N. 54 - L'economia delle MarcheRapporto annuale

La ripresa dell'economia marchigiana, avviatasi nella seconda metà del 2009 e proseguita nei primi mesi del 2010, appare ancora debole e incerta, circoscritta ad alcune imprese eccellenti, diffuse tra i settori e solidamente radicate nei mercati internazionali anche grazie alle trasformazioni strategiche intraprese nell'ultimo decennio. Vi si accompagna un moderato ottimismo sull'evoluzione nella restante parte del 2010, alimentato dai segnali di ripresa dell'economia mondiale e dall'esaurimento della fase di decumulo delle scorte, anche se è diffuso il timore per le prospettive del mercato del lavoro. Nel complesso, la flebile ripresa in atto appare chiaramente insufficiente a compensare la caduta dell'attività avvenuta nel corso della fase recessiva, particolarmente intensa tra l'ultimo trimestre del 2008 e il primo del 2009. Secondo le valutazioni di Prometeia e della Svimez, nel 2009 il PIL regionale è diminuito di quasi il 6 per cento a valori costanti, più della media italiana.

Nelle Marche l'impatto della recessione è stato più marcato nel confronto con l'Italia per effetto di alcune caratteristiche strutturali della sua economia, quali l'elevata propensione alle esportazioni, il maggior peso dell'industria e la specializzazione nel comparto della moda e dei beni di consumo a uso durevole, il cui acquisto può essere più facilmente rinviato dalle famiglie nei periodi di crisi. Tra l'autunno del 2008 e la fine del 2009 le esportazioni regionali si sono contratte di circa un terzo, il doppio nel confronto con il complesso del Paese. Anche per la perdurante debolezza della domanda interna, il fatturato delle imprese industriali marchigiane si è così fortemente ridotto (di oltre il 15 per cento nel 2009, secondo l'indagine condotta dalla Banca d'Italia); tra i principali comparti manifatturieri regionali, la flessione è stata rilevante per le calzature e i mobili, ancora più intensa per la meccanica. È cresciuta la quota di aziende soggette a procedure concorsuali o che hanno cessato l'attività. Sono risultate meno esposte alla crisi le imprese che negli anni precedenti avevano avviato processi di ristrutturazione.

Gli investimenti sono drasticamente calati. Quelli delle imprese in macchinari e impianti sono stati frenati dagli ampi margini di capacità produttiva inutilizzati e dalle incerte prospettive sull'evoluzione dell'attività economica. Quelli delle famiglie in abitazioni, che provenivano da una lunga fase di crescita, hanno risentito delle difficoltà nel mercato del lavoro e del deterioramento del clima di fiducia; sono così diminuiti gli scambi immobiliari e la produzione dell'edilizia.

Nel 2009 gli effetti della crisi si sono estesi al comparto dei servizi, seppure meno intensamente rispetto all'industria. Le famiglie hanno contenuto la spesa per l'acquisto di beni di consumo a uso durevole, mentre il turismo è stato sostenuto dalle presenze degli italiani, che hanno più che compensato il calo degli stranieri.

L'occupazione è diminuita, soprattutto nel commercio e nell'industria, tra i giovani e tra i lavoratori con un basso livello di istruzione. Il tasso di disoccupazione medio si è portato nel 2009 al 6,6 per cento, dal 4,7 del 2008, rimanendo però ancora inferiore di oltre un punto percentuale a quello nazionale. L'impatto della recessione sul mercato del lavoro è stato sinora attutito dal massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali; a quelli previsti dalla vigente normativa si sono aggiunti quelli in deroga, il cui utilizzo è stato ampio nelle Marche, dove sono assai diffuse le piccole e medie imprese, in molti casi non coperte dal tradizionale sistema delle tutele.

Nel corso del 2009 è proseguito il rallentamento del credito bancario, che è poi risultato stazionario alla fine dell'anno. Alla lieve crescita dei prestiti alle famiglie si è contrapposta la flessione di quelli alle imprese, specialmente dell'industria. Vi hanno inciso fattori sia di domanda, sia di offerta. In un contesto di stagnazione del processo di accumulazione e di modesta attività produttiva, la domanda di credito si è nel complesso indebolita; le richieste di finanziamento, finalizzate in larga parte a ristrutturare debiti in scadenza, sono venute soprattutto dalle imprese che versano in condizioni economiche e finanziarie meno solide. Nei loro confronti le banche hanno adottato condizioni di offerta più rigide, anche per la rafforzata propensione, nel corso della recessione, ad ancorare il merito di credito a indicatori oggettivi, risultanti dai bilanci. Le restrizioni di offerta si sarebbero comunque generalmente attenuate tra gli ultimi mesi del 2009 e la prima parte del 2010, come documentato dalle indagini svolte sia sulle banche, sia presso le imprese. L'andamento del credito è stato differenziato anche tra categorie di intermediari: nel confronto con quelli appartenenti ai primi cinque gruppi bancari italiani, è risultata superiore la dinamica del credito concesso dalle banche piccole e medie, spesso aventi sede legale in regione. L'operatività dei confidi è stata intensa e ha favorito l'accesso al credito delle aziende minori.

Riflettendo l'orientamento espansivo della politica monetaria, i tassi di interesse sono scesi, ma si è ampliata la loro dispersione: sono aumentati, in particolare, gli spread applicati sui finanziamenti alle imprese più indebitate, considerati maggiormente rischiosi.

Sin dall'insorgere della crisi, la rischiosità dei prestiti alle imprese marchigiane, misurata dal tasso di ingresso in sofferenza, è rapidamente salita, mantenendosi sempre al di sopra della media nazionale, nonostante una flessione dell'ultimo trimestre del 2009.

La contrazione del reddito disponibile delle famiglie ha ostacolato l'accumulazione del risparmio finanziario. La raccolta bancaria è rimasta invariata: l'incremento delle obbligazioni ha controbilanciato il calo dei depositi. Il valore dei titoli detenuti in custodia presso il sistema bancario è sceso, associandosi a una ricomposizione interna dai titoli di Stato in favore delle quote dei fondi comuni di investimento, delle obbligazioni non bancarie e delle azioni.

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