N. 879 - Dinamiche settoriali e concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro: evidenze sull’Italia

Go to the english version Cerca nel sito

di Stefano Federicosettembre 2012

L’inserimento della Cina e di altri paesi in cui il costo del lavoro è basso nel sistema degli scambi commerciali mondiali è stato uno dei fenomeni più importanti degli ultimi decenni. Il lavoro analizza l’effetto della concorrenza di tali paesi su 230 settori manifatturieri italiani nel periodo 1995-2007. Oltre a fornire una misura dell’impatto sull’occupazione, si individuano le caratteristiche di settore che contribuiscono ad attenuare la pressione competitiva e si analizzano gli effetti sui settori “a monte” e “a valle” della catena produttiva.

I risultati principali sono i seguenti. In primo luogo, la penetrazione in un settore delle importazioni dai paesi a basso costo del lavoro (definiti come quelli il cui PIL pro capite nel 2006 non superava il 10 per cento di quello statunitense) ha, mediamente, un effetto negativo sull’occupazione, il numero di imprese e il valore aggiunto dello stesso settore. Un aumento della penetrazione delle importazioni di sette punti percentuali (corrispondenti a una deviazione standard), in particolare, è associato a una riduzione dell’occupazione di circa il 4 per cento. La penetrazione delle importazioni dai paesi più ricchi non mostra, invece, alcuna relazione negativa con l’attività nei corrispondenti settori italiani.

In secondo luogo, l’effetto della pressione competitiva dei paesi a basso costo del lavoro sull’occupazione varia in misura considerevole tra i diversi settori. Esso è più contenuto nei settori a maggiore intensità di capitale fisico, lavoratori qualificati e ricerca e sviluppo, nonché in quelli con una maggiore differenziazione qualitativa dei prodotti. In tali settori è più facile per le imprese italiane specializzarsi in produzioni di maggiore qualità, meno esposte alla concorrenza di prezzo.

In terzo luogo, gli effetti della concorrenza dei paesi a basso costo del lavoro non si limitano ai soli settori che registrano maggiori importazioni da tali paesi, ma si trasmettono lungo l’intera catena produttiva. Da un lato, l’occupazione risente negativamente della concorrenza nei settori più “a valle”, che riduce la domanda per i beni prodotti in Italia. Dall’altro lato, l’occupazione è influenzata positivamente dalla concorrenza nei settori più “a monte”, verosimilmente per la possibilità di acquistare input produttivi a prezzi più contenuti.

L’analisi effettuata non costituisce una valutazione complessiva dei costi e dei benefici dell’apertura commerciale con i paesi in cui i salari sono bassi. Ad esempio, non si considerano i vantaggi legati all’espansione dei mercati di sbocco per le esportazioni italiane o alla più ampia disponibilità di beni importati; né si considerano i costi di riallocazione dei lavoratori, i quali sono costretti a lasciare i settori più esposti alla concorrenza.

Pubblicato nel 2014 in: Oxford Bulletin of Economics and Statistics, v. 76, 3, pp. 389-410