N. 1054 - Partecipazione al mercato del lavoro, rigidità salariali e inflazione

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di Francesco Nucci e Marianna Riggifebbraio 2016

La partecipazione al mercato del lavoro statunitense è diminuita in misura marcata a partire dalla Grande Recessione, riflettendo in misura significativa, secondo numerosi studi, fattori di natura ciclica. Nell’area dell’euro il tasso di partecipazione ha mostrato un comportamento radicalmente differente, aumentando di circa due punti percentuali tra il 2007 e il 2014.

Il lavoro dapprima mostra che anche l’andamento del tasso di partecipazione nell’area dell’euro ha una prevalente componente ciclica.

Viene successivamente sviluppato un modello teorico di equilibrio generale, con scelta endogena di partecipazione al mercato del lavoro, per spiegare la differenza tra gli andamenti osservati negli Stati Uniti e nell’area dell’euro.

Durante una recessione la minore probabilità di trovare un’occupazione e la riduzione dei salari reali possono indurre gli individui a uscire dalla forza lavoro (“effetto scoraggiamento”), comportando un profilo pro-ciclico della partecipazione, in linea con l’esperienza recente degli Stati Uniti. Il modello qui impiegato può tuttavia generare un aumento della partecipazione in una fase recessiva (“effetto del lavoratore aggiunto”), come osservato dal 2007 nell’area dell’euro. Ciò può avvenire in conseguenza di rigidità verso il basso del salario reale e di “abitudine” nelle preferenze delle famiglie, ossia di aspirazione a mantenere gli standard di consumo acquisiti.

Il modello viene infine utilizzato per studiare le implicazioni della endogeneità della partecipazione al mercato del lavoro sul nesso tra rigidità del salario reale e inflazione.

Secondo la letteratura precedente, nelle fasi recessive le rigidità salariali comportano pressioni al rialzo sull’inflazione, poiché limitano l’aggiustamento verso il basso del costo del lavoro. Tuttavia, questo lavoro mostra che, in presenza di una risposta endogena della forza lavoro, le rigidità salariali possono indurre lavoratori potenziali a iniziare a cercare un’occupazione durante la recessione, generando pressioni di senso opposto sull’inflazione; l’effetto delle rigidità salariali sulla dinamica dei prezzi risulterebbe così pressoché nullo nel complesso.

Pubblicato nel 2018 in: Journal of Macroeconomics, v. 55, 3 pp. 274-292

Testo della pubblicazione