N. 10 - L'economia della ToscanaRapporto annuale

Nel 2012 è proseguita la fase recessiva indotta nella seconda parte dell'anno precedente dalla crisi del debito sovrano. Secondo le stime disponibili, il prodotto regionale in termini reali avrebbe conosciuto una flessione di entità analoga a quella del complesso del paese, pari al -2,4 per cento, imputabile alle componenti interne della domanda.

Dopo un biennio di moderata ripresa, la produzione industriale è tornata a calare, attestandosi su livelli prossimi a quelli raggiunti alla fine del 2009. Non vi sono segnali di ripresa dell'accumulazione di capitale fisso, frenata dall'incertezza sulle prospettive della domanda e dal ridotto livello di utilizzo della capacità produttiva esistente. Le vendite all'estero hanno decisamente rallentato; segnali positivi hanno continuato a provenire dalle esportazioni nei paesi extra UE, dalla meccanica e dalla moda. Dal 2009 sono tornati a crescere gli investimenti diretti verso paesi esteri da parte delle imprese regionali; il fenomeno tuttavia, di modesta entità, continua a interessare una quota contenuta del sistema produttivo.

Particolarmente difficile è il quadro congiunturale nell'edilizia, con riflessi negativi più ampi di quelli registrati a livello nazionale su occupazione e mortalità delle imprese. Nel comparto abitativo un elevato invenduto si associa a un più difficoltoso accesso al credito; ne risultano transazioni dimezzate rispetto al 2007 e quotazioni che iniziano a flettere anche in termini nominali. Nelle opere pubbliche il volume di nuovi bandi continua a diminuire, in presenza di diffusi ritardi nei pagamenti delle opere completate.

Della fase recessiva hanno risentito i principali comparti dei servizi. Per effetto della riduzione del reddito disponibile delle famiglie, nel commercio le vendite sono calate in misura decisa, ancora più marcata per i beni durevoli. I flussi turistici si sono contratti, a differenza dell'anno precedente, e anche i traffici di merci e passeggeri nei porti e negli aeroporti sono diminuiti.

Nei primi mesi del 2013 erano attivi in regione oltre settanta tavoli per la gestione di crisi aziendali, in prevalenza riferiti a imprese di grandi dimensioni.

Nell'ultimo decennio l'internazionalizzazione dell'attività produttiva ha provocato mutamenti strutturali, ancora più marcati in Toscana rispetto ad altre grandi regioni italiane. Si è ridotto il peso ed è cresciuta la produttività dei settori aperti alla concorrenza internazionale; in quelli che insistono su un mercato locale la produttività è invece calata.

Vi è attività innovativa, relativamente diffusa, da parte delle imprese toscane. Tuttavia, anche a causa della struttura del tessuto economico basato su attività tradizionali e su imprese di piccole dimensioni, si tratta di un'innovazione più di tipo incrementale, meno incentrata sul salto tecnologico e più sul miglioramento costante dei propri prodotti. La Toscana esporta una quota significativa del totale nazionale di servizi di ricerca e sviluppo.

L'impiego massiccio di ammortizzatori sociali ha nel 2012 permesso il mantenimento dei livelli occupazionali. In un contesto di allungamento della vita lavorativa crescono le difficoltà incontrate dalla popolazione più giovane. L'aumento degli occupati nei servizi continua a compensare il calo nell'industria e nelle costruzioni, quello delle persone in cerca di occupazione ha innalzato il tasso di disoccupazione.

Le retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti toscani sono analoghe a quelle nazionali, mostrando tuttavia una minore eterogeneità. A ciò contribuisce la circostanza che sono in regione più contenuti i differenziali salariali tra lavoratori meno e più istruiti, tra addetti alle piccole e medie imprese e altre e tra agricoltura e altri settori.

Il credito bancario alle imprese, comprensivo delle sofferenze, ha iniziato a flettere dalla metà dell'anno; quello alle famiglie consumatrici dalla fine. Vi hanno inciso condizioni di offerta che si sono mantenute restrittive e la flessione della domanda, che ha risentito per le imprese della contrazione dell'attività produttiva e della scarsità degli investimenti e per le famiglie di un atteggiamento di maggiore prudenza. Il comportamento delle banche in termini di prezzi e quantità tende a riflettere sempre più la rischiosità potenziale della clientela, anche se il calo del credito è risultato diffuso.

La recessione ha provocato un progressivo deterioramento dei finanziamenti alle imprese. Alla fine del 2012 il complesso delle posizioni caratterizzate da difficoltà di rimborso, più o meno gravi, rappresentava poco più di un quarto dei prestiti complessivi. Ciò si è riflesso in un aumento dei tassi di interesse praticati. Segnali di peggioramento hanno cominciato a interessare i prestiti alle famiglie, le cui partite anomale ammontavano a un decimo del totale.

È tornata a crescere la raccolta bancaria delle famiglie, specialmente nelle forme con un vincolo temporale. Le scelte di impiego del risparmio si indirizzano verso gli strumenti più tradizionali.

Testo della pubblicazione