N. 674 - Agglomerazione entro e tra regioni: due indicatori basati su tecniche di econometria spaziale

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di Valter Di Giacinto e Marcello Pagninigiugno 2008

Il saggio fornisce un contributo metodologico alla letteratura sull’agglomerazione proponendo due nuovi indicatori, che superano alcuni limiti delle misure finora disponibili, con un’applicazione su dati italiani.

L’agglomerazione rappresenta la tendenza delle diverse attività economiche a concentrarsi nello spazio. L’esistenza di esternalità positive che aumentano la produttività delle imprese (e il connesso ruolo dei distretti), i flussi di pendolarismo, le diseguaglianze territoriali nel grado di sviluppo, la congestione di un’area geografica sono alcuni dei fenomeni economici associati all’agglomerazione. La rilevanza di questi aspetti motiva il tentativo, sviluppato in questo saggio, di migliorare le misure sull’intensità dell’agglomerazione.

I fenomeni di agglomerazione vengono usualmente analizzati facendo ricorso a due tipi di misure: l’autocorrelazione spaziale e la concentrazione. L’autocorrelazione indica in che misura la presenza di un fenomeno in un’area influenza la presenza dello stesso fenomeno in una regione limitrofa; la concentrazione indica invece in che misura un fenomeno è addensato in una porzione specifica del territorio. Le misure di autocorrelazione finora utilizzate si basano sull’ipotesi che esistano esternalità positive tra impianti che si localizzano in aree diverse, seppur vicine nello spazio; assumono che le forze di agglomerazione interne a ciascuna area siano invece nulle. Le tradizionali misure di concentrazione, al contrario, si basano sull’ipotesi che le forze di agglomerazione tra gli impianti si manifestino solo all’interno di una singola area e non abbiano effetto all’esterno. In altri termini, ognuno dei due indicatori tradizionali misura l’agglomerazione concentrandosi su un tipo di forza “attrattiva” (tra aree o all’interno di un’area) ed escludendo l’altra.

Nel lavoro sono proposti due nuovi indicatori (rispettivamente di autocorrelazione e di concentrazione) che tengono conto dell’esistenza simultanea di forze interne ed esterne all’area. La metodologia proposta è applicata ai dati sulle unità locali delle imprese rilevate dal censimento dell’industria e dei servizi effettuato dall’Istat nel 2001. I due nuovi indicatori di agglomerazione sono stati calcolati per oltre 100 comparti del manifatturiero e per gli 80 settori dei servizi.

I risultati mostrano che una moderata tendenza all’agglomerazione è presente in quasi tutti i settori, sia del manifatturiero, sia dei servizi. La tendenza degli impianti a concentrarsi in specifiche aree è più elevata nel comparto manifatturiero rispetto a quello dei servizi. Ad esempio, la concentrazione è particolarmente alta nei settori della cantieristica navale, della pesca e dei prodotti in legno e in pelle, per i quali sono forti i vantaggi localizzativi dovuti ai cosiddetti vantaggi naturali; altri comparti manifatturieri ad elevata concentrazione includono gli strumenti ottici e gli apparecchi fotografici, nei quali giocano un ruolo maggiore gli spillover di conoscenza. Al contrario, l’autocorrelazione spaziale, positiva in entrambi i casi, è più elevata nei servizi rispetto al manifatturiero; ad esempio, è particolarmente marcata nei comparti degli hotel e dei campeggi, due attività per le quali sono rilevanti i vantaggi naturali che si dispiegano su più regioni vicine nello spazio.

Le misure di autocorrelazione e di concentrazione spaziale basate sugli indicatori proposti in questo saggio, pur fornendo indicazioni qualitativamente simili a quelle fornite dagli indicatori tradizionali, risultano più robuste e accurate. In particolare, la nuova metodologia consente di evitare, nel misurare la concentrazione spaziale, la sovrastima associata agli indicatori tradizionali, dovuta al fatto che questi ultimi non tengono conto della simultaneità delle forze di agglomerazione interne ed esterne. Inoltre, l’ordinamento dei settori in base all’intensità dell’agglomerazione, ottenuto usando i nuovi indicatori, mostra più chiaramente l’importanza dei vantaggi naturali e degli spillover di conoscenza nello spiegare i fenomeni di agglomerazione.

Pubblicato nel 2011 in: Regional Science and Urban Economics, v. 41, 3, pp. 266-280