N. 17 - L'economia della BasilicataRapporto annuale

Nel 2013 è proseguita la caduta dell'attività economica in Basilicata, a ritmi solo leggermente meno marcati che nel 2012. Secondo le stime di Unioncamere-Prometeia, il prodotto interno lordo è calato del 3,2 per cento (-3,5 nel 2012). La contrazione della produzione industriale, giunta al suo sesto anno consecutivo, si è attenuata rispetto al 2012 in quasi tutti i settori, escluso il tessile e abbigliamento e il meccanico. Le vendite all'estero delle imprese lucane sono calate più che nel Mezzogiorno e in Italia, anche in seguito alla riconversione degli impianti nel settore dei mezzi di trasporto. Tale riconversione, per la rilevanza del settore nell'industria regionale, ha favorito una lieve ripresa degli investimenti, non riscontrabile peraltro negli altri comparti. Per l'anno in corso le imprese industriali si attendono un miglioramento del quadro congiunturale, che dovrebbe beneficiare della ripresa produttiva dell'automotive.

Il settore delle costruzioni ha risentito della perdurante debolezza del mercato immobiliare; negli altri comparti si sono registrati andamenti negativi, con l'eccezione del turismo che ha visto crescere sia gli arrivi sia le presenze.

Le estrazioni di idrocarburi sono lievemente calate nel 2013. Secondo una nostra analisi basata su dati censuari, lo sfruttamento dei giacimenti ha favorito un aumento degli addetti all'industria e ai servizi nei comuni interessati dalle estrazioni tra il 2001 e il 2011. Tuttavia, al netto del settore petrolifero, gli addetti all'industria sarebbero diminuiti negli stessi comuni più intensamente che nel resto della regione. Le imprese lucane operanti nell'indotto del petrolio hanno registrato negli anni duemila un andamento di ricavi e investimenti migliore delle altre imprese regionali.

I dati censuari mostrano un calo di addetti alle unità locali attive in Basilicata alla fine del 2011 rispetto al 2001 pari al 4,1 per cento, contro un aumento del 2,8 in Italia. La regione ha risentito negativamente di una specializzazione produttiva in settori meno dinamici a livello nazionale (come le costruzioni e le attività connesse all'istruzione) ma soprattutto di una minore crescita anche a parità di settore. Le imprese lucane, al pari di quelle di altre regioni meridionali, presentano in media un grado di internazionalizzazione molto basso, hanno in prevalenza un mercato di riferimento limitato alla regione e per una quota elevata di esse la Pubblica amministrazione è uno dei principali committenti.

Il mercato del lavoro ha continuato a risentire della debolezza dell'economia. L'occupazione si è contratta nel 2013, anche se meno che nel Mezzogiorno e con un'attenuazione della caduta nella seconda parte dell'anno. Le richieste di Cassa integrazione guadagni (CIG) sono complessivamente diminuite; tuttavia resta molto alta (16 per cento contro il 5 dell'Italia) la quota di lavoratori dell'industria che ha beneficiato della CIG. Il tasso di disoccupazione si è portato al 15,2 per cento nella media del 2013. Continua ad aumentare il numero degli inattivi che desidererebbero lavorare ma non cercano lavoro perché pensano di non trovarlo.

L'emigrazione e l'invecchiamento della popolazione contribuiscono a limitare l'offerta di lavoro. Tra il 2001 e il 2011, gli anni dei due ultimi Censimenti, la Basilicata ha perso il 3,3 per cento della popolazione, un dato peggiore della media delle regioni italiane. In alcuni sistemi locali del lavoro il calo ha superato il 10 per cento e l'invecchiamento della popolazione è stato particolarmente rapido.

Nostre stime indicano che solo la metà dei lucani laureatisi nel 2007 risiedeva in regione anche nel 2011 e meno del 30 per cento era occupato. Rispetto ad altre regioni, sono relativamente pochi i lucani che si laureano nell'università locale, che in varie discipline registra una qualità della ricerca superiore alla media del Mezzogiorno, sebbene nel complesso inferiore alla media nazionale.

Il finanziamento dell'economia regionale ha registrato un'ulteriore contrazione dei prestiti bancari ai residenti: a dicembre 2013 il calo del 2,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2012 ha risentito sia di una domanda di credito ancora debole sia di condizioni di offerta improntate alla prudenza. La flessione è stata più intensa per le famiglie consumatrici che per le imprese. Per le famiglie sono calati sia i mutui per l'acquisto di abitazioni sia il credito al consumo. Per le imprese, il calo è stato più accentuato nel comparto delle costruzioni e per i finanziamenti collegati alla gestione del portafoglio commerciale, anche a causa del debole andamento dei fatturati aziendali.

Sebbene la decelerazione dei prestiti abbia interessato tutte le principali componenti del sistema bancario, tra il 2011 e il 2013 i prestiti erogati dalle banche locali hanno rallentato meno rispetto a quelli delle banche non locali. Negli anni della crisi, i prestiti delle banche locali alle imprese hanno registrato tassi di crescita superiori a quelli degli altri intermediari e la rischiosità del loro portafoglio crediti ha manifestato un'evoluzione lievemente più favorevole rispetto a quella degli altri intermediari.

Il protrarsi della congiuntura sfavorevole ha influenzato la qualità del credito. I flussi di nuove sofferenze nel 2013 (pari, nel complesso, al 4,0 per cento dei prestiti) si sono concentrati nel comparto manifatturiero. L'incidenza delle altre partite deteriorate (incagli, crediti scaduti e prestiti ristrutturati) rispetto ai prestiti totali è rimasta sostanzialmente invariata.

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