L'economia della Lombardia nel 2005Rapporto annuale

Il PIL della Lombardia nel 2005, secondo le valutazioni di Prometeia, è diminuito dello 0,3 per cento. Nell’industria in senso stretto il valore aggiunto si è contratto; la ripresa degli ordinativi avviatasi nella scorsa estate si è principalmente riflessa in una riduzione delle scorte; il livello della produzione è rimasto costante. L’aumento degli ordini è proseguito in maniera sostenuta nei primi mesi del 2006; vi ha corrisposto una rapida crescita della produzione, aumentata nel primo trimestre del 3,6 per cento sul periodo corrispondente. La spesa per investimenti ha registrato nel 2005 una flessione, risentendo anche degli ampi margini inutilizzati della capacità produttiva. Nelle costruzioni è proseguita la fase di espansione, sebbene a ritmi inferiori rispetto al precedente biennio; all’incremento della produzione ha contribuito soprattutto il comparto dell’edilizia residenziale, mentre quello delle opere pubbliche ha subito una flessione, principalmente a causa di difficoltà di finanziamento da parte degli enti appaltanti. Nei servizi, l’espansione del valore aggiunto è stata modesta. Nel commercio, le vendite sono rimaste stabili, e sono aumentate solo negli esercizi della grande distribuzione. Nei servizi alle imprese è proseguito il buon andamento di ordini e occupazione. Sebbene le esportazioni a prezzi correnti siano cresciute nell’anno del 6,6 per cento, la quota di commercio mondiale della regione è ulteriormente calata.

Tra il 1996 e il 2003 il valore aggiunto regionale è aumentato a un ritmo medio annuo dell’1,4 per cento, un valore inferiore a quello medio nazionale. Il divario rispetto al resto del Paese è stato più pronunciato nell’industria in senso stretto, soprattutto nei comparti a tecnologia medio-alta, di specializzazione per la regione, e nelle costruzioni; nei servizi, l’incremento del valore aggiunto regionale è stato leggermente superiore a quello dell’Italia. Nello stesso periodo, la produttività del lavoro nella regione è cresciuta a un saggio medio annuo di mezzo punto. La dinamica è stata modesta nei settori industriali, anche per lo spostamento della struttura produttiva verso le imprese di minori dimensioni, caratterizzate da un forte divario di valore aggiunto per addetto rispetto alle più grandi. Nei servizi, la produttività è aumentata meno che nella media del Paese, con l’eccezione del comparto dell’intermediazione monetaria e finanziaria. La quota di mercato della Lombardia, calcolata con riferimento ai principali paesi dell’OCSE, è scesa dall’1,5 all’1,2 per cento, con una diminuzione in linea con la media nazionale. Al calo delle quote di mercato ha contribuito principalmente la perdita di competitività delle esportazioni, relativamente più marcata che in Italia; ha inciso in misura minore il modello di specializzazione.

Rispetto alla media italiana, la Lombardia si caratterizza per una più intensa attività di innovazione.

A paragone con le regioni europee più innovative e di pari livello di sviluppo, tuttavia, presenta una minore incidenza della spesa in ricerca e sviluppo rispetto al prodotto, specie delle imprese private, e sconta ritardi in termini di istruzione della popolazione attiva e propensione a brevettare, diffusi in tutti i settori produttivi.

Nel 2005, l’occupazione è aumentata dell’1,0 per cento, contro l’1,6 dell’anno precedente. Alla crescita hanno contribuito la progressiva regolarizzazione dei lavoratori immigrati e il marcato aumento delle posizioni a tempo parziale. L’aumento sarebbe nullo in termini di unità di lavoro totali. Rispetto alla media del Paese, il più alto tasso di attività (68,3 per cento) riflette anche una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro. Nel confronto con le regioni europee di comparabile livello di sviluppo, la Lombardia si caratterizza per un tasso di disoccupazione inferiore (4,1 per cento), ma per una minore incidenza degli occupati, soprattutto fra le donne meno giovani.

