N. 58 - L'economia della CampaniaRapporto annuale

Nel 2009 la contrazione dell'attività economica internazionale è stata superiore a quella del 2008; i segnali di ripresa emersi nel corso dell'anno sono stati di intensità diversificata tra i paesi. Nell'economia italiana, la dinamica del prodotto si è confermata inferiore rispetto ai maggiori paesi dell'area dell'euro.

Per la Campania le stime della Svimez delineano una riduzione del PIL a prezzi costanti pari al -5,4 per cento nel 2009, un calo ancora una volta superiore al dato italiano (-5,0 per cento) e meridionale (-4,5 per cento). Sia negli anni precedenti la crisi sia durante il suo manifestarsi, la variazione del PIL campano è stata tra le più basse in confronto alle regioni europee in ritardo di sviluppo.

Il mercato del lavoro e le attività produttive. - Lo scorso anno al calo del prodotto si è associato un ulteriore, forte peggioramento della situazione occupazionale; il numero di occupati è stato inferiore di circa 70 mila unità rispetto al 2008 e di oltre 100 mila rispetto al 2007, una contrazione, quest'ultima, pari a quasi la metà di quella rilevata nel complesso delle regioni meridionali.
La perdita di posti di lavoro ha colpito con particolare intensità le fasce giovanili della popolazione e i lavoratori con minore grado di istruzione.

Una quota significativa della popolazione occupata è stata impiegata con orari di lavoro e retribuzioni inferiori ai livelli dell'anno precedente.
L'aumento del tasso di disoccupazione è stato contenuto dalla diffusione di fenomeni di scoraggiamento nella ricerca attiva di un impiego. Una misura più ampia degli squilibri tra domanda e offerta nel mercato del lavoro, che tenga conto anche dei lavoratori cassaintegrati e dei residenti scoraggiati, risulterebbe superiore di oltre il 50 per cento rispetto al tasso di disoccupazione.

Per la prima volta nel decennio il calo dell'occupazione ha interessato tutti i comparti produttivi, risultando particolarmente intenso nel settore industriale; in questo comparto, che in termini di occupati pesa per il 15 per cento sull'economia regionale, risulta concentrato il 38 per cento del calo occupazionale.

Tra il primo trimestre del 2009 e il primo del 2010, gli indicatori qualitativi riferiti alla produzione industriale regionale avevano recuperato solo la metà della caduta registrata nei dodici mesi precedenti. La variazione del fatturato industriale, rilevata dall'indagine della Banca d'Italia su un campione di imprese campane con almeno 20 addetti, è stata del -8,8 per cento a prezzi costanti; il miglioramento previsto per il 2010 consentirebbe di recuperare meno dei due terzi di tale calo. Gli investimenti, sensibilmente diminuiti, non sono previsti in crescita per il 2010.

Il consuntivo dell'ultimo biennio e le previsioni a medio termine sui livelli di attività delle imprese intervistate mostrano andamenti eterogenei: il 44 per cento delle imprese industriali, per lo più appartenenti al settore alimentare, ma con presenze anche nei comparti ad alta tecnologia, ha già superato i livelli di fatturato precedenti la crisi, mentre una quota pari a circa un quarto non prevede di raggiungerli neanche nel 2012.

Il valore dei prodotti manifatturieri esportati, nonostante la perdurante crescita di quelli dell'industria alimentare, è calato del 16,9 per cento. Oltre un terzo della riduzione è attribuibile al comparto degli autoveicoli, che ha risentito della contrazione dell'attività nei principali stabilimenti regionali.
La reazione alle difficoltà di mercato, in termini di significative innovazioni nei prodotti, nei processi produttivi e nei mercati di sbocco o in termini di acquisizione di concorrenti o fornitori, appare limitata a una quota esigua di imprese. Le aziende che negli anni precedenti la crisi avevano sperimentato almeno una di queste strategie stanno mostrando una migliore tenuta dei livelli occupazionali.

Il settore delle costruzioni ha continuato a risentire della debole intonazione degli investimenti pubblici, solo in parte compensata da un maggiore dinamismo dell'edilizia privata.
Una quota rilevante delle opere pubbliche avviate nel corso del decennio è stata destinata a potenziare le infrastrutture di trasporto. Per dotazione infrastrutturale nel comparto ferroviario la Campania è ai primi posti tra le regioni italiane.
Nel mercato immobiliare residenziale il numero di compravendite si è ridotto per il quarto anno consecutivo; i prezzi sono diminuiti nel secondo semestre dell'anno, pur denotando una dinamica superiore al dato nazionale.

Gli ulteriori cali rilevati nei consumi delle famiglie, nelle presenze turistiche e nei traffici commerciali hanno ancora ridimensionato l'attività nel settore dei servizi privati.
Già nel 2008 la redditività delle imprese campane era sensibilmente peggiorata toccando i livelli minimi dal 1993. Nel 2009 quasi un'impresa su quattro, tra quelle contattate nelle indagini campionarie, ha dichiarato una previsione di perdita.

Il mercato del credito. - Lo scorso anno il credito bancario alle imprese ha continuato a rallentare: a dicembre del 2009 la crescita dei prestiti, corretta per le cartolarizzazioni, è stata di appena lo 0,4 per cento rispetto alla fine del 2008 e il volume delle linee di credito accordate è diminuito.
L'intonazione restrittiva delle politiche di offerta ha mostrato segnali di attenuazione nella seconda metà dell'anno. La prudenza nell'erogazione dei prestiti riflette anche il sensibile aumento del rischio di insolvenza: la quota di impieghi entrati in sofferenza è quasi raddoppiata nel 2009; incrementi significativi si rilevano anche nei crediti non in sofferenza, ma caratterizzati da difficoltà di rimborso. Resta bassa la propensione delle imprese a indebitarsi per la realizzazione di investimenti.

