N. 761 - Le determinanti della mobilità degli insegnanti italiani: evidenze da un panel

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di Gianna Barbieri, Claudio Rossetti e Paolo Sestitogiugno 2010

Le scuole italiane sono caratterizzate da un’elevata mobilità tra sedi degli insegnanti. Questa discende sia dall’avvicendarsi sulla stessa cattedra di docenti con incarichi solo annuali (i cosiddetti precari), sia dal fatto che i docenti di ruolo chiedono frequentemente di trasferirsi altrove. In particolare, ogni anno vengono presentate oltre 100.000 domande di trasferimento, pari al 15 per cento degli insegnanti di ruolo. In presenza di una limitata progressione retributiva e poco pregnanti verifiche sulla qualità delle prestazioni lavorative, questa opportunità di trasferimento, governata essenzialmente da criteri di anzianità, rappresenta una delle poche opportunità di carriera. Nel lavoro si analizzano le principali determinanti delle domande di trasferimento espresse dai docenti di ruolo.

Tra queste riveste un ruolo importante la distanza tra luogo di nascita e sede di lavoro. Lungo l’arco della vita lavorativa, i primi incarichi e l’entrata in ruolo avvengono spesso lontano dal luogo di nascita, a cui poi alle volte ci si cerca di riavvicinare. La mobilità complessiva degli insegnanti non è però che in minima parte legata a questo effetto geografico. Anche controllando per esso, essa è sistematicamente legata alle caratteristiche specifiche del luogo di lavoro e della scuola ove si opera.

Al fine di valutare quali tratti di una singola scuola inducano i docenti a chiedere il trasferimento si sono utilizzate sia informazioni sulla composizione socio-economica della popolazione nel bacino di utenza naturale della singola scuola sia informazioni sulla popolazione degli studenti effettivamente iscritti nella scuola. Entrambi i gruppi di caratteristiche intendono cogliere il grado di difficoltà dell’attività di insegnamento nella singola scuola.

La probabilità di presentare una domanda di trasferimento risulta sistematicamente più elevata per chi opera in scuole caratterizzate da un contesto più difficile. Questo risultato sarebbe riconducibile soprattutto alle maggiori difficoltà didattiche anziché alle caratteristiche del luogo geografico dove l’insegnante è implicitamente tenuto a risiedere. Se ne conclude che le scuole più difficili finiscono con l’avere docenti con una maggiore propensione a trasferirsi altrove, presumibilmente meno motivati ad operarvi, ed un più elevato turnover, i cui effetti negativi sugli apprendimenti degli alunni sono stati di recente evidenziati da altri lavori. Tutto ciò indurrebbe una significativa persistenza della minore qualità nelle scuole inserite in contesti più svantaggiati.

Pubblicato nel 2011 in: Economics of Education Review, v. 30, 6, pp. 1430-1444

Pubblicato nel 2017 in: Politica economica/Journal of Economic Policy, v. 33, 1, pp.59-72

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