N. 860 - Gli effetti dell’indennità di disoccupazione in Italia: evidenze desumibili da una modifica dello schema

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di Alfonso Rosolia e Paolo Sestitoaprile 2012

L’indennità di disoccupazione rappresenta una forma di assicurazione contro la perdita del posto di lavoro e del reddito che ne deriva. Individui avversi al rischio e con limitate risorse finanziarie possono trarre beneficio da strumenti che consentono di isolare, anche solo parzialmente, la propria spesa per consumi dalle fluttuazioni del reddito. Oltre a lenire il disagio del singolo lavoratore, sussidi più generosi potrebbero anche stimolare - a fronte di un più lungo periodo di ricerca - una più attenta selezione delle offerte di lavoro e quindi favorire l’allocazione delle competenze professionali agli impieghi più adatti.

Come tutti gli istituti assicurativi, l’indennità di disoccupazione è anche soggetta a un problema di azzardo morale: disporre di una fonte di reddito in assenza di lavoro può indebolire eccessivamente gli incentivi a ricercare una nuova occupazione. Di conseguenza, una più lunga durata potenziale o un più elevato importo del sussidio potrebbero risultare in questo caso controproducenti, oltre che più onerosi da un punto di vista finanziario. Valutare i rischi e le potenzialità di tale istituto è perciò un importante quesito empirico.

Nel 2001 l’indennità ordinaria di disoccupazione italiana fu modifica elevandone l’importo (dal 30 al 40 per cento dell’ultima retribuzione) ed estendendone, per i soli ultra cinquantenni, la durata massima potenziale (da 6 a 9 mesi). Questo lavoro valuta in che misura tali modifiche hanno influenzato i successivi esiti lavorativi dei beneficiari dell’indennità. Adoperando il periodo 1997-2002, a cavallo delle modifiche normative citate, se ne considerano gli effetti sia sulla durata del periodo di percezione del sussidio sia sui tempi di ritorno al lavoro dei beneficiari dell’istituto.

Il computo più preciso, che si concentra sugli effetti dell’estensione di 3 mesi della durata potenziale del sussidio, ottenuto dal confronto tra beneficiari dell’indennità poco sopra e poco sotto la soglia dei 50 anni, evidenzia un incremento medio del periodo di percezione del sussidio di circa 1 mese. Per contro, non si manifesta alcun prolungamento del periodo di percezione dei sussidi a fronte del solo aumento dell’importo. Nessuna delle due modifiche citate avrebbe inoltre significativamente accresciuto i tempi di ritorno al lavoro.

Sulla limitatezza degli effetti delle variazioni intervenute nel 2001 potrebbero aver inciso aspetti di natura statistica, quali la brevità del periodo considerato nelle stime, poiché, in generale, vi è una certa lentezza da parte dei possibili beneficiari ad apprendere e utilizzare le potenzialità di nuovi istituti, nonché la possibilità di mutamenti nella popolazione dei beneficiari dei sussidi, di cui si è potuto tener conto solo sulla base di poche caratteristiche osservabili. Potrebbe avervi contribuito anche il modesto incremento dei sussidi: benché maggiori, ammontavano solo al 40 per cento della precedente retribuzione, un importo tale da non innescare una più efficace ricerca di lavoro o da attenuare gli incentivi a cercare una nuova occupazione Per queste ragioni non è possibile generalizzare i risultati ad altri, più generosi, contesti e strumenti.