N. 7 - L'economia del Friuli Venezia GiuliaRapporto annuale

In un contesto di perdurante debolezza ciclica dell'economia italiana, nel corso del 2012 si è accentuata la riduzione della domanda rivolta al sistema produttivo regionale, iniziata nella seconda metà del 2011. In termini reali è diminuita di quasi il 7 per cento, interessando pressoché in egual misura sia la componente estera sia quella interna, rimasta ampiamente al di sotto rispetto al livello antecedente la crisi. Il Friuli Venezia Giulia è la regione che ha dato nel 2012 il contributo negativo più accentuato alla dinamica delle esportazioni nazionali, in controtendenza con il Nord Est e la media italiana.

Nell'edilizia i livelli di attività produttiva hanno continuato a ridursi in presenza di una contrazione degli scambi nel mercato immobiliare, diminuiti in un anno di quasi un terzo.

Il calo del reddito disponibile delle famiglie e l'incertezza diffusa hanno penalizzato i consumi e le dinamiche del terziario commerciale e di quello turistico. È invece proseguita, seppur con un ritmo più lento, la crescita del traffico delle merci transitate per il sistema portuale regionale.

La difficile congiuntura si è riflessa in un marcato peggioramento dei principali indicatori del mercato del lavoro regionale nonostante il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali.

Nel 2012 il numero degli occupati si è ridotto, raggiungendo il valore più basso dall'inizio della crisi, e il tasso di disoccupazione è salito dal 5,2 al 6,8 per cento; tale dinamica ha interessato i principali settori di specializzazione dell'economia regionale ed è risultata più intensa per i giovani anche in connessione alla diminuzione dei flussi di assunzioni. Gli ingressi in mobilità e gli interventi autorizzati di Cassa integrazione guadagni hanno raggiunto livelli storicamente elevati.

Nei dodici mesi terminanti alla fine 2012 i prestiti bancari a imprese e famiglie residenti in Friuli Venezia Giulia sono calati dell'1,6 per cento. La flessione ha interessato principalmente le imprese (-2,3 per cento), in particolare quelle di piccole dimensioni, e nell'ultimo trimestre dell'anno si è estesa anche alle famiglie consumatrici (-0,4 per cento).

Malgrado l'aumento delle richieste connesse alla ristrutturazione del debito, la domanda di prestiti delle imprese è diminuita soprattutto a causa della ridotta attività di accumulazione. Il calo si è esteso a tutti i principali settori dell'economia ed è stato più intenso per la manifattura. Si è arrestata la crescita dei prestiti alle famiglie consumatrici per l'acquisto di abitazioni: i nuovi mutui si sono dimezzati rispetto all'anno precedente. Nell'ultimo trimestre del 2012 il credito al consumo ha invece ripreso ad aumentare.

Dal lato dell'offerta le condizioni del credito restano tese riflettendo l'attuale fase ciclica. Gli ingressi in sofferenza dei crediti concessi alle imprese sono aumentati dal 2,3 al 2,5 per cento, valore storicamente elevato; la rischiosità delle costruzioni è cresciuta di oltre un punto percentuale al 5,2 per cento. La quota dei finanziamenti che hanno già manifestato segnali di temporanea difficoltà di rimborso - esposizioni scadute, incagliate e ristrutturate - è aumentata di due punti percentuali raggiungendo il 7,2 per cento. La qualità del credito delle famiglie consumatrici è rimasta elevata nonostante il lieve aumento dell'incidenza delle partite anomale.

Nel 2012 i depositi bancari detenuti dalle famiglie consumatrici hanno continuato a crescere sospinti dall'incremento delle componenti più remunerative; si è arrestato inoltre il calo dei conti correnti avviatosi a metà del 2011. Tra i titoli in deposito delle famiglie il valore a prezzi di mercato delle obbligazioni di emissione bancaria è aumentato del 3,5 per cento, dopo aver ristagnato nei dodici mesi precedenti.

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