N. 46 - L'economia della LombardiaRapporto annuale

Nel 2009, gli effetti della profonda recessione iniziata nell'ultimo trimestre del 2008 si sono dispiegati appieno sull'economia della regione. Nella media del periodo, tutti i comparti hanno segnato una riduzione dell'attività: particolarmente brusca nel primo semestre, la caduta sembra essersi arrestata nella seconda parte dell'anno.

Secondo le valutazioni di Prometeia, nel 2009 in Lombardia il prodotto è calato del 5,3 per cento, più della media nazionale, dopo essere peggiorato di circa un punto l'anno precedente. Si tratta della diminuzione più grave dall'inizio della disponibilità dei dati, più marcata di quella registrata dopo la crisi petrolifera, nel 1975, quando il PIL regionale si era contratto del 4,2 per cento, e molto più seria dell'episodio recessivo seguìto alle turbolenze della lira, quando l'attività nella regione era scesa dello 0,2 per cento nel 1992 e dell'1,3 nel 1993. Gli indicatori qualitativi più recenti segnalano un'evoluzione più vivace dell'attività nei primi mesi del 2010: sono migliorati i giudizi delle imprese sull'andamento degli ordini e della produzione.

L'industria ha rappresentato il comparto che, l'anno passato, ha subìto con gravità particolarmente intensa gli effetti della caduta del commercio internazionale, la più consistente dalla metà del secolo scorso: le esportazioni lombarde sono diminuite di un quinto. Il valore aggiunto è sceso del 14,3 per cento; il processo di accumulazione si è interrotto e il grado di utilizzo degli impianti ha raggiunto livelli storicamente molto bassi, toccando il minimo del decennio; la perdita di occupati è stata contenuta con l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali. Nelle costruzioni, procedono secondo programma i lavori dei principali cantieri; tuttavia, i nuovi appalti segnalano un rallentamento dello stimolo all'attività da parte della domanda pubblica, mentre nel mercato immobiliare il ciclo è ulteriormente peggiorato. Nei servizi, il valore aggiunto ha segnato una contrazione più moderata (2,1 per cento): più degli altri ha sofferto il comparto del trasporto aereo, a causa dei concomitanti effetti congiunturali e strutturali legati al destino dell'aeroporto di Malpensa, che, pur rimanendo il secondo in Italia, dopo la ristrutturazione ha perso di importanza nel confronto europeo.

A motivo della specializzazione produttiva (origina dall'industria il 28,5 per cento del valore aggiunto) e del grado di apertura verso l'estero, le imprese della regione hanno sofferto per gli effetti immediati della crisi in misura più intensa della media nazionale. L'economia lombarda è stata colpita dalla recessione quando il settore manifatturiero non aveva ancora completato quel lento processo di trasformazione - iniziato nei primi anni duemila in risposta al diverso scenario competitivo e alla diffusione di un nuovo paradigma tecnologico - cui può attribuirsi la ripresa dell'attività e della produttività nel biennio precedente la crisi. La modifica delle strategie aziendali - nella forma di miglioramento della gamma dei prodotti, di ricerca di nuovi mercati o di potenziamento del marchio - ha riguardato in Lombardia oltre il 60 per cento delle imprese, incidenza tra le più elevate in Italia; queste stesse aziende hanno subìto l'impatto della crisi in misura severa, ma meno delle altre; anche le aspettative di ripresa sarebbero per loro più favorevoli.

Rispetto al 2007, l'anno prima della crisi, nel 2009 le aziende hanno sopportato diffusamente riduzioni dei margini di profitto e aumenti dei costi di produzione; è stato significativo l'effetto della recessione sul sistema di subfornitura regionale, mentre i produttori reagivano alla contrazione della domanda riportando al proprio interno lavorazioni in precedenza esternalizzate. Nel biennio della crisi, tuttavia, le imprese manifatturiere della regione non hanno smesso di modificare, per tipologia o qualità, i prodotti offerti, e di cercare nuove forme di internazionalizzazione. Non è invece stato compiuto il salto dimensionale che permetterebbe loro di sfruttare le economie di scala.

Alla fine del 2008 si è arrestata la fase di crescita dell'occupazione, che durava dalla metà degli anni novanta. La caduta del numero di occupati nel 2009 (1,2 per cento) ha riguardato in particolar modo i lavoratori autonomi, i dipendenti con contratto a tempo determinato, le persone meno istruite e, soprattutto, i giovani. Per gli stranieri, invece, si è ancora avuto un aumento, riconducibile all'incremento della popolazione immigrata registrata alle anagrafi. Il calo della domanda di lavoro è stato attutito dall'eccezionale espansione della Cassa integrazione guadagni, che si è complessivamente ampliata di quasi sei volte nella media dell'anno, e ha continuato a crescere nei primi mesi del 2010. Si stima che il ricorso alla CIG abbia interessato 145 mila lavoratori nel settore dell'industria. Ciò nonostante, il tasso di disoccupazione nella regione è cresciuto al 5,4 per cento nella media dell'anno, dal 3,7 per cento dell'anno precedente, con un aumento particolarmente sensibile nell'ultimo trimestre. Includendo tra i non occupati anche gli individui che usufruiscono della CIG, si otterrebbe una misura più ampia degli squilibri tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, superiore di quasi un punto e mezzo al tasso di disoccupazione ufficiale.

