N. 672 - Il mercato del lavoro degli insegnanti: caratteristiche demografiche e meccanismi allocativi

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di Gianna Barbieri, Piero Cipollone e Paolo Sestitogiugno 2008

Questo lavoro esamina le caratteristiche demografiche degli insegnanti in Italia, i loro comportamenti sul mercato del lavoro e i meccanismi di allocazione tra le varie scuole.

Il ruolo dei docenti nell’istruzione è importante da vari punti di vista. Essi assorbono circa i due terzi della spesa corrente per istruzione (ai livelli primario e secondario). D’altro lato, la loro azione quotidiana rappresenta la principale determinante, insieme alle caratteristiche innate e al contesto socio economico, degli apprendimenti degli studenti. Le evidenze disponibili anche a livello internazionale mostrano come l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico dipendano in maniera essenziale da qualità e motivazione degli insegnanti e dagli incentivi che essi quotidianamente fronteggiano.

In assenza di informazioni dirette sulla qualità e le motivazioni del corpo docente italiano, questo saggio analizza la composizione socio-demografica della popolazione degli insegnanti e i comportamenti sul mercato del lavoro.

I principali risultati al riguardo sono i seguenti. Innanzitutto, gli insegnanti risultano più vecchi del resto degli occupati e sono in prevalenza donne. Nelle regioni meridionali, in particolare, gli insegnanti sono in genere più vecchi, meno istruiti e con voti di laurea o di diploma inferiori a quelli dei loro colleghi che operano nel resto del Paese. In terzo luogo, considerando il voto di laurea o di diploma, espresso in termini relativi rispetto alla propria coorte di appartenenza, emerge un voto relativo più basso tra gli insegnanti anziani. Ciò potrebbe discendere da meccanismi di cosiddetta “selezione avversa”, per cui rimangono nella professione i soggetti meno capaci; alternativamente, potrebbe riflettere un’accresciuta attrattività nel tempo della professione di insegnante. In quarto luogo, la professione di insegnante si distingue nettamente dalle altre professioni per le dimensioni contenute dell’orario medio settimanale di lavoro e la maggiore diffusione di assenze temporanee dal lavoro. Infine, l’inizio della carriera è caratterizzato da forte precarietà, con contratti a termine di durata inferiore rispetto al resto dell’economia, una più intensa ricerca di un altro lavoro e una più elevata probabilità di svolgere un secondo lavoro; nelle coorti più anziane, al contempo, chi è rimasto insegnante gode di una maggiore stabilità del posto di lavoro e meno spesso cerca altri lavori, continuando però più spesso a svolgere un doppio lavoro.

Il saggio passa poi ad approfondire i meccanismi dell’allocazione centralizzata dei docenti alle singole scuole e le possibili conseguenze sulla motivazione degli insegnati e sull’efficacia dell’attività didattica. I meccanismi di allocazione sono privi di verifiche sui comportamenti e sulla qualità e sono basati su regole amministrative in cui l’anzianità accumulata garantisce prima l’assegnazione di un incarico temporaneo, poi l’accesso a un posto di ruolo e, infine, la mobilità verso la sede scolastica desiderata. In particolare gli autori costruiscono a livello di singola scuola tre indicatori relativi al turnover (quota degli insegnanti che entrano ed escono da una scuola ogni anno), al grado di mismatch (quota degli insegnanti di ruolo che desiderano abbandonare la scuola ove correntemente operano) e al livello di gradimento espresso verso ciascuna scuola (differenza tra insegnanti che chiedono il trasferimento verso una certa scuola e quanti vogliono lasciare quella scuola).

Nell’insieme delle scuole italiane, più di un quinto dei docenti cambia scuola da un anno all’altro. Il turnover non è dovuto esclusivamente alla presenza di molti docenti con incarico solo annuale (i cosiddetti precari); ad essi si aggiungono le entrate e le uscite dal sistema e soprattutto gli spostamenti da una scuola all’altra di molti insegnanti di ruolo (questi ultimi rappresentano circa un terzo del turnover complessivo). Solo una quota di coloro che desiderano spostarsi riesce a farlo subito; in media, circa un insegnante di ruolo ogni sei è in attesa di spostarsi dalla scuola ove correntemente opera.

La distribuzione geografica e per tipologia di scuole dei tre indicatori prima descritti è coerente con la percezione dei differenziali di qualità nel sistema e, per la scuola secondaria superiore, con i punteggi medi delle singole scuole nel test PISA. In particolare, l’apprendimento degli studenti risente negativamente sia del turnover degli insegnanti (e della relativa mancanza di continuità didattica), sia del mismatch (ovvero dello scarso attaccamento degli insegnanti alla scuola in cui operano); emerge invece in media un legame positivo con la preferenza manifestata dagli insegnanti per le singole scuole (che segnala come gli insegnanti sembrino in grado di identificare le scuole migliori, verso cui muoversi).

Pubblicato nel 2007 in: Giornale degli economisti e annali di economia, v. 66, 3, pp. 335-373