N. 6 - L'economia del Veneto Rapporto annuale

Nel 2010, l'economia del Veneto, pesantemente colpita dalla crisi internazionale del biennio precedente, ha beneficiato della vigorosa ripresa del commercio mondiale, iniziata nella seconda metà del 2009 e proseguita, sebbene a ritmi meno intensi, per tutto il 2010. L'uscita dalla crisi sta proseguendo con una dinamica modesta, in linea con quella che prevaleva prima della recessione: alla fine dello scorso anno il sistema produttivo regionale era ancora lontano dai livelli di attività pre-crisi, i margini di capacità produttiva inutilizzata rimanevano ampi e l'occupazione stentava ad aumentare.

A fronte di una domanda domestica debole, specialmente nella componente di consumo, le esportazioni hanno fornito il principale contributo alla crescita della produzione industriale, in particolare nei comparti produttori di beni strumentali e intermedi, in precedenza più colpiti dalla crisi. La ripresa dei flussi di commercio internazionale è stata maggiore nei paesi emergenti dell'Asia, anche per questo motivo la crescita della produzione e delle vendite all'estero delle imprese manifatturiere venete è stata superiore tra quelle di maggiore dimensione, che hanno sviluppato una stabile presenza commerciale nei mercati extraeuropei.

Gli investimenti industriali, significativamente calati nel biennio 2008-09, sono tornati a crescere in virtù del miglioramento ciclico e dell'esigenza di innalzare il livello qualitativo della produzione: la crescita ha riguardato impianti, macchinari e attrezzature, mentre gli investimenti in immobili sono calati.

I comportamenti di spesa delle famiglie sono rimasti prudenti, influenzati dalle condizioni del mercato del lavoro e dall'andamento del reddito disponibile; la dinamica delle vendite nel settore del commercio è stata modesta. La debolezza dei consumi nazionali ha influenzato anche l'attività turistica, rimasta sui livelli del 2009, nonostante la lieve ripresa delle presenze dall'estero. Gli investimenti in costruzioni sono ulteriormente diminuiti, sia nella componente residenziale, penalizzata dalle persistenti difficoltà del mercato immobiliare, sia in quella non residenziale, sulla quale ha influito il calo degli investimenti pubblici e, in particolare, di quelli relativi ai Comuni.

La lentezza del recupero dei livelli produttivi e un'incidenza ancora elevata della Cassa integrazione hanno ostacolato la crescita dell'occupazione che, dopo il calo del 2009, è rimasta invariata; tra i giovani è significativamente aumentata la frazione di quelli che non lavorano, né sono impegnati in attività di studio o formazione. I lavoratori dipendenti sono ulteriormente diminuiti, ad eccezione di quelli con un contratto a tempo determinato.

Con la ripresa congiunturale i prestiti bancari sono tornati a crescere. La domanda di credito delle imprese è stata alimentata dalla necessità di finanziare il ciclo produttivo e, per le imprese caratterizzate da tensioni finanziarie, dalla necessità di rinegoziare il debito per allungarne la durata. La debolezza dell'attività d'investimento immobiliare delle famiglie ha contenuto la crescita dei mutui per l'acquisto della casa.

Verso la fine del 2010 le banche si sono orientate verso un nuovo lieve irrigidimento delle condizioni di offerta di credito alle imprese, dettato dalla persistente rischiosità dei finanziamenti e dalle difficoltà incontrate nell'accrescere la raccolta bancaria. La rischiosità del credito rimane elevata; le partite anomale (sofferenze e incagli) hanno registrato solo una lieve diminuzione, mentre sono significativamente aumentati i crediti ristrutturati. La prolungata fase di difficoltà dell'economia ha inciso sulla capacità di risparmio delle famiglie; i depositi e le obbligazioni bancarie sono lievemente calati.

Per il secondo anno consecutivo il numero degli sportelli bancari ha segnato un lieve ridimensionamento, connesso agli interventi organizzativi di razionalizzazione delle reti di vendita bancarie.

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