N. 20 - L'economia della SardegnaRapporto annuale

Il quadro pre-crisi Covid-19

La pandemia di Covid-19, innescatasi nei primi mesi dell'anno in corso, ha colpito l'economia regionale in un contesto di decelerazione: secondo le prime stime disponibili nel 2019 il PIL regionale è aumentato dello 0,2 per cento, con intensità nettamente minore rispetto all'anno precedente (tav. a1.1), risentendo di un rallentamento dei consumi e degli investimenti nell'industria; anche la domanda estera si è indebolita.

Il valore aggiunto dell'attività industriale è rimasto stabile (dopo la leggera flessione dell'anno precedente); i fatturati sono diminuiti nei comparti della chimica e petrolifero, mentre quello alimentare ha registrato un'espansione del volume d'affari beneficiando di una maggiore domanda estera. Nell'edilizia gli indicatori disponibili hanno delineato un complessivo rafforzamento dell'attività produttiva; nel terziario la fase espansiva del 2018 si è attenuata, soprattutto nel commercio e nel turismo. La redditività e la liquidità si sono mantenute su livelli elevati, contenendo la domanda di credito delle imprese. I prestiti bancari al settore produttivo hanno continuato a diminuire, mentre è proseguita la crescita di quelli alle famiglie; si è continuato a rilevare un miglioramento della qualità del credito. Nel mercato del lavoro l'occupazione è cresciuta più modestamente rispetto al 2018, riflettendosi in una sostanziale stabilità dei redditi e in un aumento contenuto dei consumi delle famiglie.

La diffusione dell'epidemia di Covid-19

Dai primi mesi del 2020 il mondo affronta una delle più gravi epidemie a partire dal dopoguerra. L'Italia è stato il primo paese europeo in cui è stata accertata un'ampia diffusione del virus: dall'epicentro in Lombardia, il contagio si è inizialmente diffuso in alcune province di regioni limitrofe e poi gradualmente a tutti i territori.

In Sardegna, dopo i primi casi accertati all'inizio di marzo nella Città metropolitana di Cagliari, la diffusione del virus ha colpito con maggiore incidenza le zone settentrionali dell'isola. Il numero delle nuove infezioni ufficialmente registrate ha raggiunto il picco il 28 di marzo ed è diminuito lentamente in seguito. Il 22 maggio risultavano contagiati 1.356 individui con un'incidenza per 1.000 abitanti (0,82) pari a circa un quinto di quella media del Paese. La dinamica della mortalità ha seguito quella delle infezioni con un ritardo di pochi giorni. Nel complesso i decessi ufficiali attribuiti al Covid-19 sono stati pari a 127, con un tasso di letalità rilevata (9,4 per cento) più basso di circa 5 punti percentuali rispetto alla media nazionale (La minore mortalità potrebbe riflettere un'effettiva diversa letalità della malattia dovuta a caratteristiche preesistenti della popolazione, quali la composizione demografica o le condizioni di salute dei residenti). Secondo i dati dell'Inps, tra il 1 marzo e il 30 aprile le province di Sassari e del Sud Sardegna hanno fatto registrare una mortalità in eccesso compresa tra il 10 e il 20 per cento rispetto alla media dello stesso periodo misurata nei 5 anni precedenti.

Come avvenuto nei paesi più colpiti dalla pandemia, il Governo italiano ha adottato stringenti misure di distanziamento fisico e di limitazione della mobilità volte al contenimento del contagio. Tali misure hanno frenato la diffusione dell'infezione e ridotto considerevolmente il numero dei decessi. Gli interventi, che hanno inizialmente riguardato le zone in cui sono emersi i primi focolai, sono stati estesi a livello nazionale con le restrizioni alla mobilità dal 9 marzo e con la chiusura di tutte le attività considerate non essenziali dal 25 (DPCM del 22 marzo 2020); vi è stato poi un graduale allentamento del fermo produttivo dal 4 maggio. Per la Sardegna, inoltre, è stata decretata la chiusura dei porti e degli aeroporti a partire dal 14 marzo, salve esigenze specifiche per lavoratori e residenti espressamente autorizzate dall'Amministrazione regionale.

