N. 742 - La scelta tra subfornitura e integrazione verticale nel paese di origine o all’estero

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di Stefano Federicomarzo 2010

Il lavoro utilizza i dati relativi a un campione di imprese manifatturiere italiane tratti dall’indagine Mediocredito-Capitalia per analizzare le determinanti della forma organizzativa e della localizzazione della produzione di input intermedi.

Le imprese possono procurarsi gli input necessari alla propria attività sia producendoli al loro interno (integrazione verticale) sia rivolgendosi a subfornitori indipendenti (outsourcing). In un’economia aperta le imprese, oltre a scegliere come produrre un certo input, possono decidere anche dove produrlo, ovvero se localizzare la produzione nel paese di origine oppure all’estero. La combinazione di queste due scelte (forma organizzativa e localizzazione) genera quattro possibili modalità di produzione di un input: all’interno dell’impresa (o del gruppo) nel paese di origine, presso un subfornitore nazionale, presso una controllata estera (mediante un investimento diretto all’estero) o infine presso un subfornitore estero.

Per analizzare tali scelte, sono stati elaborati di recente alcuni modelli che combinano gli approcci di organizzazione industriale e di economia internazionale. Le verifiche empiriche delle previsioni generate dalla letteratura teorica sono state tuttavia poche, e perlopiù basate su dati aggregati a livello di settore.

In linea con la letteratura teorica, il lavoro considera soltanto gli input prodotti secondo le specifiche del committente, escludendo pertanto gli acquisti di beni standardizzati o materie prime. I principali risultati del lavoro sono i seguenti.

In primo luogo, si riscontra una relazione tra la produttività di impresa e le modalità di produzione degli input, in larga parte coerente con le ipotesi solitamente formulate nella letteratura. Le imprese più produttive si rivolgono a controllate estere, mentre quelle con produttività medio-alta scelgono l’integrazione verticale nel paese di origine. Tra le imprese con produttività medio-bassa, quelle che acquistano input da subfornitori esteri sono più produttive di quelle che utilizzano subfornitori nazionali.

In secondo luogo, il ricorso all’integrazione verticale è più frequente nei settori a maggiore intensità di capitale. Ciò fornisce supporto ai modelli teorici secondo cui il controllo sulla produzione degli input debba essere esercitato dall’impresa committente qualora essa contribuisca in misura rilevante, apportando capitale, al prodotto finale.

Nel complesso, i risultati comportano alcune implicazioni sulle modalità di internazionalizzazione operate dalle imprese italiane. In relazione alla ridotta dimensione di impresa e alla maggiore rilevanza di produzioni tradizionali a bassa intensità di capitale rispetto ad altre economie avanzate, le imprese manifatturiere italiane dovrebbero infatti mostrare una minore propensione a effettuare investimenti diretti all’estero, in favore invece di modalità più leggere e meno costose quali il ricorso a subfornitori esteri.

Pubblicato nel 2012 in: Industrial and Corporate Change, v. 21, 6, pp. 1337-1358