N. 708 - Inflazione di lungo periodo, principio di Taylor e indeterminatezza dell’equilibrio

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di Guido Ascari e Tiziano Ropelemaggio 2009

La recente letteratura monetaria di stampo neo-keynesiano ha analizzato a fondo gli effetti macroeconomici derivanti dall’utilizzo di regole à la Taylor per la fissazione del tasso di interesse di riferimento. Un risultato importante di tale letteratura è che una regola di politica monetaria che soddisfi il cosiddetto principio di Taylor – che implica un aumento del tasso di policy più che proporzionale rispetto a un aumento del tasso di inflazione – ha effetti stabilizzanti sul sistema economico e impedisce l’insorgere di equilibri economici multipli, ossia indeterminati.

Tale risultato si ottiene con modelli teorici dinamici di equilibrio economico generale caratterizzati dall’esistenza di un tasso di inflazione di lungo periodo pari a zero. Tuttavia, quest’ultima ipotesi contraddice l’evidenza empirica che, per gli ultimi decenni, evidenzia un tasso d’inflazione mediamente positivo in molti paesi avanzati.

Il presente lavoro generalizza il modello standard neokeynesiano per tenere conto della possibilità di un’inflazione di lungo periodo diversa da zero e analizza gli effetti di tale modifica con riferimento a: (i) le proprietà di unicità (o determinatezza) dell’equilibrio con aspettative razionali; (ii) le funzioni di risposta a impulso a seguito di uno shock ai costi; e (iii) la varianza di variabili rilevanti, quali inflazione e produzione.

Il risultato principale indica chiaramente come l’ipotesi di un’inflazione positiva di lungo periodo produca, per tutti e tre gli aspetti analizzati, risultati significativamente diversi da quelli ottenuti nell’ipotesi standard di inflazione di lungo periodo pari a zero. In particolare, nel caso in esame il principio di Taylor risulta essere solo condizione necessaria, ma non più sufficiente, per garantire l’unicità dell’equilibrio. Anzi, per assicurare la determinatezza, al crescere del livello di inflazione di lungo periodo l’autorità monetaria deve essere sempre più aggressiva in risposta a variazioni del tasso di inflazione e, allo stesso tempo, non porre in essere politiche eccessivamente anticicliche. In generale, la presenza di un’inflazione di lungo periodo positiva aumenta la probabilità che l’equilibrio con aspettative razionali possa essere indeterminato. Inoltre, all’aumentare del tasso di inflazione di lungo periodo si amplificano le funzioni di risposta a impulso, accrescendo, pertanto, la varianza dell’inflazione, della produzione e del tasso di policy.

I risultati ottenuti risultano robusti all’uso di diverse forme di indicizzazione parziale dei prezzi (per esempio, all’inflazione  passata oppure a quella di trend) e a diverse specificazioni della regola di politica monetaria.

In generale, i risultati dello studio sono basati sulle misure di efficacia della politica monetaria proprie della classe di modelli considerata; un obiettivo di inflazione superiore a zero è tipicamente ritenuto preferibile per altri motivi evidenziati in letteratura, tra cui ad esempio il minore rischio di incorrere in una deflazione e l’esistenza di rigidità al ribasso nei salari nominali.

Pubblicato nel 2009 in: Journal of Money, Credit and Banking, v. 41, 8, pp. 1557-1584