Il quadro macroeconomico

Per l'anno in corso si prevede un impatto rilevante della crisi pandemica sull'attività economica: vi incidono la chiusura parziale delle attività nei mesi di marzo e di aprile e la caduta della domanda soprattutto per alcuni comparti dei servizi. Stime recenti delle associazioni di categoria e di organismi di analisi regionali indicano che per l'anno in corso il PIL potrebbe diminuire di oltre il 10 per cento, un calo in linea con gli scenari previsivi per il Paese.

Le imprese

Con la sospensione delle attività non essenziali dell'industria e dei servizi le ripercussioni sull'attività economica sono state repentine e consistenti. Nostre stime indicano che il provvedimento avrebbe comportato il fermo temporaneo di attività produttive per quasi due quinti del valore aggiunto nell'industria manifatturiera e oltre il 20 per cento nei servizi; considerando anche gli effetti di filiera e il ricorso alla modalità di lavoro agile il dato si riduce per l'industria, a circa un terzo, e aumenta per i servizi al 22 per cento.

Nell'industria sono state le produzioni del comparto metallifero e quelle della filiera legata all'attività edilizia a registrare i tassi più elevati di sospensione delle attività. Nostre indagini indicano previsioni di una diffusa riduzione del fatturato nel primo semestre dell'anno per imprese del settore; anche per gli investimenti si attende una revisione al ribasso, sulla cui ampiezza incide l'elevata incertezza indotta dalla pandemia. Il fermo produttivo e il calo dei consumi a livello globale si sono riflessi solo parzialmente sulla dinamica delle vendite all'estero, aumentate nel primo trimestre dell'anno in corso grazie alle maggiori quantità esportate di prodotti petroliferi, a fronte di un calo che ha interessato la maggior parte degli altri settori.

Nel terziario, particolarmente colpito dal lato della domanda perché più interessato dalle misure di distanziamento fisico, l'incidenza delle sospensioni ha interessato in misura maggiore i comparti ricettivo, della ristorazione e dell'intrattenimento oltreché le attività del commercio non alimentare. Date le limitazioni alla mobilità e all'aggregazione sociale e le difficoltà logistiche nei trasporti, si prevedono ripercussioni notevoli per la filiera turistica, ormai all'inizio della stagione estiva.

Il sistema produttivo regionale si trova ad affrontare la crisi attuale in condizioni finanziarie migliori rispetto al passato: negli anni della ripresa il graduale ritorno su livelli di redditività soddisfacenti ne ha supportato la ricapitalizzazione. L'indebitamento è calato e vi è stata una ricomposizione delle passività a favore della componente a più lungo termine. I provvedimenti di blocco delle attività e il calo della domanda di questi mesi hanno tuttavia sottoposto le aziende a un elevato stress finanziario, accrescendone il fabbisogno di liquidità. Anche tenendo conto delle misure governative di moratoria e di accesso a nuovi prestiti, soprattutto per le PMI, le imprese sarde a rischio di illiquidità nei settori sottoposti a chiusura sarebbero state quasi un quarto, prevalentemente concentrate nei servizi.

Il mercato del lavoro e le famiglie

Le ripercussioni dell'emergenza sanitaria sul mercato del lavoro sono state significative, dopo il rallentamento delle dinamiche occupazionali già osservato nel 2019. Secondo nostre elaborazioni su dati Istat oltre un quarto degli occupati in regione è stato interessato dal blocco delle attività produttive non essenziali. L'INPS stima in 66.000 i lavoratori dipendenti in regione non coperti dai trattamenti ordinari di integrazione salariale, oggetto quindi di misure di CIG in deroga, e in circa 111.000 i sussidi erogati nei confronti dei lavoratori autonomi mediante il c.d. "bonus 600 euro".

Nel primo trimestre del 2020 l'occupazione è diminuita del 2,1 per cento in ragione d'anno. I dati sulle assunzioni evidenziano una significativa riduzione del numero delle posizioni lavorative dipendenti a partire da marzo, particolarmente pronunciata nella filiera turistica, nella quale le attivazioni avvengono in larga parte nei mesi primaverili e dove è più frequente il ricorso ai contratti a termine stagionali.

Le condizioni patrimoniali delle famiglie rimangono mediamente solide: la ricchezza netta supera di oltre 8 volte il reddito disponibile, in linea con la media nazionale. Questa si è tuttavia lievemente ridotta dal 2013 per la caduta del valore della ricchezza reale, soprattutto quella abitativa, che non è stata compensata dall'incremento della componente finanziaria. Per quest'ultima vi è stata una ricomposizione del portafoglio a favore delle attività più liquide o più diversificate che attenuerebbe l'impatto negativo della caduta dei corsi azionari e obbligazionari registrata nei mesi recenti.

