N. 386 - Revisiting the Case for a Populist Central Banker

Go to the english version Cerca nel sito

di Francesco Lippiottobre 2000

Negli ultimi quindici anni si è affermata nella teoria economica la tesi che sia ottimo delegare la politica monetaria a un banchiere centrale fortemente avverso all’inflazione, convenzionalmente chiamato “conservatore”. Una strategia che assegni alla banca centrale il perseguimento di altri obiettivi, quali elevata crescita o piena occupazione, risulta non solo vana, ma anche controproducente.

Alcuni contributi recenti mettono in dubbio questa tesi, suggerendo che sarebbe ottimo se il banchiere centrale non avesse un obiettivo d’inflazione ma solo un obiettivo reale, per esempio di piena occupazione (convenzionalmente chiamato: populist central banker). In questo assetto istituzionale, ciascun agente, nel fissare i propri prezzi, terrebbe conto del fatto che valori incompatibili con la piena occupazione condurrebbero la banca centrale a politiche espansive e, in ultima istanza, a un’inflazione “illimitata” (non frenata in nessun modo dalla banca centrale). Quest’ultima “minaccia” porterebbe gli agenti a comportamenti virtuosi.

Nel lavoro si mostra, con un modello teorico, come questo risultato, recentemente presentato in letteratura come valido sotto condizioni piuttosto generali, sia tale solo nel caso particolare in cui gli agenti che fissano i prezzi siano pochi. Nel caso più generale in cui siano molti, il meccanismo del banchiere centrale “populista” non garantisce il contenimento dell’inflazione, che tende a crescere con il numero di agenti che contrattano i salari in modo indipendente. Nel caso limite di mercato del lavoro con contrattazione individuale, il banchiere “populista” genera un’inflazione infinita.

In sintesi, l’individuazione di un semplice errore logico nei contributi precedenti porta a riaffermare la visione convenzionale che vuole le banche centrali ottimamente impegnate nell’assegnare un’elevata importanza al controllo della dinamica dei prezzi.

Pubblicato nel 2002 in: European Economic Review, v. 46, 3, pp. 601-612

Testo della pubblicazione