N. 679 - L'espansione del sistema universitario aumenta l'uguaglianza nelle opportunità di istruzione? Il caso italiano

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di Massimiliano Bratti, Daniele Checchi e Guido de Blasiogiugno 2008

Il lavoro intende valutare se l’espansione dell’offerta universitaria, realizzata in Italia nello scorso decennio, abbia ridotto la disuguaglianza tra fasce sociali nelle opportunità di acquisire istruzione universitaria nel nostro Paese.

A fronte di una sostanziale immobilità nell’offerta universitaria italiana nel corso degli anni ottanta, gli anni novanta sono stati caratterizzati da una forte espansione dell’offerta, sia sul territorio, grazie all’apertura di nuove sedi, sia in termini di varietà di corsi di laurea offerti. Mentre nel 1990 soltanto 104 città potevano vantare la presenza di una sede universitaria, nel 2000 il numero era circa raddoppiato (196). Nello stesso periodo, il numero di corsi di laurea quadriennali o quinquennali è passato da 898 a 1.321. Alla base di questa espansione vi è stata una serie di riforme, che hanno progressivamente aumentato l’autonomia statutaria prima e finanziaria e didattica, poi, degli Atenei italiani.

Dal punto di vista teorico è lecito attendersi effetti positivi, sull’accessibilità dell’istruzione universitaria alle diverse fasce sociali, sia dall’espansione degli Atenei sul territorio sia dalla diversificazione dell’offerta didattica. Infatti, il primo fattore dovrebbe ridurre i costi diretti connessi all’istruzione (trasporto, alloggio) favorendo un aumento delle iscrizioni universitarie (e, a parità di percorso di studio, anche del numero di laureati). La diversificazione dell’offerta, qualora venga calibrata sulle esigenze del mercato del lavoro, dovrebbe migliorare la qualità dell’incontro tra le competenze possedute dal lavoratore laureato e quelle richieste dal datore di lavoro, aumentando così il “rendimento” del titolo di studio universitario, e stimolando, per questa via , una maggiore domanda di istruzione terziaria.

Nella ricerca vengono utilizzate le informazioni dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia per confrontare due coorti di individui, una “esposta” all’espansione del sistema universitario, e l’altra “non esposta”, nel senso chiarito di seguito. Il primo gruppo è rappresentato da individui che hanno compiuto il 19esimo anno di età nel corso degli anni novanta; il secondo da coloro che avevano già completato la loro carriera scolastica prima dell’espansione dell’offerta universitaria. Inoltre, l’analisi sfrutta anche la variabilità territoriale nell’aumento dell’offerta. Infatti, l’autonomia concessa dalle riforme è stata utilizzata in maniera differente dai diversi Atenei e questi comportamenti si sono riflessi in forti differenze nell’espansione del sistema a livello regionale.

L’effetto dell’espansione dell’offerta universitaria viene misurato attraverso due indicatori: la probabilità, per gli individui di età compresa tra 23 e 31 anni, di possedere una laurea e quella, per gli individui nella stessa fascia d’età, di possedere una laurea o di essere nella condizione di studente a tempo pieno. Al fine di identificare l’effetto dell’espansione dell’offerta universitaria da quello di altri fattori contestuali, le analisi controllano per le specificità regionali che potrebbero aver influenzato sia la domanda sia l’offerta di istruzione terziaria; altri fattori di controllo sono le caratteristiche individuali e di background familiare.

I risultati suggeriscono che l’espansione dell’offerta abbia avuto un ruolo modesto nel favorire l’uguaglianza delle opportunità di istruzione. L’espansione avrebbe infatti aumentato la probabilità di iscriversi e permanere all’università, ma non quella di laurearsi. Tale duplice risultato è relativamente più marcato per gli individui con background familiare “intermedio” (cioè per coloro che, pur non avendo genitori laureati, hanno almeno un genitore con istruzione secondaria superiore). Infine, l’aumento del numero dei corsi sembra aver avuto un impatto maggiore rispetto alla diffusione di strutture universitarie sul territorio, per la quale non si riscontra nessun effetto, né sull’iscrizione né sul conseguimento del titolo.

Nell’insieme, i risultati del lavoro — pur non consentendo, a causa di alcune limitazioni nei dati (ad esempio, relative agli abbandoni o al comportamento degli studenti lavoratori), di esprimere un giudizio definitivo sulle cause sottostanti lo scarso impatto dell’espansione dell’offerta universitaria sul conseguimento dei titoli di istruzione post-secondaria — suggeriscono alcune possibili interpretazioni. Una prima possibilità è che l’espansione abbia stimolato le iscrizioni degli studenti meno abili e motivati, che hanno elevati tempi di laurea ed una maggiore probabilità di abbandonare il corso di studi intrapreso, specialmente qualora ricevano al contempo un’offerta lavorativa. Una seconda possibilità è che gli Atenei non siano stati in grado di sfruttare appieno l’autonomia per aumentare l’efficienza del sistema formativo, in particolare per quanto riguarda i tassi di conseguimento dei titoli in presenza di un forte aumento delle iscrizioni.

Pubblicato nel 2008 in Labour. V. 22, 6, pp. 53-88