Nelle rilevazioni campionarie della Banca d'Italia, effettuate tra febbraio e aprile e riferite a imprese con almeno 20 addetti, a partire dal mese di ottobre del 2009 un inasprimento delle condizioni complessive d'indebitamento è stato rilevato dal 22 per cento degli intervistati (era il 33 per cento nella rilevazione dello scorso anno); il 7 per cento circa delle aziende ha dichiarato di avere ricevuto richieste di rientro, anche parziale, da posizioni debitorie in essere (contro il 10 per cento della precedente rilevazione).

La restrizione del credito non ha colpito in maniera indifferenziata il sistema delle imprese. In base ai dati relativi a un campione ampio di aziende campane rilevate nella Centrale dei rischi, alla fine del 2009 sono calati solo i prestiti destinati a quelle più rischiose (più indebitate e con una redditività inferiore); quelli erogati in favore di imprese a basso rischio hanno continuato a crescere, seppur rallentando. Allo stesso modo, per le imprese che provenivano da una fase di espansione di investimenti e fatturato il rallentamento dei prestiti è stato meno marcato.
Andamenti differenziati si rilevano anche in relazione alla tipologia di banche: la dinamica dei prestiti è stata inferiore alla media per le aziende di credito appartenenti ai primi cinque gruppi bancari del paese.

In media, il differenziale tra il costo del credito a breve termine alle imprese in Campania e quello nazionale, calcolato a parità di composizione settoriale e dimensionale della struttura produttiva, è rimasto sostanzialmente uguale a quello dello scorso anno (1,2 punti percentuali); a determinare tale divario contribuiscono la maggiore incertezza nella valutazione del merito creditizio delle imprese campane e i più elevati tempi di recupero dei prestiti in sofferenza. La rimozione di talune debolezze strutturali del sistema regionale dei confidi potrebbe migliorare le condizioni di accesso al credito, come avviene in altre aree del paese.

Anche il credito alle famiglie ha fortemente rallentato lo scorso anno, dall'8,2 al 4,2 per cento. Sono diminuite le erogazioni di nuovi prestiti a medio e a lungo termine, sia quelle finalizzate all'acquisto di abitazioni sia quelle destinate all'acquisto di beni di consumo durevole. Sono aumentate le difficoltà di rimborso e le sofferenze.
La spesa delle Amministrazioni Locali e i servizi di pubblica utilità. - Tra il 2006 e il 2008, la spesa delle Amministrazioni pubbliche locali campane è aumentata, al netto degli interessi, del 4,4 per cento in media all'anno, più che nel complesso delle Regioni a statuto ordinario (RSO; 3,2 per cento). La spesa corrente primaria ha continuato a crescere a ritmi superiori rispetto a quella in conto capitale.

Sulla base di dati provvisori, nel 2009, alcune delle principali componenti di spesa, tra cui quella per investimenti e quella sanitaria, avrebbero mostrato una tendenziale stazionarietà.
Nel giudizio del Governo centrale, lo stato di attuazione degli impegni per il contenimento dei costi sanitari, presi dalla Regione Campania con il Piano di rientro dal disavanzo del marzo 2007, non è risultato coerente con il raggiungimento degli equilibri finanziari nei tempi programmati. Il servizio sanitario regionale è stato di conseguenza affidato alla gestione commissariale.

Alla fine del 2009 il debito delle Amministrazioni locali campane è ancora cresciuto raggiungendo i 13,1 miliardi di euro (erano 12,1 alla fine del 2008) e il 13,9 per cento del PIL regionale, circa il doppio rispetto al complesso delle altre regioni italiane.
Anche il debito commerciale delle Amministrazioni campane risulta tra i più elevati in Italia. Il solo debito verso i fornitori del servizio sanitario regionale ammontava nel 2008 a circa 5 miliardi di euro. A fine 2009 il valore nominale dei crediti commerciali ceduti dalle imprese agli intermediari finanziari e vantati nei confronti del settore sanitario e delle Amministrazioni locali della Campania, era pari a 2,2 miliardi di euro, oltre il 28 per cento del totale nazionale.

Con riferimento alle entrate di natura tributaria, la gran parte delle Amministrazioni Locali della regione ha applicato aliquote sui tributi propri vicine al massimo consentito dai provvedimenti di legge. I margini di aumento del gettito connessi all'utilizzo della leva fiscale sono pertanto esigui.
In numerose attività demandate all'operatore pubblico, dalla gestione dei rifiuti ai servizi per l'infanzia, dall'istruzione all'assistenza agli anziani, la qualità dei servizi erogati in Campania è inferiore al dato italiano. In tali settori la verifica intermedia dei cosiddetti obiettivi di servizio mostra progressi lenti e livelli spesso assai distanti dai target prefissati.

In diversi casi la minore qualità dei servizi non è attribuibile alla scarsa disponibilità di risorse finanziarie. La situazione è particolarmente evidente nel settore dei servizi sanitari, nel quale una qualità dell'assistenza inferiore alla media delle altre regioni si associa a un livello di spesa pro capite, ottenuto ponderando la popolazione per le classi di età, non inferiore alla media nazionale.

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