N. 693 - Competizione nell’ influenzare i processi decisionali

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di Enrico Settesettembre 2008

I processi decisionali sono spesso basati su informazioni fornite da esperti che per il proprio ruolo o le proprie capacità hanno la possibilità di stabilire quale sia la scelta più appropriata in un determinato contesto. Poiché in genere le informazioni fornite dagli esperti non sono verificabili, possono sorgere conflitti di interesse tra questi e il soggetto a cui forniscono consulenza. Tuttavia, gli esperti sono spesso motivati da incentivi reputazionali che favoriscono una più corretta trasmissione dell’informazione privata di cui sono in possesso e mitigano i conflitti di interesse.

Il lavoro analizza l’interazione tra gli incentivi reputazionali e quelli generati dalla concorrenza tra esperti e ne studia gli effetti sulla qualità dell’informazione fornita. In particolare, si propone un modello teorico in cui un certo numero di esperti (agenti) fornisce informazioni a un cliente (il principale), la cui decisione finale influenza il payoff di tutti gli agenti. Alcuni esperti possono avere un conflitto di interessi con il principale, in quanto preferiscono sempre una certa decisione, indipendentemente dal fatto che questa sia ottimale per il principale; altri possono avere preferenze allineate con quelle del principale. Tuttavia, le preferenze dei singoli esperti non sono note al principale. Si suppone, inoltre, che l’interazione tra il principale e gli esperti si sviluppi su due periodi. Questo implica che gli esperti che hanno un conflitto di interessi con il principale hanno comunque un incentivo a trasmettere correttamente, almeno nel primo periodo, l’informazione per mantenere la loro reputazione di imparzialità ed essere nuovamente contattati nel periodo successivo.

Il modello mostra che la concorrenza tra esperti non ha effetti univoci sugli incentivi a riportare correttamente l’informazione. Innanzitutto, la presenza di più esperti riduce la probabilità che ognuno di essi riesca a influenzare la decisione nel periodo corrente e in quello futuro (effetto di influenza ridotta): il primo effetto riduce pertanto il costo opportunità di mantenere in futuro una reputazione di imparzialità; il secondo riduce il beneficio atteso di mantenere tale reputazione. In secondo luogo, la concorrenza può accrescere il costo di perdere la reputazione per l’esperto in conflitto di interessi, poiché sarà più probabile che le decisioni future vengano influenzate da esperti con preferenze diverse dalle sue (effetto disciplina). Infine, un maggior numero di esperti consente al principale di estrarre informazione confrontando i diversi suggerimenti raccolti. L’effetto netto di queste tre forze non è univoco e possono esservi casi in cui risulta ottimale ridurre la concorrenza tra esperti. Ciò può essere realizzato sia delegando la decisione a un solo specifico esperto, sia dando più peso all’informazione fornita da uno di essi. Esistono, inoltre, situazioni in cui è preferibile delegare la decisione a un esperto con una reputazione meno robusta, in quanto l’effetto disciplina è per lui più forte. Infine, la preferibilità della delega rispetto alla raccolta di informazioni rilevanti da più fonti dipende in modo non monotono dall’importanza della decisione: si dovrebbero delegare solo quelle di importanza intermedia.

Il lavoro fornisce una nuova giustificazione teorica dell’opportunità di delegare decisioni all’interno di un’organizzazione e per l’emergere di fenomeni di favoritismo, in cui le informazioni fornite da un agente vengono prese in maggiore considerazione rispetto a quelle fornite da altri. I risultati possono essere applicati alla descrizione di un’ampia varietà di situazioni economiche quali la concorrenza tra dirigenti di divisioni diverse per l’allocazione delle risorse, la competizione tra consulenti finanziari per orientare le scelte di investimento di individui e famiglie, o quella tra gruppi di pressione per orientare decisioni di politica economica.

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