N. 755 - Indicatori di povertà basati sulla ricchezza

Go to the english version Cerca nel sito

di Andrea Brandolini, Silvia Magri e Timothy M. Smeedingmarzo 2010

Lo stato di povertà è in genere identificato con una condizione in cui il reddito corrente non è sufficiente a raggiungere un livello minimo di consumi giudicato socialmente necessario. Nella valutazione statistica non viene invece presa in considerazione la ricchezza reale e finanziaria, se non per il flusso annuo di reddito che essa genera. Tuttavia, le attività di una famiglia svolgono un ruolo essenziale nel sostenere lo standard di vita quando vi siano oscillazioni temporanee delle entrate o sopravvengano eventi negativi non previsti.

Il metodo attualmente seguito nella misurazione della povertà riflette sia i limiti delle fonti statistiche, che raramente raccolgono informazioni sui redditi congiuntamente a quelle sulla ricchezza, sia un ritardo nell’elaborazione di strumenti analitici adeguati. Partendo da queste considerazioni, il lavoro tratteggia un semplice quadro analitico in cui la condizione di povertà è valutata in funzione di due variabili: i redditi da lavoro, pensione e trasferimenti e le attività finanziarie e reali. Ciò consente di discutere in un quadro unitario due approcci finora proposti nella letteratura: l’indice reddito-ricchezza (income-net worth measure) e gli indicatori di povertà di ricchezza (assetpoverty).

L’indice reddito-ricchezza si basa sulla definizione standard di reddito disponibile, ma vi sostituisce il flusso di reddito generato annualmente dalla ricchezza con una rendita annua costante percepita fino al momento T in cui la ricchezza, per definizione, si annulla. La lunghezza del periodo T viene fatta coincidere con la speranza di vita corrispondente all’età della persona per cui si calcola l’indice. Questo metodo consente di fondere reddito e ricchezza, ma richiede ipotesi forti, in particolare circa la scelta del periodo T e del tasso di rendimento. Ha inoltre conseguenze rilevanti per la composizione della povertà per classi di età, poiché gli anziani hanno una speranza di vita minore e una ricchezza, in media, più elevata.

Gli indicatori di povertà di ricchezza sono intuitivamente più semplici. Essi individuano le famiglie o le persone che, in assenza di altre risorse economiche, hanno accumulato una ricchezza insufficiente a garantire un tenore di vita corrispondente a quello della soglia di povertà per almeno n mesi. Operativamente, ciò significa confrontare la ricchezza posseduta con una frazione, generalmente compresa tra un quarto e la metà, della soglia di povertà calcolata per i redditi annuali. Nel caso in cui fosse pari alla metà, si considererebbero povere le famiglie con un patrimonio insufficiente a sostenerle per almeno sei mesi al livello di consumo ritenuto socialmente accettabile.

Nel lavoro si applicano queste misure ai dati tratti dal Luxembourg Wealth Study per Canada, Finlandia, Germania, Italia, Norvegia, Regno Unito, Svezia e Stati Uniti nei primi anni dello scorso decennio. L’esercizio mostra come la considerazione della ricchezza insieme al reddito possa determinare una diversa valutazione dell’entità della povertà, con differenze più accentuate per alcuni dei paesi analizzati.

Considerando l’indice reddito-ricchezza invece del solo reddito disponibile, si colma in parte la differenza tra gli Stati Uniti, in cui è maggiore l’incidenza della povertà di reddito, e i paesi europei. L’incidenza della povertà tende a ridursi molto anche in Italia, rispetto agli altri paesi europei considerati, per effetto del livello elevato della ricchezza posseduta dalle famiglie del nostro paese. La riduzione della quota di persone classificate come povere è in genere assai più contenuta quando si considera la sola ricchezza finanziaria. L’abitazione di proprietà rappresenta infatti la componente principale del patrimonio delle famiglie meno abbienti.

L’incidenza della povertà quando si guardi esclusivamente alla ricchezza netta totale risulta maggiore di circa due o tre volte rispetto agli indicatori basati solo sul reddito. Ancora più elevata è la quota di persone che hanno una ricchezza finanziaria insufficiente a sostenerle, in mancanza di altre risorse economiche, al livello della linea di povertà per almeno tre mesi: essa varia tra il 32 per cento in Italia e il 57 per cento in Canada. Poiché non più di un terzo di queste persone sono povere anche in base al reddito, queste statistiche indicano che nei paesi considerati esiste un’ampia fascia di persone che pur avendo redditi superiori alla soglia di povertà sono vulnerabili al verificarsi di eventi negativi. L’Italia è il paese in cui questa fascia risulta più limitata: ciò potrebbe riflettere un maggior risparmio a fini precauzionali connesso anche con la limitatezza degli strumenti di sostegno per le persone in difficoltà.

Pubblicato nel 2012 in: D. J. Besharov and K. A. Couch (eds), Counting the Poor: New Thinking About European Poverty Measures and Lessons for the United States, Oxford and New York: Oxford University Press

Testo della pubblicazione