, con l’eccezione del Nord Est. Anche il credito mostrerebbe segnali di ripresa in tutte le aree del Paese, di riflesso a un miglioramento della domanda, assecondato dalla distensione delle condizioni di offerta praticate dagli intermediari.

I sistemi locali del lavoro e le agglomerazioni urbane

Sulla base dei dati di censimento e delle mappe dei Sistemi Locali del Lavoro (SLL) −definiti dall’Istat come l’insieme di comuni limitrofi contenente al suo interno tanto il luogo di residenza quanto il luogo di lavoro (della maggior parte) dei residenti− il capitolo evidenzia una serie di differenze strutturali fra aree urbane (73 SLL) e aree non urbane (i restanti 538 SLL nel 2011)

Le aree urbane italiane hanno accresciuto il loro peso demografico nel tempo, negli ultimi 30 anni anche e soprattutto “attraendo” interi comuni nel loro ambito. Esse sono caratterizzate da un peso economico maggiore di quello puramente demografico e appaiono specializzate nei servizi ad alta intensità di capitale umano e in quelli finanziari più che nelle attività industriali. Si caratterizzano inoltre per una maggiore dotazione di capitale umano, anche e soprattutto per via di un effetto di attrazione nei confronti dei laureati, in specie di quelli negli ambiti scientifici. Tale effetto di attrazione, che appare però pressoché assente nel caso delle grandi città del Mezzogiorno, si rivela cruciale per la crescita aggregata: i centri urbani con una più elevata dotazione di capitale umano sono quelli che hanno evidenziato una maggiore crescita nei decenni successivi.

I processi di agglomerazione influenzano e sono condizionati dal mercato immobiliare. Innalzando la domanda di servizi abitativi, tali processi si riflettono sui prezzi delle case, più elevati nelle aree urbane dove i vantaggi (e i costi) associati alla concentrazione spaziale di imprese e famiglie sono più ampi. Ove l’offerta di servizi abitativi è poco reattiva, anche per via di vincoli geografici o regolamentari, tale innalzamento dei prezzi può condizionare le opportunità di crescita. Le differenze tra SLL nei prezzi delle case sono soprattutto legate al maggiore premio che è associato all’abitare in centro in quelli di maggiore dimensione, mentre più ridotti sono i differenziali esistenti tra le “periferie” dei diversi SLL, anche tra quelli appartenenti ad aree territoriali diverse. L’ampiezza delle differenze di prezzo tra centro e periferia in ciascun SLL è del resto differenziata a seconda di una serie di caratteristiche del contesto economico: essa è maggiore negli SLL urbani rispetto a quelli non urbani, raggiungendo valori massimi per gli SLL metropolitani (quelli dei comuni con una popolazione superiore ai 250.000 abitanti) e in particolare per quelli di Roma e Milano. L’ampiezza di tale differenziale di prezzo risente anche della natura delle attività economiche prevalenti in un SLL (è meno ampio, ad esempio, nei distretti industriali, caratterizzati da una presenza di attività manifatturiere diffuse sul territorio e, pertanto, da una minore esigenza di localizzarsi nel centro dell’SLL) e della minore o maggiore facilità degli spostamenti sul territorio (negli SLL più congestionati il prezzo della vicinanza al centro è più elevato).

Testo della pubblicazione