N. 882 - Un confronto empirico dei modelli di pricing dei Credit Default Swaps

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di Michele Leonardo Bianchisettembre 2012

Nella finanza quantitativa l'incertezza relativa ad alcuni fattori che determinano i prezzi delle principali attività finanziarie è spesso rappresentata da una legge normale. Tale ipotesi, tuttavia, viene in molti casi rifiutata dall’evidenza empirica. Per questo motivo, negli ultimi anni sono stati proposti numerosi metodi di analisi che cercano di migliorare le prestazioni dei principali modelli di pricing, utilizzando distribuzioni più flessibili di quella normale. Alcune di queste metodologie sono state applicate anche ai derivati di credito.

Il lavoro esamina empiricamente vari modelli di pricing dei credit default swaps (CDS) seguendo un approccio che introduce la possibilità che vi siano delle discontinuità nella dinamica dell’intensità di default. Esso inoltre considera diverse ipotesi sulla distribuzione di tali discontinuità e differenti modalità di calibrazione dei parametri. L’analisi è condotta sugli spread dei CDS relativi ad oltre 100 imprese incluse nell’indice Markit iTraxx Europe durante il periodo compreso tra il 30 giugno 2008 e il 31 dicembre 2010, caratterizzato da un’alta volatilità. I risultati mostrano che, sebbene gli errori di pricing siano elevati per tutti i modelli nel periodo di maggiore volatilità (che comprende, tra l’altro, la crisi finanziaria seguita al dissesto di Lehman Brothers), l’impiego di distribuzioni non normali può effettivamente migliorare la performance dei modelli in termini di capacità di replicare gli spread osservati e di stabilità dei parametri.  

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