N. 2 - L'economia del PiemonteRapporto annuale

Nel 2010 il PIL del Piemonte, in base alle stime disponibili, è aumentato dell'1,3 per cento, recuperando solo in parte il calo complessivo del 7,6 per cento registrato nel biennio precedente, secondo i dati Istat. Anche la ripresa delle esportazioni e del fatturato industriale è risultata inferiore alla caduta nel periodo della crisi.

Nell'industria l'espansione dell'attività è stata trainata soprattutto dall'aumento delle esportazioni, che è stato tuttavia inferiore a quello del commercio mondiale. Nostre analisi mostrano che il trend di crescita di lungo periodo delle esportazioni piemontesi presenta, come a livello nazionale, un differenziale negativo rispetto alla domanda internazionale, che si sarebbe ampliato dalla seconda metà del 2009. Il divario riflette i limiti di carattere strutturale delle esportazioni regionali, fra cui una bassa specializzazione nei settori a più alta tecnologia, una scarsa presenza nei mercati emergenti e la perdita di competitività accumulata dall'inizio del decennio.
Alla ripresa della produzione industriale ha contribuito anche il processo di ricostituzione delle scorte, che erano scese nel 2009 su livelli storicamente bassi. Dopo due anni di calo, il fatturato delle imprese è tornato a crescere, pur rimanendo su livelli inferiori a quelli precedenti la recessione, e la redditività aziendale è migliorata. L'attività di investimento, tuttavia, è rimasta debole, frenata dagli ampi margini di capacità produttiva ancora inutilizzati e dall'incertezza sull'evoluzione della congiuntura.
Nel settore delle costruzioni l'attività economica si è ulteriormente ridotta, a causa della perdurante debolezza della domanda pubblica e privata. Nel mercato immobiliare il numero di transazioni ha fatto registrare una modesta ripresa, mantenendosi però largamente al di sotto dei livelli massimi raggiunti nel 2006. Vi si è associata una dinamica dei prezzi di vendita lievemente positiva.
Nei servizi il valore aggiunto, in base alle stime disponibili, è tornato a crescere a ritmi contenuti. Il commercio ha risentito della perdurante debolezza della spesa per consumi delle famiglie, frenata dalla situazione negativa nel mercato del lavoro e dalla debole dinamica del reddito disponibile. Il trasporto delle merci è aumentato, riflettendo la ripresa dell'attività produttiva. Anche il flusso di passeggeri negli aeroporti della regione è cresciuto. Il movimento turistico si è ulteriormente ampliato. Nostre analisi indicano che tra il 2001 e il 2008 la quota del Piemonte sugli introiti turistici mondiali, pur modesta, ha avuto un andamento migliore della media nazionale e che nell'intero decennio la domanda di servizi turistici, sia estera sia domestica, è significativamente cresciuta, in presenza di un'offerta ricettiva aumentata più che proporzionalmente e in miglioramento dal punto di vista qualitativo.

Nel mercato del lavoro nella media del 2010 gli occupati e il tasso di occupazione sono ulteriormente calati; l'incidenza della disoccupazione è salita al 7,6 per cento, il valore più elevato tra le regioni del Nord. Il miglioramento della congiuntura si è riflesso, tuttavia, in un rallentamento del ricorso alla CIG e in una modesta ripresa delle assunzioni, dovuta esclusivamente ai contratti a termine; dall'ultimo trimestre dell'anno sono emersi segnali di lieve recupero dei livelli occupazionali. Nostre analisi mostrano che la crisi ha colpito soprattutto i giovani, per i quali l'occupazione ha continuato a calare in misura intensa; l'incidenza di quelli che non hanno un'occupazione né stanno svolgendo un'attività di studio o formazione è salita significativamente. Il tasso di occupazione femminile, bruscamente calato nel 2009, è rimasto pressoché invariato lo scorso anno. Un nostro approfondimento sulla partecipazione delle donne al mercato del lavoro mostra che tra il 2004 e il 2010 il divario di genere nei tassi di occupazione si è ridotto, sebbene il valore di tale indicatore per le donne rimanga molto distante dagli obiettivi europei. Con la crisi è aumentato anche il numero dei nuclei famigliari in cui nessun componente lavora.
In base alle previsioni formulate dalle imprese nei mesi di marzo e di aprile, la domanda dovrebbe continuare a crescere nell'anno in corso, anche se a ritmi inferiori a quelli del 2010. Rimane elevata, tuttavia, l'incertezza degli operatori sulla solidità della fase espansiva in atto, con riflessi negativi sugli investimenti programmati per l'anno in corso, che rimarrebbero deboli.