Il credito alle famiglie per mutui abitativi e per il finanziamento dei consumi ha rallentato nel primo trimestre dell'anno in corso, risentendo della modesta dinamica del mercato immobiliare e della minore spesa per beni durevoli. L'esposizione ai rischi finanziari resta contenuta: da un lato le condizioni di accesso al credito rimangono accomodanti, dall'altro vi è stata una rilevante ricomposizione dell'indebitamento per l'acquisto di abitazioni verso mutui a tasso fisso.

Il mercato del credito

Nel primo trimestre del 2020 la crescita dei prestiti all'economia sarda, già in rallentamento nell'anno precedente, si è ulteriormente indebolita per via della decelerazione di quelli erogati alle famiglie consumatrici. In un contesto di rimodulazione della rete distributiva degli intermediari e di crescente ricorso alla tecnologia nell'interazione con la clientela, nei primi mesi dell'anno in corso si è intensificata la contrazione dei prelievi di contante, in connessione con la ridotta attività degli sportelli, la minore propensione dei clienti a recarsi in filiale e il maggiore ricorso agli strumenti di pagamento alternativi.

La rischiosità del credito si è ridotta e il tasso di deterioramento si colloca su livelli contenuti nel confronto nazionale e in prospettiva storica. Vi ha contribuito, nell'ultimo decennio, un mutamento della composizione degli affidati verso imprese con bilanci più solidi, che ha pressoché annullato il divario sfavorevole della Sardegna rispetto al Paese. I tassi di copertura dei prestiti deteriorati hanno raggiunto livelli molto elevati, permettendo agli istituti di credito di affrontare la crisi in atto con una qualità dei propri attivi di bilancio significativamente migliore rispetto al passato.

La finanza pubblica decentrata

A seguito dei provvedimenti adottati dal Governo per fronteggiare l'emergenza Covid-19 sono aumentate le risorse per il finanziamento del sistema sanitario regionale in Sardegna i posti in terapia intensiva sono aumentati di oltre il 15 per cento e si è provveduto ad assumere nuovo personale sanitario, in prevalenza con contratti a termine. La Regione ha anche dedicato risorse specifiche all'emergenza economica: il supporto al settore produttivo si è concretizzato soprattutto in uno stanziamento al Fondo regionale di garanzia per l'accesso al credito delle imprese, mentre per le famiglie è stato previsto uno stanziamento, gestita dai Comuni, destinata a quelle in maggiore difficoltà economica.

Riguardo ai risultati di amministrazione, il disavanzo registrato all'inizio del 2019 per gli Enti territoriali della Sardegna è in larga misura ascrivibile alla Regione. Le Province e la Città metropolitana di Cagliari, così come la quasi totalità dei Comuni, hanno invece conseguito il pareggio o un avanzo. Nel 2020 gli effetti connessi con l'emergenza sanitaria avranno un impatto sui bilanci dei Comuni sardi, che dovranno sostenere perdite di gettito a fronte di spese in gran parte incomprimibili.

Le prospettive di medio termine

In Sardegna, con una dinamica analoga a quella nazionale, si è registrata dal 2008 una marcata riduzione dell'attività economica per effetto della doppia recessione; dal 2014, nella fase di ripresa, il recupero dei livelli produttivi è stato più lento rispetto al resto del Paese e soprattutto nel confronto con le altre regioni dell'Unione europea: vi incide soprattutto la modesta dinamica della produttività del lavoro (cfr. il paragrafo Crescita e produttività nell'economia della Sardegna in L'economia della Sardegna, Banca d'Italia, Economie Regionali, 20, 2019). Nell'attuale situazione il maggior peso rispetto alla media nazionale delle attività legate alla filiera turistica, che riscontra un più difficile recupero dopo la fase acuta dell'emergenza, non favorisce in regione una rapida ripresa dell'attività all'uscita dalla crisi indotta dall'epidemia di Covid-19. Nel medio termine, il processo di transizione dell'economia verso un minore dipendenza da fonti energetiche non rinnovabili, in particolare il carbone, oltre a concorrere alla necessità di ridurre le emissioni climalteranti della regione, potrebbe potenzialmente fornire un contributo alla produttività dell'economia sarda nel medio termine.

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