N. 829 - Eterogeneità delle banche e fissazione dei tassi di interesse: che lezioni abbiamo appreso dopo Lehman?

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di Leonardo Gambacorta e Paolo Emilio Mistrulliottobre 2011

La letteratura economica si è occupata finora prevalentemente degli effetti della crisi sull’offerta di credito e, in particolare, sull’ammontare dei prestiti concessi alle imprese. Il presente lavoro intende completare tale analisi valutando gli effetti della crisi sul costo del credito bancario.

Lo studio si concentra sul periodo che va da giugno 2008 a marzo 2010. In seguito al fallimento di Lehman Brothers del settembre del 2008, e al conseguente peggioramento della situazione economica, l’aumento del rischio di credito si è riflesso in un significativo ampliamento del differenziale tra il costo del credito alle imprese e i tassi di mercato monetario. Nell’analisi si utilizzano dati tratti dalla Centrale dei rischi, dalle Statistiche di Vigilanza e dalla Cerved riferiti a un campione di oltre 80.000 imprese che hanno relazioni con più di una banca.

Il lavoro valuta in che misura la variazione delle condizioni di finanziamento applicate dalle banche, a partire dal fallimento di Lehman Brothers, sia stata influenzata (i) dalle caratteristiche della relazione banca-impresa (la distanza tra banca e cliente, la quota detenuta dalla banca sul totale del debito dell’impresa e la durata della relazione con il sistema bancario); (ii) dalle peculiarità dell’istituto di credito (dimensione, liquidità e capitalizzazione) e (iii) dalle caratteristiche dell’impresa affidata (rischiosità, dimensione e forma giuridica).

I principali risultati sono i seguenti:

  1. le imprese con relazioni più strette con gli intermediari sono risultate relativamente meno esposte agli effetti della crisi. Il peggioramento delle condizioni applicate ai prestiti in conto corrente nel periodo analizzato risulta, infatti, minore per le imprese che sono geograficamente più vicine alla sede principale della banca, che intrattengono relazioni creditizie con il sistema bancario da più tempo, il cui debito è concentrato verso un unico creditore;
  2. in linea con la letteratura sul canale di trasmissione creditizio, le banche più capitalizzate e con un maggior grado di liquidità sono riuscite a preservare meglio la propria clientela dagli effetti della crisi. Lo stesso effetto si riscontra per gli istituti di credito con una maggiore quota di intermediazione di tipo tradizionale, che sono stati meno influenzati dall’andamento avverso dei mercati finanziari;
  3. gli aumenti del costo del credito sono stati maggiori per le imprese più piccole e più rischiose. Non si riscontrano differenze significative rispetto alla forma giuridica.

Pubblicato nel 2014 in: Journal of Money, Credit and Banking, v. 46, 4, pp. 753-778