N. 949 - Disastri naturali, crescita e istituzioni: l’evidenza empirica di due terremoti

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di Guglielmo Barone e Sauro Mocettigennaio 2014

Il lavoro esamina gli effetti del terremoto del Friuli (1976) e di quello dell’Irpinia (1980) sul PIL pro capite delle aree colpite. Queste, per ragioni di disponibilità dei dati, sono approssimate con la regione Friuli-Venezia Giulia nel primo caso e con l’insieme di Campania e Basilicata nel secondo.

Dal punto di vista economico, un terremoto distrugge lo stock di capitale fisico e diminuisce quindi il prodotto. Nel breve termine l’ingente flusso di fondi legato all’emergenza e alla ricostruzione – non finanziato con imposte locali – può tuttavia attutire l’impatto negativo del sisma. Nel lungo termine, l’elevato ammontare di spesa pubblica può modificare la produttività totale dei fattori dell’economia locale: i fondi possono contribuire al miglioramento delle infrastrutture ma possono anche generare corruzione e, più in generale, un deterioramento della qualità delle istituzioni locali. Complessivamente, è pertanto possibile avere effetti di medio-lungo periodo sia positivi sia negativi.

Nel lavoro, per ciascuno dei due eventi e attraverso un metodo statistico-econometrico, si confronta il PIL pro capite dell’area colpita con quello di una combinazione di un gruppo di regioni, tendenzialmente appartenenti alla stessa macro-area, non colpite dal sisma. Tale unità di controllo è scelta in modo tale da replicare la dinamica del PIL pro capite dell’area colpita prima del sisma. L’effetto è stimato quindi come differenza dopo il terremoto tra il PIL pro capite nell’area colpita e quello dell’unità di controllo.

I risultati indicano che, in entrambi i casi, negli anni immediatamente successivi al sisma l’andamento del PIL pro capite non si è discostato significativamente da quello del gruppo di controllo, grazie soprattutto all’effetto espansivo della spesa pubblica. Nel lungo termine, al contrario, gli effetti sono stati opposti: dopo 20 anni il PIL pro capite del Friuli-Venezia Giulia superava del 23 per cento quello del gruppo di controllo; in Irpinia era inferiore del 12 per cento. Tali risultati sono qualitativamente confermati anche modificando alcune scelte empiriche fatte nella specificazione del modello.

Ulteriori elaborazioni mostrano che l’effetto negativo per l’Irpinia ha riflesso la minore crescita della produttività totale dei fattori. Nel caso del Friuli il risultato è speculare. Gli effetti opposti nelle due aree possono verosimilmente dipendere anche dalle diverse condizioni iniziali prima del terremoto in termini di qualità delle istituzioni: inferiore alla media nazionale in Irpinia, superiore in Friuli.

In corso di pubblicazione in: Journal of Urban Economics

Testo della pubblicazione