N. 868 - I costi economici della criminalità organizzata: evidenze dall’Italia meridionale

Il lavoro analizza la relazione tra criminalità organizzata e sviluppo economico in Italia dal dopoguerra a oggi. Come principale indicatore della presenza di organizzazioni criminali si utilizzano le denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis del codice penale) in rapporto alla popolazione. 

Tali dati evidenziano che, all’interno dello stesso Mezzogiorno, coesistono regioni alquanto diverse in termini di radicamento e dinamica della criminalità organizzata. Mentre le organizzazioni mafiose condizionano lo sviluppo di Sicilia, Campania e Calabria sin dal periodo preunitario, la loro presenza in Puglia e Basilicata si intensifica solo negli ultimi decenni del secolo scorso, a seguito di una serie di avvenimenti in larga parte indipendenti dal contesto socio-economico delle due regioni e riconducibili piuttosto alla contiguità territoriale con le aree di tradizionale insediamento. Le statistiche giudiziarie confermano che verso la fine degli anni settanta Puglia e Basilicata si caratterizzano per un forte aumento degli omicidi, che negli anni successivi rimangono su un livello mediamente più elevato rispetto al periodo precedente. 

Il lavoro utilizza questa discontinuità temporale per identificare i costi economici imposti dalla criminalità organizzata. In particolare, si confronta la serie storica del PIL pro-capite effettivamente osservato in Puglia e Basilicata dal dopoguerra a oggi con la media ponderata della stessa variabile nelle regioni italiane in cui la presenza delle organizzazioni criminali non ha assunto carattere endemico. Calibrando i pesi delle regioni, in modo da replicare le condizioni economiche iniziali di Puglia e Basilicata durante il periodo 1951-1960 (prima dell’avvento della criminalità organizzata), il PIL pro capite del gruppo di controllo fornisce un possibile scenario controfattuale per lo sviluppo economico di queste due regioni in assenza di criminalità organizzata. In questo modo, si cerca quindi di identificare l’effetto causale della criminalità sulla crescita economica, escludendo altri fattori omessi e/o fenomeni di causalità inversa.

I risultati suggeriscono che il consolidamento delle organizzazioni criminali in Puglia e Basilicata coincide con il passaggio da un sentiero di crescita economica elevata a uno inferiore, che si traduce in un significativo ritardo economico durante i decenni successivi. Tale risultato non dipende da una riallocazione di forza lavoro dall’economia ufficiale a quella sommersa, quanto piuttosto da una sostituzione di investimenti privati con capitale pubblico a minore produttività.