N. 14 - L'economia dell'AbruzzoRapporto annuale

Nel 2012 l'attività economica in Abruzzo si è fortemente indebolita. La produzione dell'industria manifatturiera regionale è marcatamente diminuita, per effetto della contrazione della domanda interna e del rallentamento di quella estera. La propensione delle imprese a investire è stata frenata dall'incertezza sull'evoluzione del quadro economico e dagli ampi margini di capacità produttiva inutilizzata.

Le recenti indagini della Banca d'Italia confermano come anche in Abruzzo performance relativamente migliori siano state conseguite dalle aziende che hanno adottato strategie di internazionalizzazione e di innovazione. Il grado di diffusione dell'attività innovativa tra le imprese della regione appare in linea con il dato nazionale; tuttavia le risorse da esse destinate alla ricerca e sviluppo sono inferiori alla media.

Nell'edilizia, le attività legate alla ricostruzione degli immobili danneggiati nell'area del sisma hanno attenuato la contrazione dei livelli produttivi. Nel comparto residenziale, l'attività ha risentito del forte calo delle compravendite immobiliari, dimezzatesi rispetto al picco raggiunto nel 2006. Il ristagno degli investimenti in fabbricati da parte delle imprese ha inciso negativamente sull'attività edilizia nel comparto non residenziale.

Nel terziario, l'attività produttiva si è contratta, in concomitanza con la flessione della domanda di servizi da parte delle imprese e il calo dei consumi delle famiglie, frenati dalla dinamica negativa dei redditi e dalle forti incertezze sulle prospettive economiche e occupazionali.

Le esportazioni regionali sono diminuite in valore, riflettendo il calo delle vendite nei paesi dell'Unione europea. Nel comparto dei mezzi di trasporto, il principale settore di specializzazione dell'export abruzzese, le vendite all'estero sono tornate a contrarsi, dopo due anni di ripresa sostenuta. Tra i comparti del made in Italy, le esportazioni sono calate nel settore del tessile e dell'abbigliamento e in quello del legno e dei prodotti in legno; hanno ristagnato nel settore alimentare.
A seguito del protrarsi della crisi, la redditività operativa delle imprese aventi sede in regione è diminuita, collocandosi su livelli storicamente bassi; le condizioni di indebitamento delle imprese e il loro grado di liquidità hanno registrato un peggioramento. Il numero di imprese attive si è ridotto, anche a seguito dell'aumento delle uscite dal mercato determinate dalle crisi aziendali.

Nel 2012 la situazione del mercato del lavoro in Abruzzo ha mostrato segnali di progressivo deterioramento. L'occupazione ha mediamente tenuto, anche per effetto dell'accresciuto ricorso alla Cassa integrazione guadagni. Allo stesso tempo, si è registrato un marcato incremento del numero di persone che cercano attivamente un'occupazione. Il tasso di disoccupazione è di conseguenza aumentato, in particolare per le classi di età più giovani.

A dicembre del 2012 i prestiti alle imprese si sono ridotti pressoché in tutti i settori di attività e in tutte le classi dimensionali. Il calo si è protratto anche nel primo trimestre dell'anno in corso. La dinamica dei prestiti al settore privato non finanziario riflette sia la contenuta domanda di credito, in considerazione dell'attuale fase del ciclo economico e dell'elevato grado di incertezza, sia le condizioni di offerta praticate dal sistema bancario, che permangono restrittive, anche alla luce dell'indebolimento dei bilanci delle imprese. I tassi di interesse bancari a breve termine praticati alle imprese sono lievemente aumentati. L'incremento è stato più accentuato per le imprese di piccole dimensioni. La qualità del credito è ulteriormente peggiorata, per effetto della recessione e della crisi di alcune rilevanti imprese con sede in regione.

È proseguito il rallentamento dei prestiti alle famiglie, in particolare nella componente dei mutui per l'acquisto di abitazioni; il calo degli acquisti di beni durevoli ha inciso negativamente sulla dinamica del credito al consumo.

Nel 2012 sono tornati a crescere i depositi detenuti dalle famiglie; vi hanno contribuito le politiche di offerta delle banche volte a sostenere la raccolta. È diminuito l'investimento in titoli di Stato e in azioni, mentre sono aumentati gli acquisti di quote di fondi comuni che investono in valori mobiliari.

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