Nonostante i segnali di ripresa del ciclo economico si siano mantenuti deboli, nel 2005 i finanziamenti bancari alla clientela residente in Lombardia sono aumentati del 7,9 per cento, in accelerazione rispetto all’anno precedente. Le condizioni di offerta sono rimaste distese.

I prestiti alle imprese sono aumentati del 9,0 per cento; l’incremento è prevalentemente riconducibile ad alcune operazioni straordinarie di riassetto di grandi gruppi con sede nella regione, mentre è rimasto stagnante il ricorso al credito per finanziare gli investimenti produttivi. Sono cresciuti i prestiti collegati al settore delle costruzioni.

I crediti alle famiglie sono aumentati del 16,7 per cento. Il mercato dei finanziamenti alle famiglie, in particolar modo nel comparto dei prestiti ipotecari ma anche nel segmento del credito al consumo, ha sperimentato una crescita sostenuta negli ultimi anni, pur rimanendo meno sviluppato nel confronto internazionale; in rapporto al PIL della regione, i crediti alle famiglie sono circa la metà della media dei paesi dell’area dell’euro. Per quel che riguarda i mutui, la maggiore competizione tra intermediari ha modificato in modo significativo la gamma dei prodotti offerti, facilitando la possibilità di accesso delle famiglie ai finanziamenti bancari.

La qualità del credito si è mantenuta stabile; le nuove sofferenze emerse nel 2005 sono state lo 0,6 per cento dei crediti, in linea con i due anni precedenti. Negli anni recenti, il rallentamento dell’attività economica non si è riflesso in un aumento delle insolvenze delle imprese: le procedure concorsuali avviate nel 2004 hanno riguardato lo 0,9 per cento delle imprese attive, valore storicamente contenuto. Sono invece risultate in crescita le aziende che hanno deciso di uscire volontariamente dal mercato, salite nel 2004 al 3,5 per cento delle imprese attive, specie nei comparti tradizionali dell’attività economica.

La raccolta bancaria nella regione ha rallentato; alla fine dell’anno la variazione risultava del 3,1 per cento, soprattutto a causa del calo delle emissioni obbligazionarie collocate presso la clientela lombarda, a fronte di un maggior ricorso all’euromercato. Sono state effettuate anche cartolarizzazioni di crediti in bonis e di sofferenze, per importi rilevanti, che hanno consentito alle banche di reperire fondi con modalità alternative alla raccolta da clientela.

Le famiglie sono tornate a orientarsi verso le varie forme di gestione professionale del risparmio; la raccolta effettuata nell’anno è stata particolarmente importante per i prodotti assicurativi distribuiti tramite i canali bancari e per i fondi comuni d’investimento; per questi ultimi, tuttavia, la raccolta netta è stata positiva solo per i fondi di diritto estero, mentre per quelli di diritto italiano si è registrato un deflusso netto di risorse.

Alla fine del 2005, avevano sede nella regione 183 banche (quasi un quarto di quelle italiane) e 489 intermediari non bancari; i vari indicatori riferiti al settore finanziario confermano l’ampia offerta di servizi, sia per abitante sia per diffusione territoriale. Tra il 1999 e la fine dell’anno passato – in controtendenza rispetto alla dinamica nazionale ed europea, e malgrado le numerose aggregazioni intervenute – il numero di banche della regione è cresciuto di 11 unità; sono entrati sul mercato intermediari esteri e specializzati; più di un terzo delle banche che oggi vi hanno sede non esisteva nel 1999, almeno nella forma attuale. Il grado di concentrazione del mercato si è ridotto, nonostante le fusioni degli ultimi anni abbiano coinvolto le banche al vertice del sistema. Tra il 1996 e il 2003, il valore aggiunto del settore dell’intermediazione finanziaria è aumentato in media del 3,8 per cento all’anno, la produttività del lavoro del 3,1 per cento. L’accentuarsi della concorrenza nel settore ha accresciuto la mobilità della clientela; si sono ridimensionate le quote di mercato delle banche più grandi, a favore di quelle minori.

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