N. 53 - L'economia dell'UmbriaRapporto annuale

L'andamento dell'economia umbra, già negativo nel 2008, è ulteriormente peggiorato nella prima parte del 2009, toccando il minimo storico nel corso del secondo trimestre. Nonostante il successivo lieve recupero dell'attività economica, segnalato dai giudizi sugli ordini degli imprenditori, il 2009 si è chiuso con un calo significativo di tutti i principali indicatori.

Secondo le valutazioni di Prometeia, il prodotto regionale sarebbe diminuito del 4,5 per cento, leggermente meno della media nazionale. Era già sceso nel 2008 (-1,7 per cento). Le indagini condotte dalla Banca d'Italia nei mesi di marzo e aprile indicano che solo la metà delle imprese che hanno sofferto un calo del fatturato (sono tre su quattro tra quelle interpellate) ritengono possibile il ritorno delle vendite ai livelli pre-crisi entro il 2012. Oltre alla debolezza della domanda interna, ha inciso pesantemente la diminuzione delle esportazioni, ridotte di quasi un quarto rispetto all'anno precedente. Ne è risultata l'estensione della crisi anche a comparti solo marginalmente colpiti nel 2008.

La minore domanda ha indotto le imprese a contenere sensibilmente il livello della produzione, riducendo l'input di lavoro e l'intensità di sfruttamento degli impianti. Gli ampi margini di capacità produttiva inutilizzati hanno contribuito, insieme alle incertezze sui tempi della ripresa, al forte calo degli investimenti, testimoniato anche dalla bassa domanda di credito connessa con l'acquisto di immobili e macchinari, a fronte di criteri di offerta il cui inasprimento è andato attenuandosi nel corso dell'anno, soprattutto nei confronti delle aziende finanziariamente più solide.

Nonostante il massiccio ricorso alla Cassa integrazione guadagni (anche straordinaria), il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 6,7 per cento dal 4,8 per cento del 2008. Nel 2009 l'occupazione è diminuita del 2,6 per cento, facendo registrare un calo superiore alla media italiana. In Umbria, inoltre, diversamente da quanto rilevato a livello nazionale, al calo del numero complessivo degli occupati (circa 10 mila persone in meno) si è associato un aumento dell'incidenza dei lavoratori a tempo determinato o parziale, che rappresentano ormai più del 25 per cento del totale.

Il deterioramento delle condizioni sul mercato del lavoro ha pesato sul clima di fiducia e sulla capacità di spesa delle famiglie. Pur in presenza di tassi d'interesse storicamente bassi, è rimasta debole la richiesta di mutui per l'acquisto delle abitazioni, erogati soprattutto a tasso variabile. Ne hanno risentito le imprese dell'edilizia, per le quali il calo della produzione è stato particolarmente marcato.

La crescita dei prestiti complessivi ha rallentato, su base annua, dal 6,8 per cento del 2008 all'1,2 del 2009; a fine anno i prestiti alle famiglie erano in aumento del 4,0 per cento, mentre il volume dei finanziamenti alle imprese era in calo dello 0,2 per cento. Il flusso di nuove posizioni a sofferenza ha accelerato dall'1,5 al 2,2 per cento e l'aggregato ha raggiunto il 4,9 per cento dei prestiti.

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