N. 12 - L'economia delle MarcheRapporto annuale

Nel 2010 l'economia marchigiana è tornata a crescere, sebbene a ritmi contenuti. Secondo le valutazioni di Prometeia, il PIL è cresciuto dell'1,3 per cento, un valore analogo a quello italiano. La ripresa è stata più intensa nella prima metà dell'anno, per poi affievolirsi.

Il quadro tracciato un anno fa evidenziava una ripresa debole e circoscritta ad alcune imprese eccellenti, solidamente radicate nei mercati internazionali, anche per effetto delle trasformazioni strategiche intraprese nell'ultimo decennio. Nel 2010 queste tendenze si sono confermate; in termini di risultati economici, l'eterogeneità tra le imprese si è mantenuta elevata. I segnali di ripresa riguardano soprattutto le imprese che hanno operato un riposizionamento strategico nei mercati di riferimento, anche durante la crisi, e che hanno adottato innovazioni di processo e di prodotto.

Le esportazioni hanno ripreso a crescere, dell'11,2 per cento, recuperando però solo il 40 per cento del calo subito nel 2009. Dall'inizio della crisi, la performance all'export delle Marche è risultata sistematicamente peggiore di quella media italiana.

La produzione industriale è salita del 3,6 per cento. L'attività è aumentata per la meccanica, per gli elettrodomestici (settori maggiormente colpiti dalla crisi) e per le calzature; ha ristagnato nel legno e mobile e nel tessile e abbigliamento. Rispetto ai livelli medi del 2007, la produzione è inferiore di circa il 10 per cento.

Dopo un anno di netta contrazione, gli investimenti fissi lordi delle imprese industriali sono tornati a crescere. In un contesto caratterizzato da elevata incertezza e da margini ancora ampi di capacità produttiva inutilizzata, le previsioni delle aziende inducono a ritenere che nel corso del 2011 il processo di accumulazione sarà debole.

La produzione dell'edilizia è ancora calata. Le compravendite di abitazioni si sono attestate su livelli inferiori di oltre un terzo rispetto ai picchi raggiunti nel periodo pre-crisi; le quotazioni sono rimaste stazionarie, sui livelli del 2008. Nei servizi si è avuta una ripresa più vigorosa del fatturato, ma con un andamento differenziato tra i settori. Nel commercio, le vendite hanno ancora risentito del calo della spesa per l'acquisto di beni durevoli; nei trasporti, stenta a riprendersi il traffico di merci; nel comparto turistico, le presenze sono tornate a crescere in tutti i segmenti.

Il ritorno a una crescita sostenuta dell'occupazione è ostacolato da livelli produttivi distanti da quelli precedenti la crisi e da un'incidenza ancora elevata degli occupati in Cassa integrazione guadagni. La dinamica occupazionale è stata diversa tra i settori: a fronte di una crescita nei servizi, l'occupazione è ancora calata nell'industria in senso stretto.

Soprattutto nell'industria, il periodo pre-crisi era stato caratterizzato da una decisa espansione occupazionale, alla quale si era tuttavia associata una dinamica deludente della produttività del lavoro. Con la recessione, in questo settore si è avuta una contrazione sia della produttività sia dell'occupazione.

Nel corso del 2010 i prestiti bancari sono aumentati, seppure debolmente. All'incremento hanno contribuito sia i prestiti alle imprese sia quelli alle famiglie. L'aumento dei prestiti alle imprese è riconducibile a un lieve recupero della domanda, connessa principalmente a operazioni di ristrutturazione e consolidamento del debito e, in misura inferiore, a esigenze di finanziamento del capitale circolante. Le condizioni di offerta del credito alle imprese sono risultate pressoché invariate nel 2010 e ancora improntate alla cautela. L'aumento del credito alle famiglie è stato sostenuto dai prestiti per l'acquisto di abitazioni che, nella prima metà del 2010, hanno beneficiato di un aumento della domanda e dell'arrestarsi del processo di irrigidimento dell'offerta.

La rischiosità dei prestiti alle imprese marchigiane, misurata dal tasso di ingresso in sofferenza, ha continuato a diminuire, mantenendosi però sempre al di sopra del dato medio regionale del biennio pre-crisi e della media nazionale. È tuttavia leggermente cresciuta la quota di prestiti in temporanea difficoltà di rimborso. Sono aumentate le procedure fallimentari; il tasso di insolvenza, calcolato in rapporto alle imprese attive, è tra i più alti in Italia.

La contrazione del reddito disponibile delle famiglie ha continuato a ostacolare l'accumulazione del risparmio finanziario. La raccolta bancaria è stata debole e in decelerazione rispetto a dodici mesi prima; il calo dei depositi è stato controbilanciato da un seppur debole incremento delle obbligazioni.

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