N. 688 - Agglomerazione e crescita: gli effetti dei costi di pendolarismo

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di Antonio Accetturosettembre 2008

Questo lavoro presenta un modello teorico in cui si analizza il rapporto tra concentrazione spaziale delle attività produttive (agglomerazione) e la crescita economica in presenza di costi di congestione, con l’obiettivo di interpretare le determinanti delle differenti ondate di fenomeni di agglomerazione.

La letteratura ha attribuito i più elevati livelli di sviluppo economico nelle regioni più agglomerate alla presenza di esternalità positive che favoriscono un maggiore incremento della produttività del lavoro nelle regioni caratterizzate da una più alta concentrazione spaziale delle attività economiche. Tale fenomeno è generalmente descritto come un processo perlopiù irreversibile, che determina un persistente divario dei redditi regionali tra le aree dove si concentra l’attività economica più avanzata (regioni core) e quelle periferiche, solitamente specializzate in attività a basso valore aggiunto. Alcune evidenze più recenti hanno tuttavia mostrato l’esistenza di numerosi casi in cui regioni precedentemente caratterizzate da un basso livello di sviluppo iniziano a crescere, attraendo imprese e forza lavoro qualificata dalle regioni core, a causa degli elevati livelli di congestione di queste aree. Due esempi di questo fenomeno, definito “seconda ondata della globalizzazione”, sono l’elevato dinamismo mostrato dagli stati del sud degli Stati Uniti o la rapida industrializzazione di alcune aree europee storicamente caratterizzate da un basso livello di attività economica (Nord-Est italiano, Baviera, Irlanda).

In questo lavoro si ipotizza che esistano due settori, quello della produzione e quello della ricerca e sviluppo. I lavoratori del settore produttivo non possono migrare tra le regioni. I lavoratori nel settore della Ricerca e sviluppo – il motore della crescita economica di lungo periodo – possono invece trasferirsi da una regione all’altra, determinando, quindi, cambiamenti nella capacità innovativa regionale e negli incentivi alla nascita di nuove imprese del settore industriale. La scelta di muoversi verso una regione core dipende positivamente dalle esternalità di tipo pecuniario e tecnologico che l’agglomerazione genera e negativamente dal grado di congestione dell’area di destinazione. In particolare, la congestione – modellata come quantità di tempo impiegata per raggiungere il posto di lavoro – ha un impatto negativo sia sul livello di benessere del lavoratore sia sul grado di efficienza dell’economia. Infatti, quanto maggiore risulta il tempo di pendolarismo tanto più bassa sarà l’offerta di lavoro e quindi il salario netto ricevuto dal lavoratore. Inoltre, quanto maggiore è il grado di congestione tanto minore sarà l’offerta di lavoro qualificato e, di conseguenza, tanto minore il tasso di crescita dell’economia.

In definitiva, l’interazione tra i costi di pendolarismo e le esternalità tecnologiche dovute all’agglomerazione può determinare una molteplicità di equilibri. Per esempio, in presenza di costi di congestione bassi, le attività economiche tecnologicamente più avanzate tenderanno a concentrarsi nella regione core, mentre la periferia si specializzerà in attività di tipo tradizionale. Per costi di congestione più elevati, invece, sarà possibile osservare il fenomeno della cosiddetta agglomerazione reversibile, in cui un iniziale processo di concentrazione è seguito dalla rilocalizzazione dell’attività di ricerca e sviluppo – che comporta la nascita di nuove imprese – nella periferia. Tale rilocalizzazione di parte delle attività innovative ha un impatto positivo sul livello di benessere dei consumatori; essa determina infatti un’accelerazione della crescita economica aggregata, a causa della minore congestione in ciascuna regione, e un aumento del benessere dei lavoratori residenti nella periferia.

Pubblicato nel 2010 in: Papers in Regional Science, v. 89, 1, pp. 173-190

Testo della pubblicazione