N. 964 - Diversificazione delle riserve valutarie e il “privilegio esorbitante"

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di Pietro Cova, Patrizio Pagano e Massimiliano Pisaniluglio 2014

Dopo una breve pausa nel 2008, l’accumulo di riserve valutarie è ricominciato e, alla fine del 2012, l’ammontare detenuto globalmente era superiore di oltre cinque volte a quello medio del decennio precedente. La denominazione di tali riserve è prevalentemente in dollari, con una quota minore in euro. Il ruolo del dollaro quale principale valuta di riserva internazionale consente all’economia americana di beneficiare di minori tassi di interesse sui prestiti rispetto a quelli di altri paesi (il cosiddetto “privilegio esorbitante”).

In questo lavoro si valutano gli effetti macroeconomici globali di una modifica della composizione per valuta delle riserve in un sistema monetario internazionale bipolare, in cui non solo il dollaro, ma anche l’euro svolge il ruolo di moneta di riserva internazionale. L’analisi si fonda su un modello dinamico di equilibrio economico generale a cinque paesi, calibrato per l’area dell’euro (AE), gli Stati Uniti (USA), la Cina, il Giappone e il resto del mondo (RM).

Un aumento della domanda di euro come valuta di riserva consentirebbe all’AE di beneficiare di parte del “privilegio esorbitante” finora goduto dagli USA: il tasso d’interesse sulle attività denominate in euro si ridurrebbe, facendo quindi aumentare la domanda aggregata nell’AE.

In particolare, una riduzione del 10 per cento della domanda di riserve ufficiali in dollari da parte di Cina, Giappone e RM più che compensata da un aumento delle riserve ufficiali in euro (così che il totale delle riserve aumenti del 10 per cento), innalzerebbe in modo permanente il consumo dell’AE di circa l’1 per cento l’anno rispetto alla baseline e ridurrebbe quello degli USA di 0,3 punti percentuali.

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