N. 1 - L'economia del PiemonteRapporto annuale

Nel complesso del 2013 l'attività economica in Piemonte si è ulteriormente ridotta. In base alle stime preliminari di Prometeia, il PIL è diminuito dell'1,8 per cento. Era calato del 2,6 per cento nell'anno precedente. A partire dalla seconda metà dell'anno, tuttavia, sono emersi segnali di lieve miglioramento della congiuntura, soprattutto per le imprese più grandi e per quelle maggiormente orientate ai mercati esteri.

Nell'industria la dinamica della produzione è progressivamente migliorata nel corso dell'anno, rimanendo comunque su livelli contenuti nel confronto con il periodo precedente l'avvio della crisi. L'attività è stata ancora sostenuta dalle esportazioni, cresciute a ritmi elevati e superiori alla media nazionale. Per contro, la domanda interna ha continuato a risentire della perdurante debolezza della spesa per consumi e per investimenti.

Nelle costruzioni la fase recessiva è proseguita sia nel comparto pubblico sia in quello privato. Nel mercato immobiliare le transazioni sono nuovamente diminuite, sia pure a un ritmo inferiore all'anno precedente, e i prezzi si sono ancora ridotti. Nei servizi, il commercio ha continuato a risentire dell'ulteriore calo della spesa delle famiglie, dovuto alle perduranti difficoltà del mercato del lavoro e alla debolezza del reddito disponibile. Nel comparto turistico le presenze hanno registrato una lieve crescita. I trasporti hanno riflesso l'andamento dell'attività produttiva nel corso dell'anno.

Secondo le attese delle imprese rilevate dalle indagini della Banca d'Italia condotte tra marzo e aprile, nei prossimi mesi proseguirebbe il lento miglioramento delle condizioni economiche. Anche l'attività di investimento si irrobustirebbe nel corso dell'anno. Il quadro congiunturale rimane tuttavia caratterizzato da un'elevata incertezza.

Il lungo periodo di crisi iniziato nel 2008 ha determinato un indebolimento rilevante del tessuto economico regionale. Secondo i dati del 9° Censimento dell'industria e dei ser-vizi dell'Istat, il calo degli addetti alle unità produttive, che ha interessato il Piemonte nello scorso decennio, si è concentrato tra il 2007 e il 2011. La contrazione ha riguardato il comparto manifatturiero ed è stata particolarmente intensa nelle attività a minore contenuto tecnologico, a fronte di una crescita degli addetti nel terziario, sia in quello a maggiore contenuto di conoscenza sia in quello meno avanzato. Vi si è accompagnata una lieve riduzione della dimensione media delle unità produttive e delle imprese, che rimane tuttavia superiore alla media del Paese.

Dal 2009 l'attività economica in regione è stata fortemente sostenuta dalle esporta-zioni, la cui quota sul PIL è risalita rapidamente, superando nel 2013 il 33 per cento, il valore più elevato degli anni duemila. La crescita dell'export regionale tra il 2009 e il 2013 è stata molto significativa e ha tratto impulso soprattutto dai mercati extra europei, anche se è stata complessivamente meno accentuata di quella della domanda mondiale. All'incremento ha contribuito il positivo andamento del numero di esportatori, che era diminuito tra il 2001 e il 2009, e delle esportazioni medie per operatore. Secondo i dati del Censimento, le imprese piemontesi aventi come mercato di riferimento i paesi esteri sono poco più di un quarto del totale, valore superiore alla media nazionale.

È proseguito lo scorso anno il deterioramento delle condizioni nel mercato del lavoro in atto dall'inizio del 2012. L'occupazione è calata a ritmi superiori alla media nazionale e la disoccupazione è ulteriormente aumentata, attestandosi su livelli più elevati di quelli di tutte le altre regioni del Nord. Durante il periodo della crisi le maggiori difficoltà occupazionali hanno riguardato, come nel resto del Paese, i più giovani.

Pur in presenza di un'offerta formativa universitaria mediamente di alto livello nel confronto nazionale, la quota di immatricolati piemontesi nelle università della regione è calata nell'ultimo biennio. Vi possono aver contribuito il peggioramento delle condizioni economiche delle famiglie e la minore probabilità di trovare un'occupazione, soprattutto stabile e coerente con il percorso di studi. I tassi di disoccupazione a un anno dalla laurea per gli studenti degli atenei piemontesi si man-tengono tuttavia inferiori rispetto alla media nazionale. Rispetto al 2007 è cresciuta in misura significativa e superiore alla media italiana anche la quota di giovani che non studia né lavora.

Nel mercato del credito si è intensificata nel 2013 la flessione dei prestiti alle imprese e alle famiglie, in atto dall'anno precedente. La contrazione è stata più intensa per le imprese, soprattutto per quelle di più piccole dimensioni.

Alla perdurante debolezza della domanda di credito delle aziende, dovuta soprattutto alla fiacca attività di investimento, si sono associate condizioni di offerta ancora improntate alla cautela, anche se nella seconda metà dell'anno il grado di restrizione si sarebbe lievemente attenuato. La selettività degli intermediari nei confronti delle imprese si è manifestata principalmente attraverso gli spread applicati alle posizioni mag-giormente rischiose. Nostre analisi indicano che lo scorso anno, come in quello precedente, i debiti bancari sono calati per tutte le classi di rischio delle imprese. Per un certo numero di aziende di grandi dimensioni e dotate di elevato merito di credito a tale dinamica si è associato un maggiore ricorso al mercato obbligazionario. La qualità del credito alle imprese lo scorso anno ha continuato a peggiorare in tutti i principali comparti di attività economica: le nuove sofferenze in rapporto ai prestiti sono aumentate sensibilmente, raggiungendo livelli storicamente elevati.

La contrazione del credito alle famiglie ha riflesso la dinamica negativa sia dei mutui immobiliari sia del credito al consumo. È proseguito il processo di concentrazione delle nuove erogazioni di mutui presso le fasce di clientela più anziane e i prenditori italiani. La qualità del credito alle famiglie è rimasta anche lo scorso anno pressoché invariata su livelli contenuti. Secondo l'indagine Eu-Silc, aggiornata al 2012, la diffusione delle famiglie indebitate in Piemonte è significativamente più bassa della media nazionale e del Nord Ovest; anche le situazioni di potenziale vulnerabilità finanziaria rimangono attestate su valori più bassi rispetto al Paese.

I depositi bancari delle famiglie consumatrici sono ancora cresciuti lo scorso anno, anche se a ritmi inferiori al 2012, grazie alla ripresa dei conti correnti. Anche i titoli depositati in custodia presso le banche, valutati al fair value, hanno fatto registrare un'espansione più contenuta rispetto al 2012, trainata soprattutto dall'aumento dei titoli di Stato.

Nostre analisi indicano che nel complesso la ricchezza netta delle famiglie (consuma-trici e produttrici) piemontesi, comprensiva della componente finanziaria e di quella reale e misurata a prezzi correnti, è calata tra il 2008 e il 2012 del 5,6 per cento; era cresciuta di circa il 30 per cento nel periodo 2002-08. Il negativo andamento degli ultimi anni è dovuto agli effetti della crisi, che ha inciso dapprima sul valore delle at-tività finanziarie e, successivamente, su quello della ricchezza immobiliare. Alla fine del 2012 la ricchezza netta pro capite ammontava in Piemonte a poco più di 160 mila euro, valore superiore di oltre il 10 per cento alla media nazionale.

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