L'Archivio Storico della Banca nell'epoca della sua riproducibilità tecnica: nasce l'Aura, la sala studio virtuale

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15 febbraio 2021

L'Archivio Storico della Banca è diventato (anche) virtuale. Come? È semplice: la scorsa estate è nata "l'Aura", una sala studio ubiqua tramite la quale chiunque, da qualsiasi parte del mondo, può accedere all'applicazione dell'Archivio storico (Asbi-Web) e consultare le immagini digitali (e le relative schede archivistiche) che riproducono una parte importante del patrimonio storico e documentale della Banca d'Italia.

Alcuni studiosi già hanno avuto modo di apprezzarne l'utilità. È sufficiente, una volta completate le procedure per l'identificazione, e dopo l'installazione di un'App sul proprio smartphone, accedere ad Asbi-Web utilizzando un semplice computer. Ciò consente agli utenti di consultare l'ampia porzione di carte digitalizzate, circa 25 milioni di pagine, anche senza recarsi di persona nella sala di via Nazionale (nella quale, ad ogni modo, appena possibile, continueremo ad accoglierli "in presenza").

La riproduzione di documenti storici, un tempo disponibili solo in originale, è da decenni un'attività strategica per l'Archivio Storico. L'innovazione, ora introdotta sull'onda dell'emergenza COVID 19, mette in campo un elemento nuovo che porta alle estreme conseguenze la riproducibilità tecnica dei documenti. Sinora avevamo dato le ali ai documenti, ma gli avevamo impedito di volare.

Per comprendere appieno la portata di questa innovazione è importante coglierne le implicazioni culturali.

Il concetto di "riproducibilità tecnica" richiama alla mente il libro del filosofo tedesco Walter Benjamin, che lo indaga in relazione all'opera d'arte (L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica). Il libro uscì in prima edizione nel 1936 e fu poi ampiamente riveduto e ripubblicato ben due volte nei tre anni successivi. È un libro geniale se si considera che, in un momento storico in cui la tecnologia per la riproduzione era ancora agli albori, riesce a cogliere in profondità alcuni temi oggi fondamentali.

La possibilità di fotografare un'opera o di riprenderla con una cinepresa, osservava Benjamin, elimina quell'aura che circonda l'opera d'arte, della quale osserviamo il pezzo unico, nella sua materialità irripetibile alla quale possiamo accostarci solo trasferendoci fisicamente nei locali in cui l'opera è conservata. Scriveva Benjamin che "anche alla più perfetta riproduzione di un'opera d'arte fa sempre difetto un fattore: il suo hic et nunc, la sua esistenza unica nel luogo in cui essa si trova".

Si perde qualcosa quindi con la riproduzione tecnica dell'opera d'arte: la sua fisicità che le conferisce unicità, autenticità e originalità, che la dota di autorità, che esalta il suo essere palpabile testimonianza storica. In fondo accade qualcosa di simile con i documenti custoditi in un archivio storico. Come osservava l'antropologo francese Claude Lévi-Strauss, ne Il pensiero selvaggio: "Il merito degli archivi è di metterci in contatto con la pura storicità […] il loro valore non dipende dal significato intrinseco degli avvenimenti ricordati: questi possono essere insignificanti o anche del tutto nulli se si tratta di un autografo di qualche riga o di una firma senza contesto. Però che valore acquista la firma di Giovanni Sebastiano Bach per chi non può ascoltare tre battute sue senza sentirsi battere il cuore!".

Lévi-Strauss ci parla di qualcosa di molto simile all'aura sulla quale Benjamin attrae la nostra attenzione. Vi è un di più rispetto alle informazioni veicolate dai documenti; un di più che dà concretezza materiale al senso della storia. Certo, potremmo dire che l'aura non è essenziale per conoscere la storia, per ricostruire eventi e interpretarne la trama. Che dire quindi? Cosa accade quando la fruizione di un documento del passato avviene per il tramite di una mediazione digitale? Si perde l'aura, direbbe Benjamin, ma aggiungerebbe che si acquista qualcosa di nuovo: la sua maggiore diffusione, la possibilità di passare dal qui e ora al dovunque e sempre, l'opportunità di rendere più democratico l'accesso ai beni culturali, renderne più efficace l'uso.

Si perde l'aura, quindi, con la nuova sala studio. Ma abbiamo deciso di preservarla nel nome: la chiameremo l'Aura.

È istruttivo paragonare la riproducibilità tecnica dell'opera d'arte a quella delle carte conservate negli archivi storici. Pensiamo a un commento scritto da Paolo Baffi, di suo pugno, a margine di una lettera in uno scambio con Giorgio Mortara o con Federico Caffè; oppure alla firma angolosa di Mussolini in una perentoria comunicazione a Bonaldo Stringher: con la digitalizzazione si perde la patina del tempo, certo, trasformando in bits questo complesso inestricabile di cellulosa, inchiostri, polvere e odori sul quale sappiamo quei personaggi poggiarono il proprio polso ed i propri polpastrelli. La digitalizzazione estrae il contenuto informativo del documento, ne costituisce il distillato. Ed è il cambiamento ancor più radicale che ci aspetta in futuro, sul quale non abbiamo margine di scelta: mentre gli originali cartacei dei vecchi documenti ora digitalizzati rimangono comunque a disposizione, nell'eventualità li si voglia consultare o esporre in una mostra, i documenti originali digitali che produciamo oggi sono distillati informativi già dalla nascita, non saranno mai il supporto su cui poggiarono polsi e polpastrelli di chi li ha prodotti. Sono nati senza aura. Hanno però un grande vantaggio: quello di poter essere diffusi, di poter spargere la conoscenza che incorporano.

È ora che i documenti storici digitali spicchino il volo. In un momento difficile come quello che stiamo attraversando, nel quale i luoghi di ricerca come gli archivi e le biblioteche sono di difficile accesso, la decisione di inaugurare la sala studio virtuale per l'Archivio Storico ci pare un contributo importante per la vitalità di un importante bene culturale, anche in prospettiva futura. Come spesso accade, dagli eventi drammatici può nascere un seme di ottimismo, una prospettiva di progresso, che certo non cancella la durezza del contesto dal quale trae origine.