N. 7 - L'economia del Friuli-Venezia GiuliaRapporto annuale

Nel 2010 è proseguita per l'economia del Friuli Venezia Giulia la ripresa avviatasi nella seconda parte dell'anno precedente, ma i livelli di attività e della domanda rivolta al sistema produttivo regionale hanno recuperato solo parzialmente rispetto a quelli antecedenti la crisi. La crescita a valori correnti delle esportazioni si è limitata a due terzi di quella riportata dal complesso del Paese e dal Nord Est; tra i principali comparti della regione, sono state le aziende a elevato contenuto tecnologico a conseguire i migliori risultati sui mercati esteri.

La produzione industriale ha seguito l'andamento della domanda, ma risente dell'incertezza sui tempi e sull'intensità della ripresa in atto. La spesa per investimenti fissi ha ripreso a crescere, dopo la contrazione del biennio precedente.
Nel terziario il settore commerciale ha risentito dell'ulteriore riduzione della spesa delle famiglie in beni durevoli. I traffici movimentati attraverso le infrastrutture di trasporto della regione sono lievemente cresciuti. Le presenze turistiche sono diminuite.
Nel 2010 il numero di occupati, comprensivo di quelli in Cassa integrazione guadagni, è rimasto stabile, dopo essersi ridotto nel 2009; gli interventi autorizzati di CIG hanno registrato un ulteriore significativo aumento. Il tasso di disoccupazione è salito dal 5,3 al 5,7 per cento, in connessione all'aumento delle persone in cerca di lavoro. Secondo nostre stime, tra il 2006 e il 2010 il calo occupazionale è stato il frutto della diminuzione dei flussi in ingresso, a fronte della sostanziale invarianza di quelli in uscita.

Nei dodici mesi terminanti a dicembre del 2010 i prestiti alle imprese con sede in regione hanno ripreso a crescere, grazie al leggero recupero della domanda di credito: malgrado il moderato miglioramento dei flussi di autofinanziamento e la ridotta attività di accumulazione di capitale, il fabbisogno finanziario delle imprese è aumentato in risposta alle accresciute esigenze di finanziamento del capitale circolante; vi si sono aggiunte operazioni di ristrutturazione del debito. Dal lato dell'offerta l'irrigidimento delle condizioni praticate dalle banche è proseguito, seppure con un'intensità decisamente inferiore a quella rilevata nel 2009, in particolare attraverso una maggiore richiesta di garanzie e uno spread più elevato per la clientela ad alto rischio.
I prestiti alle famiglie consumatrici hanno mantenuto per gran parte dell'anno un ritmo di incremento prossimo al 5 per cento. La crescita è stata sostenuta dai mutui per acquisto di abitazioni, mentre il credito al consumo ha ristagnato, dato l'atteggiamento prudente nei comportamenti di spesa delle famiglie e l'evoluzione del reddito disponibile. Quest'ultima si è riflessa anche su un intensificato ricorso allo scoperto di conto corrente per ovviare a temporanee carenze di disponibilità.
Gli ingressi in sofferenza dei crediti concessi alle imprese sono rimasti superiori ai valori precedenti la crisi; quelli relativi alle famiglie hanno continuato a registrare livelli storicamente contenuti.
Nel 2010 l'accumulazione di strumenti liquidi, quali i conti correnti bancari, da parte dei risparmiatori residenti in regione si è arrestata. Anche il portafoglio finanziario a valori correnti detenuto dalle famiglie presso il sistema bancario non si è discostato significativamente dal livello di dodici mesi prima: rispetto al 2009 si è ridotto il peso degli strumenti di capitale, anche per effetto della performance deludente del mercato azionario, in favore delle obbligazioni emesse da banche italiane e delle quote di fondi comuni.

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