N. 9 - L'economia dell'Emilia-RomagnaRapporto annuale

Nel 2010 è proseguita la crescita dell'economia dell'Emilia-Romagna, ma a ritmi contenuti. Secondo le stime di Prometeia, il PIL regionale è aumentato dell'1,4 per cento, un ritmo simile a quello registrato nella media nazionale, recuperando solo in modesta parte la forte diminuzione del biennio precedente ( 7,3 in base ai dati Istat). La ripresa ha tratto stimolo dalle esportazioni, che hanno beneficiato del miglioramento del quadro internazionale e del deprezzamento dell'euro. Tuttavia, rispetto al ciclo del commercio mondiale, l'export regionale ha avuto una caduta più ampia durante la crisi e una ripresa meno rapida. Al netto della componente ciclica, ha continuato ad ampliarsi il differenziale tra il trend di crescita di lungo periodo delle esportazioni e quello della domanda mondiale.

La diversa dipendenza dalla domanda proveniente dall'estero ha determinato gli andamenti per settore e per dimensione d'impresa. Nell'industria gli ordini hanno segnato un recupero, dopo il forte calo nel 2009. La crescita è stata più accentuata per le imprese medio-grandi, con maggiore propensione all'export: le imprese esportatrici hanno fatto registrare incrementi del fatturato circa doppi rispetto a quelle più orientate al mercato interno. L'espansione dei livelli di attività si è accompagnata a un debole incremento dell'accumulazione di capitale, dopo la contrazione del biennio precedente.

Nel settore delle costruzioni è proseguita nel 2010 la diminuzione dei livelli di attività, sebbene a tassi inferiori rispetto all'anno precedente. Tale andamento ha riflesso la diminuzione sia della domanda privata sia di quella pubblica. Nei servizi il miglioramento congiunturale è stato inferiore rispetto all'industria. La debolezza della domanda interna si è tradotta in un ulteriore calo delle vendite al dettaglio, concentrato nella piccola e media distribuzione, e in un sostanziale ristagno della spesa per beni durevoli. Nel turismo si è avuta una riduzione della componente nazionale, a fronte di una ripresa di quella estera.

L'occupazione ha segnato un calo, più intenso della media nel settore delle costruzioni, per i lavoratori autonomi e per i giovani. Nel biennio 2009-10 si è acuita una tendenza in atto al peggioramento delle prospettive lavorative dei giovani, il cui contributo alla dinamica dell'occupazione complessiva ha continuato a essere negativo. Il tasso di disoccupazione è cresciuto, in particolare nella classe di età tra i 15 e i 34 anni. Nel corso del 2010 la CIG è aumentata a tassi via via decrescenti; nei primi mesi del 2011 si è avuto un calo. Sono aumentate rispetto al 2009 le probabilità di trovare un impiego. Il numero di famiglie prive di redditi da lavoro è rimasto costante: la rete familiare ha continuato a svolgere un ruolo di sostegno per quei componenti che sono rimasti senza un'occupazione.

Dopo la flessione registrata alla fine del 2009, i prestiti bancari hanno ripreso a crescere. Quelli alle imprese hanno tratto stimolo soprattutto dalle esigenze di finanziamento del circolante, connesse alla moderata ripresa delle vendite, e dalle operazioni di ristrutturazione delle posizioni debitorie in essere. È rimasta invece debole la componente della domanda legata al finanziamento degli investimenti. Le condizioni di accesso al credito non sono significativamente cambiate rispetto al 2009, a eccezione di quelle praticate alle imprese più rischiose e del comparto delle costruzioni, che sono divenute più rigide. L'erogazione dei prestiti ha continuato, inoltre, ad accompagnarsi a una richiesta di maggiori garanzie rispetto al periodo precedente la crisi. Anche per effetto di tali politiche, i prestiti alle imprese più rischiose hanno continuato a ridursi mentre quelli alle meno rischiose sono tornati a espandersi. È proseguita la crescita dei prestiti alle famiglie, sospinta soprattutto dalla domanda di mutui che è stata favorita anche dal permanere dei tassi d'interesse su livelli contenuti. Il credito al consumo ha risentito del basso livello della spesa, specie nel comparto auto. Anche per le famiglie non si registrano significative variazioni nelle condizioni di offerta. Nel 2010 la rischiosità dei prestiti è ulteriormente cresciuta, collocandosi su valori storicamente elevati, soprattutto nella componente riferita alle imprese. È diminuita la ricchezza finanziaria delle famiglie detenuta sotto forma di titoli e depositi bancari.

Le banche di maggiori dimensioni hanno recuperato quote di mercato sui prestiti, soprattutto su quelli destinati alle imprese, e sui depositi. Il numero delle banche e quello degli sportelli attivi sono diminuiti, anche a seguito di alcune operazioni di concentrazione.

Le prospettive sul ritmo della ripresa dell'economia dell'Emilia-Romagna restano incerte. Nel comparto industriale le indagini congiunturali della Banca d'Italia segnalano per il 2011 la prosecuzione della crescita del fatturato ma un calo degli investimenti. La decelerazione del commercio mondiale potrebbe affievolire la ripresa dell'export. Dal lato della domanda interna, anche l'andamento dei consumi dovrebbe continuare a risentire delle incertezze sulla ripresa del mercato del lavoro. L'evoluzione del quadro congiunturale descritto, gli indicatori sulla qualità del credito e le valutazioni delle banche relative alla prima parte dell'anno sono concordi nel suggerire per il 2011 una moderata espansione della domanda di prestiti; le condizioni di offerta non dovrebbero mostrare invece un sostanziale allentamento.

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