Con riferimento all'attività degli intermediari finanziari, nel 2009 gli effetti della crisi si sono saldati con il rapido deterioramento della situazione economica. Gli andamenti degli aggregati creditizi ne hanno risentito pesantemente, registrando forti rallentamenti e, nel caso delle imprese, cali che non hanno precedenti negli ultimi due decenni. Per le aziende che operano nel comparto manifatturiero, in particolare, la discesa è stata più drammatica di quella sperimentata durante la recessione dell'inizio degli anni novanta.

La crisi ha avuto importanti ripercussioni anche sull'attività svolta dagli operatori del private equity, i quali hanno ridotto sia il numero di operazioni, sia gli investimenti effettuati nella regione.

Sul fronte delle famiglie, l'incremento dei prestiti registrato nel corso dell'anno è risultato molto più contenuto che in passato. L'erogazione di nuovi finanziamenti per l'acquisto di abitazioni si è ridotta, riflettendo la debolezza del ciclo immobiliare, mentre il credito al consumo ha decelerato.

Sulla base dell'indagine della Banca d'Italia presso un campione significativo di intermediari che operano nella regione, la dinamica dei finanziamenti ha risentito della riduzione della domanda, specie per i prestiti connessi con la copertura degli investimenti delle imprese e con l'acquisto di immobili da parte delle famiglie. D'altra parte, le banche hanno seguito politiche di offerta restrittive tra la fine del 2008, in concomitanza con l'acuirsi della crisi finanziaria internazionale, e il primo semestre del 2009, quando più profonda è stata la fase recessiva. Nella seconda parte dell'anno e nei primi mesi del 2010, la tendenza all'irrigidimento nelle condizioni di erogazione si sarebbe arrestata. Permane una cautela nella concessione dei finanziamenti, in particolare attraverso un aumento degli spread sulle posizioni più rischiose e una più sistematica richiesta di garanzie, connessa soprattutto con la percezione dei rischi derivanti dalle attuali condizioni economiche.

L'indagine presso le imprese, effettuata dalla Banca d'Italia tra marzo e aprile di quest'anno, ha confermato che le restrizioni si sono attenuate nella prima parte del 2010: il 21 per cento delle aziende del campione della Lombardia ha affermato di aver subìto un inasprimento delle condizioni creditizie; questa percentuale era superiore nelle rilevazioni precedenti, pari al 39 per cento nel sondaggio dell'ottobre scorso e al 44 per cento nelle osservazioni di un anno fa. Sulla base delle nostre analisi su dati di bilancio, le aziende che hanno dichiarato di avere incontrato delle difficoltà nell'accedere ai finanziamenti (o che avrebbero voluto incrementare il proprio debito bancario) presentavano già nel 2008 una situazione economica e finanziaria decisamente meno solida rispetto alle imprese che non hanno lamentato restrizioni. Anche le analisi dei dati della Centrale dei rischi mostrano che la contrazione degli affidamenti è risultata correlata al grado di rischio delle imprese.

L'accesso al credito può essere stato agevolato dalla presenza sul territorio dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi. I confidi presenti in Lombardia hanno concesso garanzie prevalentemente a imprese della regione; la loro attività si è focalizzata per i due terzi verso aziende di dimensioni ridotte, con meno di 5 addetti.

La qualità dei prestiti si è deteriorata, con flussi di sofferenze in rapido aumento e una crescita ancora più marcata delle difficoltà nel rimborso dei finanziamenti. Anche grazie all'accordo tra il Ministero dell'Economia e delle finanze, l'ABI e le Associazioni delle imprese (la cosiddetta moratoria), gli intermediari sono intervenuti ristrutturando le posizioni delle imprese in difficoltà: secondo le indagini della Banca d'Italia, un'azienda su sei ha intrapreso iniziative volte a ristrutturare il debito, e una su nove ha ottenuto la revisione delle condizioni. In base al monitoraggio effettuato in sede ABI, alla fine dello scorso mese di marzo circa un quarto delle operazioni sospese grazie alla moratoria faceva capo a imprese piccole e medie della regione. Nondimeno, la crisi ha colpito pesantemente le aziende lombarde: il numero di fallimenti è cresciuto in modo significativo, più che nella media del Paese e delle altre regioni del Nord Ovest.

Dal lato delle attività finanziarie detenute dalle famiglie, hanno rallentato sia i depositi in giacenza presso le banche, sia gli acquisti di titoli di Stato; è aumentato invece il risparmio finanziario investito in obbligazioni - bancarie e non - e in azioni. Per le imprese, dopo le riduzioni registrate tra il 2008 e il 2009, i depositi bancari sono tornati ad aumentare nell'ultimo trimestre dell'anno passato, una tendenza proseguita nei primi mesi del 2010. I contatti degli intermediari con la clientela avvengono sempre più di frequente per via telematica. Alla fine del 2009, più del 70 per cento delle famiglie lombarde poteva accedere alla propria banca via Internet, e circa la metà delle imprese attive nella regione ha fruito di rapporti di corporate banking. Per contro, gli sportelli si sono lievemente ridotti, ma la loro articolazione ha raggiunto un maggior numero di comuni lombardi.

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