N. 554 - Stime quantitative delle esternalità del capitale umano

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di Alberto Dalmazzo e Guido de Blasiogiugno 2005

Alcuni lavori recenti cercato di quantificare il rendimento sociale dell’istruzione analizzando l’effetto che un innalzamento del livello medio di scolarità in una determinata area esercita sulla produttività e sui salari di tutti i lavoratori che vi risiedono. Questi studi non sono però giunti a conclusioni univoche.

In questo lavoro si argomenta che, al fine di identificare correttamente i rendimenti sociali dell’istruzione, l’analisi non dovrebbe essere limitata soltanto ai salari. La concentrazione di persone mediamente più istruite in certe località può comportare benefici di natura non economica, come ad esempio un minore tasso di criminalità o minori tensioni sociali. È plausibile ipotizzare, inoltre, che le persone mediamente più istruite preferiscano risiedere in aree dove è maggiore l’offerta di particolari servizi, come quelli culturali e ricreativi. Se nelle aree in cui si concentra la popolazione più istruita è possibile godere di benefici di natura non economica, i lavoratori potrebbero quindi essere disposti ad accettare un salario relativamente minore, pur di lavorare e risiedere in tali aree. Di conseguenza, questo fenomeno tenderebbe a controbilanciare l’effetto positivo dell’istruzione sulla produttività.

Nelle aree dove si rendono disponibili benefici di natura non monetaria, i prezzi delle abitazioni tenderanno a essere più elevati. Partendo da questa considerazione, nella prima parte del lavoro si mostra, attraverso un modello di equilibrio economico generale, che i rendimenti sociali dell’istruzione sono identificabili solo se l’effetto della scolarizzazione di un’area viene misurato congiuntamente sia sui salari sia sugli affitti. In particolare, dal modello teorico si evince che, se il capitale umano dà luogo a esternalità sia sulla produzione sia sul benessere degli individui, allora vi è un effetto positivo sugli affitti dell’area, mentre l’effetto sui salari è in generale ambiguo. Da un lato infatti una produttività più alta si associa a salari e affitti più elevati, dall’altro le maggiori possibilità di consumo influiscono in maniera opposta sulle due variabili: pur di risiedere in un’area con maggiori attrattive, i lavoratori saranno disposti a pagare affitti più elevati oppure a ricevere salari nominali più bassi.

Nella seconda parte del lavoro, facendo ricorso ai dati dell’indagine sui bilanci delle famiglie condotta dalla Banca d'Italia, viene valutato l’impatto delle dotazioni medie di capitale umano nei Sistemi locali del lavoro italiani sia sui salari individuali sia sugli affitti. I risultati mostrano un effetto positivo del capitale umano locale sugli affitti dell’area considerata. Se il livello medio di scolarizzazione della popolazione aumenta di un anno, ciò si associa con una variazione degli affitti compresa, a seconda delle specificazioni adottate, tra il 6 e il 24 per cento. L’effetto del capitale umano medio dell’area sul livello dei salari è meno pronunciato: in generale è tra il 2 e il 3 per cento (ovvero, tra un terzo e la metà dei rendimenti privati dell’istruzione); in alcune specificazioni, tuttavia, l’effetto non risulta statisticamente diverso da zero.

Pubblicato nel 2007 in: Journal of Population Economics, v. 20, 2, pp. 359-382

Testo della pubblicazione