Il lavoro analizza l’impatto delle “sorprese” macroeconomiche – misurate dalla differenza tra le attese degli analisti e il dato realizzato – e di quelle relative ai tassi di politica monetaria – misurate dalla variazione dei tassi a più breve scadenza nel giorno in cui si tengono le riunioni di politica monetaria – sulla struttura a termine dei tassi di interesse nominali e reali e sulle aspettative di inflazione.
Il modello impiegato permette di stimare congiuntamente i tassi nominali e quelli reali – desunti dai titoli di Stato indicizzati all’inflazione – e le variabili che rappresentano le sorprese. Le stime, condotte per l’area dell’euro e per gli Stati Uniti, utilizzano dati settimanali disponibili in tempo reale.
I risultati principali sono i seguenti.
Negli Stati Uniti, i tassi nominali sono influenzati sistematicamente dalle sorprese relative al mercato del lavoro, dalle prospettive cicliche dell’economia (indice ISM) e dalle sorprese di politica monetaria. Dal settembre 2008 le informazioni provenienti dal mercato del lavoro hanno acquisito maggiore importanza.
Nell’area dell’euro, i tassi nominali reagiscono sistematicamente solo alle sorprese relative all’indice PMI sulle prospettive cicliche. Dopo il fallimento di Lehman Brothers gli shock all’inflazione hanno cessato di influenzare i tassi nominali, mentre quelli all’indice PMI hanno accresciuto il loro impatto.
I tassi reali negli Stati Uniti sono influenzati in misura significativa solo dalle sorprese di politica monetaria. Nell’area dell’euro, invece, essi risentono positivamente delle sorprese relative all’inflazione (con un effetto che è più intenso sulle durate a breve termine) e di quelle di politica monetaria.