N. 952 - Cheating nelle scuole e il capitale sociale

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di Marco Paccagnella e Paolo Sestitofebbraio 2014

I test Invalsi hanno lo scopo di rilevare le competenze degli studenti ma non influiscono sulla carriera scolastica degli alunni (con la parziale eccezione di quelli inseriti all’interno dell’esame conclusivo del I ciclo d’istruzione), sui singoli docenti o sulle singole scuole. Benché l’Invalsi non diffonda pubblicamente i risultati di tali prove, proprio per rimarcare tali caratteristiche, vi è però diffusa evidenza della presenza di comportamenti opportunistici (cheating) durante il loro svolgimento.

Il lavoro argomenta che tali comportamenti siano da ricollegare alla presenza di bassi livelli di fiducia nei confronti delle autorità scolastiche nazionali, oltre che, più in generale, a una bassa propensione al rispetto delle norme: la stima dell’incidenza di tali comportamenti - operata dall’Invalsi su base statistica - può essere quindi adoperata come una misura del capitale sociale del territorio dove la scuola ha sede.

Rispetto alle misure di capitale sociale tradizionalmente utilizzate in letteratura, l’indicatore qui proposto ha diversi vantaggi. Innanzitutto, misura comportamenti effettivi, piuttosto che generiche attitudini. In secondo luogo, è disponibile a un’elevata frequenza temporale (annuale) e con un dettaglio geografico estremamente fine (le singole classi scolastiche di più gradi scolastici).

Al fine di validare la misura di capitale sociale derivante dal cheating nei test, il lavoro mostra come essa sia negativamente associata con un vasto insieme di proxies del capitale sociale comunemente usate, come la partecipazione elettorale (alle elezioni politiche e ai referendum), il grado di fiducia rilevato da indagini campionarie, le donazioni di sangue.

Il capitale sociale è però un concetto che non assume necessariamente una valenza positiva. L’intensità o la forza dei legami fra i membri di una comunità può assumere un connotato negativo, laddove tali legami portino alla costituzione di gruppi sociali coesi ma anche molto chiusi e in cui la cooperazione interna al gruppo opera a discapito del benessere della società nel suo assieme. Coerentemente con questa interpretazione, il lavoro mostra che le misure di cheating sono correlate negativamente solo a misure di valori sociali universalistici.

Il lavoro documenta anche diverse regolarità empiriche del cheating in quanto tale. Esso è più diffuso in classi con una composizione degli alunni più omogenea, in termini di caratteristiche socioeconomiche. L’effetto di riduzione garantito dal controllo esterno (la presenza di un osservatore esterno) è più marcato nelle aree a più basso capitale sociale. Il cheating è infine più elevato in presenza di docenti di provenienza “locale” e, nelle scuole primarie, nelle classi più piccole.

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