La capacità competitiva del Piemonte dipende da molti fattori, tra i quali la specializzazione produttiva e l'intensità dell'attività innovativa. Un'analisi comparata con un gruppo di regioni europee simili per condizioni socio-economiche di partenza ha evidenziato la perdurante presenza di significativi ritardi del Piemonte nella dotazione di capitale umano, nella diffusione delle attività di formazione e nella produzione di innovazioni. Nel periodo 2000-07 l'andamento economico della regione è stato sensibilmente peggiore di quello del gruppo europeo di confronto, soprattutto a causa della dinamica negativa della produttività media del lavoro. Anche durante il biennio successivo il Piemonte ha fatto registrare performance peggiori in termini di valore aggiunto e di esportazioni.
La recessione del biennio 2008-09 avrebbe accelerato l'adozione di strategie innovative da parte delle imprese piemontesi. In base alle indagini della Banca d'Italia, poco meno del 40 per cento delle aziende manifatturiere della regione ha tratto impulso dalla crisi per l'introduzione di innovazioni nei processi produttivi, nella gamma di prodotti offerti o nei sistemi organizzativi e gestionali; solo una quota residuale e inferiore alla media nazionale, invece, ha rallentato l'attività innovativa a causa della congiuntura negativa.

Nel mercato del credito lo scorso anno è terminata la fase di rallentamento dei prestiti iniziata nell'estate del 2008. I mutui per l'acquisto di abitazioni delle famiglie hanno lievemente accelerato, favoriti da tassi di interesse storicamente bassi. La dinamica del credito alle imprese, calato in misura significativa nel 2009, è progressivamente migliorata nel corso dell'anno, ritornando positiva nei primi mesi del 2011. In base alle indagini della Banca d'Italia, l'andamento del credito alle famiglie e alle imprese è riconducibile soprattutto a fattori di domanda, mentre l'o¬rien¬ta¬mento dell'offerta rimane improntato alla cautela, in particolare nei rapporti con le imprese.
Nostre analisi su un campione di circa 13 mila aziende piemontesi mostrano come nel periodo 2008-2010 l'andamento dei prestiti al settore produttivo sia stato correlato con la rischiosità delle imprese, risultando peggiore per quelle contraddistinte da una minore redditività e da un leverage più elevato. Anche le caratteristiche dei rapporti banca-impresa instaurati prima della crisi hanno influenzato la capacità delle imprese di mantenere i finanziamenti già contratti o di ottenerne di nuovi: la riduzione del credito ha riguardato le aziende che avevano frazionato il proprio indebitamento presso una pluralità di banche, mentre quelle affidate da una sola banca hanno incontrato minori difficoltà a finanziarsi.
La qualità del credito, sensibilmente deterioratasi nel 2009, ha mostrato lo scorso anno alcuni segnali di miglioramento, ma rimane nettamente peggiore del biennio precedente la crisi. Nostre analisi mostrano che la mobilità della qualità del credito, che è una misura del grado d'incertezza fronteggiato dalle banche, è aumentata nel periodo della crisi, mantenendosi comunque su livelli più bassi della media nazionale.
Si è indebolita nel 2010 la dinamica della raccolta bancaria presso famiglie e imprese, sia nella componente dei depositi bancari, calati lievemente rispetto al 2009, sia in quella delle obbligazioni, in sensibile rallentamento. Rispetto al 2009 la composizione dei titoli detenuti dalle famiglie non è mutata in misura significativa: la quota prevalente era costituita lo scorso anno da obbligazioni bancarie, quote di OICR e titoli di Stato italiani.

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