La ricchezza delle famiglie italiane nell'anno 2009Supplementi al Bollettino Statistico - Indicatori monetari e finanziari

  • Alla fine del 2009 la ricchezza lorda delle famiglie italiane è stimabile in circa 9.448 miliardi di euro, quella netta a 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro in media per famiglia. Le attività reali rappresentavano il 62,3 per cento della ricchezza lorda, le attività finanziarie il 37,7 per cento. Le passività finanziarie, pari a 860 miliardi di euro, rappresentavano il 9,1 per cento delle attività complessive.
  • La ricchezza netta complessiva è aumentata tra la fine del 2008 e la fine del 2009 di circa l’1,1 per cento, per effetto di un aumento del valore delle attività finanziarie (2,4 per cento) superiore a quello delle passività (1,6 per cento); le attività reali hanno registrato un rialzo più lieve (0,4 per cento). A prezzi postanti, usando come deflatore quello dei consumi, l’aumento della ricchezza complessiva è stato dell’1,3 per cento.
  • Alla fine del 2009 la ricchezza in abitazioni detenuta dalle famiglie italiane poteva essere stimata in circa 4.800 miliardi di euro. In termini reali la ricchezza in abitazioni è aumentata rispetto alla fine del 2008 dello 0,4 per cento.
  • Secondo stime preliminari, nel primo semestre 2010 la ricchezza netta delle famiglie sarebbe diminuita dello 0,3 per cento in termini nominali, in seguito a una diminuzione delle attività finanziarie e a un aumento delle passività, che hanno più che compensato la crescita delle attività reali.
  • Secondo studi recenti, la quota di ricchezza netta mondiale posseduta dalle famiglie italiane sarebbe pari al 5,7 per cento, superiore alla quota italiana del PIL e della popolazione del mondo (rispettivamente pari a circa il 3 e l’1 per cento).
  • Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano relativamente poco indebitate; l’ammontare dei debiti è pari al 78 per cento del reddito disponibile lordo (in Germania e in Francia esso è circa del 100 per cento, mentre negli Stati Uniti e in Giappone è del 130 per cento).

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